Renato Guttuso se li portò nel cuore per tutta la vita e ne trasse spunti per i suoi quadri. Susan Sarandon li ha cercati fortemente per riappropriarsi delle sue radici materne ragusane. Enzo Majorca imparò ad apprezzarne le sfumature nei fondali marini. Antonino Zichichi preferisce portarli con sé durante i suoi studi di fisica. I colori e i profumi della Sicilia sono talmente unici da non risparmiare nessuno dei suoi figli o nipoti che affondano le radici nella Trinacria. E non possono escludere il mondo vitivinicolo, che nella più grande isola italiana assume un’importanza culturale fortemente identitaria con il territorio.
MALVASIA E MAMERTINO – Per chi cerca la vera essenza dell’italianità, il viaggio in Sicilia rappresenta un’immersione continua nelle mille sfumature della storia e della cultura mediterranea, segnate entrambe dalla produzione agricola d’eccellenza: il vino. E per chi arriva dallo Stivale e approda sull’isola, Messina rappresenta la prima tappa di un percorso alla ricerca del gusto tipico della bevanda italiana d’eccellenza. Il vino Faro, il Mamertino e la Malvasia delle Lipari rappresentano le linee guida di una via che vedrà l’alternanza dei Monti Peloritani e dei Mari Ionio e Tirreno. Facendo leva verso le isole Eolie, si raggiunge l’isola di Lipari, culla della Malvasia, un vino introdotto nel Seicento e protagonista indiscusso del mercato vinicolo dell’Ottocento, quando veniva commercializzato in tutto il Mediterraneo. Sopravvissuta alla terribile epidemia di filossera di fine Ottocento, la Malvasia (95% di vitigno Malvasia e 5% di Corinto nero) è tornata ad allietare le tavole imbandite con il suo gusto dolce e nelle versioni” passito” e “naturale”.
Protagonista nel romanzo “La vita errante” di Guy de Maupassant, la Malvasia è un vino dolce e dorato le cui viti subiscono un appassimento su pianta con vendemmia tardiva o dopo la raccolta attraverso l’adagiamento su cannizze (stuoie realizzate con canne). Nelle isole care ai Greci, ai Normanni, agli Arabi, ai Romani, agli Spagnoli e agli Inglesi, la cultura gastronomica è strettamente legata al territorio e prodotti quali rosmarino, basilico, aglio, menta, nepitella, olive, pomodorini a pennula e i rinomati capperi di Salina accompagnano i piatti di pesce alla brace, gli spaghetti alla strombolana con i capperi o con i ricci di mare, la caponata eoliana , e il tortino di spatola.
Ritornando sulla costa è d’obbligo percorrere la strada del vino Mamertino, il cui nome da solo evoca la potenza della storia romana. Amatissimo da Plinio, il Mamertinum venne citato da Giulio Cesare nel “De Bello Gallico” ed è ottenuto con le varietà bianche dei vitigni Cataratto Comune, Cataratto Lucido, Inzolia e Grillo e con vitigni rossi di Nero d’Avola e Nocera. Messina, con il suo lungomare ricco di palazzi d’epoca rappresenta la giusta scenografia per chi vuole penetrare l’Italia del gusto. I tradizionali torroncini, le paste di mandorla ed altri dolci tipici siciliani faranno da contraltare a un percorso che parte dal castello di Valdina e prosegue attraverso Torregrotta e Milazzo, contrassegnata dal castello romanobizantino, esemplare unico dell’arte fortificatoria in Sicilia. Capo Milazzo e il suo promontorio, san Filippo della Mela e Santa Lucia della Mela si snodano lungo il percorso tirreno e offrono al viaggiatore scorci inimitabili e la tappa imperdibile al castello (di origine svevo-normanna) che ospitò Federico II e Pier delle Vigne.
Il Carnevale, con la rappresentazione de “I Misi ill’Annu” è il punto forte di Rodi Milici, che ospita anche una necropoli preistorica. Furnari, con il suo caratteristico Portorosa, anticipa infine la tappa di Tripi, uno dei più antichi e suggestivi borghi dell’area nebroidea, e sede di un antichissimo castello e della necropoli di Abacena, le cui origini risalgono intorno al 1.100 a.C.. Patti e i Laghetti di Marinello completano il percorso che conduce a Capo Tindari e al suo teatro del IV secolo a.C., e contrassegnato dalla produzione del Mamertino. Lungo il percorso del vino Mamertino è facile acquistare ottima farina di grando duro e assaggiare le vastiduzze, dolcetti realizzati con uva passa e mandorle e i deliziosi spicchiteddi, a base di vino cotto, chiodi di garofano e cannella. Ricotta calda, le provole, la “tuma” e il pecorino, oltre a dolci tipici come le cuddure, biscotti di morbida pastafrolla in varie forme, frutta martorana, cannoli a Messina, salame S. Angelo, pescestocco, (cucinato con cipolla, sedano, olive verdi salate, capperi, salsa di pomodoro, patate, il tutto irrorato con abbondante olio extravergine di oliva), la “storica pignolata”, i cannoli di ricotta e le granite di caffè o fragola, con panna, o di limone rappresentano quanto di meglio l’area Peloritana possa offrire a chi voglia conoscere una Sicilia lontana dagli altisonanti volantini pubblicitari. Un’area contrassegnata anche dal Limone Interdonato, ibrido naturale tra un clone di cedro e un clone di limone: l’agrume ha ottenuto il riconoscimento Igp e riunisce le pregevoli qualità del cedro e del limone.
LA SIKANIA – Non solo costa e mare. La Sicilia dei sapori e dei profumi è anche appannaggio dell’entroterra e conduce verso luoghi altrimenti sconosciuti al turismo di massa. La provincia di Caltanisetta, con la Piana di Riesim custodisce i vini Nero d’Avola più caratteristici dell’isola e una tradizione artigianale e culinaria locale strenuamente difesi dalla contaminazione delle tecniche moderne. La strada che attraversa Caltanisetta trae origine dall’antica Sikania, abitata da una popolazione indigena che si stabilì tra il fiume Gela a est e il Salso-Imera a ovest.
Il Museo archeologico di Caltanissetta conserva numerosi reperti di grande interesse, provenienti dai vicini siti indigeni di Sabucina, Capodarso, Gibil Gabib e Vassallaggi e da altri importanti siti quali Polizzello, Bubbonia e Dessueri. Gela rappresenta invece una tra le più importanti poleis greche di Sicilia mentre il castello di Falconara e la torre di Manfria sono testimoni muti dell’epoca normanna. Un territorio a grande vocazione agricola, quello della Sikania, con coltivazioni intensive vitivinicole, olivicole e ortofrutticole, nel quale il vitigno Calabrese o Calabrese d’Avola rappresenta il punto fermo della produzione territoriale. I vini ottenuti da Nero d’Avola trovano la loro punta di diamante nella “doc Riesi” e nel “Riesi rosso superiore”. Il percorso dei Castelli Nisseni include una tappa a Butera, cittadina posta su uno sperone roccioso a 400 metri sul livello del mare, la visita di Piazza Armerina (con la Villa Romana Imperiale del Casale e l’Antiquarium di Aidone) e della zona archeologica di Morgantina. Mazzarino, antico Borgo Feudale, fu centro politico e culturale e si offre con il castello detto “U Cannuni” mentre Caltagirone invita alla visita del Museo della Ceramica.
MAZARA DEL VALLO – Il viaggio siciliano prosegue puntando verso l’estremità sudoccidentale della Trinacria. Nei territori raccolti intorno a Mazara del Vallo, Petrosino, Salemi e Campobello di Mazara la vocazione vitivinicola si estrinseca con la coltivazione di vitigni autoctoni come il Grillo, l’Inzolia, il Damaschino e il Grecanico (bianchi) e il Nero d’Avola, il Pignatello o Perticone (rossi) e da vitigni importati come il Chardonnay, il Muller Thurgau, il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Sangiovese. Il prodotto più rinomato della produzione locale si identifica con il Delia Nivolelli Doc, un vino dalle caratteristiche uniche e in grado di competere sui mercati nazionali ed internazionali. Fertile e pianeggiante, luogo di incontro e di confronto di culture e di religioni, ricca di tracce lasciate dai Fenici, Greci, Arabi e Normanni e di testimonianze architettoniche, l’area di Mazara del Vallo rispecchia la sua identità proprio nella coltivazione della terra per la produzione di vini e oli dai sapori unici.
La visita della città di Mazara del Vallo (contrassegnata dall’imponente Cattedrale sorta nel XI secolo per volontà del Gran Conte Ruggero sull’antica moschea) non può che essere all’insegna di un itinerario archeologico che si snoda dal centro storico (da vedere l’abitato fenicio in atto sotto il Palazzo dei Cavalieri di Malta, le ville romane poste sulla foce del fiume Mazaro) per continuare nelle colline sovrastanti, costellate da Masse di epoca romana e araba (massa di Pedone, la Villa Mirabile, Casale Bizir e casale Husajn, massa di Bukajr) e terminare temporaneamente nel casale di Mokarta. Arrivati a Salemi (grande centro di produzione di olive sia da olio che da mensa, fin da epoca romana) va assaporata l’atmosfera del borgo medievale arroccato su un costone. A Campobello di Mazara, è possibile visitare le cave selinuntine dette di Cusa, il luogo dove, con ingegnose tecniche, i Selinuntini estraevano gli enormi blocchi di pietra, ancora oggi visibili, per la costruzione del più grande tempio dorico del mondo: il tempio G di Selinunte. La città di Petrosino si caratterizza per la presenza di numerosi torri e bagli.
Arancini (con ripieno di ragù di carne e piselli o di prosciutto e formaggio), cuscus, pane nero, caponata di melanzane, il falsomagro (grosso rotolo di carne con ripieno di prosciutto, formaggio e uova) involtini di carne (ripieni di pangrattato, uva passa, pinoli, formaggio e aromatizzati con alloro e cipolla), le sarde a beccafico (con pangrattato, limone e pinoli), gambero rosso, pesce spada, busiate, pignoccate, gelo di melone ( gelatina di anguria), cassatedde di ricotta, granite di gelsomino sono i piatti che quest’angolo di Sicilia occidentale offre al palato di viaggiatori alla scoperta dei sapori isolani e lo prepara alla successiva tappa di Marsala.
MARSALA – Antiche vestigia, monumenti e opere d’arte, e un paesaggio modellato dall’uomo sugli intrecci di culture fenicie, puniche, greche, romane, arabe, longobarde, aragonesi e angioine. In questa babele è nata e cresciuta l’area di Marsala, nei cui vicoli è ancora oggi possibile assaggiare piatti e ricette antichissime, retaggio di una storia millenaria tramandata di generazione in generazione. Poche righe servono per descrivere il prodotto tipico della zona: il vino Marsala si identifica totalmente nell’omonima città e rappresenta uno dei miti dell’enologia italiana. Vino liquoroso, il Marsala Doc viene prodotto nell’intera provincia di Trapani e originariamente veniva invecchiato con il metodo tradizionale denominato “in perpetuum”, ovvero rabboccando le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l’anno con il vino di nuova produzione, in maniera da conservarne le caratteristiche. (Ri)scoperto dall’imprenditore Woodhouse per il suo rapporto qualità-prezzo, il Marsala (nelle due versioni “vergine” e “conciato”) nell’Ottocento fece la fortuna dell’estrema punta occidentale dell’isola siciliana. Commercianti e produttori inglesi si alternarono nei porti di Marsala e Trapani fino a quando nel 1833 l’imprenditore siciliano Vincenzo Florio decise di fare loro concorrenza fondando le Cantine Florio, destinate a diventare un caposaldo della storia imprenditoriale italiana.
MONREALE – Monreale, Camporeale, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Santa Cristina Gela, Corleone e Roccamena, rappresentano le ultime tappe dell’itinerario di scoperta della vite e della vinificazione siciliana. Lasciata Trapani e puntando verso nord-est si penetra in un territorio caratterizzato dallo splendore architettonico della Cattedrale di Monreale, il massimo esempio di architettura Normanna in Sicilia. Gli scavi archeologici sul monte Jato (insediamenti datati agli inizi del primo millennio a.C.) e il patrimonio etnico e culturale rappresentato da Piana degli Albanesi fanno da sfondo a una produzione vinicola enfatizzata dal Monreale Doc. Questo prodotto viene coltivato in un’area di 12mila ettari che accoglie 12 vitigni e si presenta nella versione bianco, rosso e rosato. Non è l’unica delizia di una produzione enogastronomica di altissimo livello. Lo sfincione (pane di Monreale) la pasta con le ricette tradizionali del territorio, l’olio extravergine d’oliva Dop, le susine bianche, e i cannoli di ricotta rappresentano un unicum che fa di Monreale e del territorio circostante una vera nicchia del”made in Italy” enogastronomico. Cui fa da contraltare il percorso che da Cefalù porta a Vallelunga Pratameno, attraversando Campofelice di Roccella, Cerda, Sclafani Bagni, Caltavuturo e Valledolmo.
Il territorio attraversato è caratterizzato dall’area archeologica di Imera, dal Bosco di Granza e della Favara, dal Parco delle Madonie nei pressi di Sclafani Bagni, e offre al palato dei viaggiatori lo splendido Doc della Contea di Sclafani. L’ultimo ottimo bicchiere di una produzione vitivinicola dalle mille sfumature di sapori, prima di tornare a casa con il ricordo di una terra superlativa. In tutti i sensi.