Duplice intervista per i lettori de L’Italo Americano con due scrittori d’eccezione che raccontano la Napoli di oggi e di ieri.
Letizia Vicidomini, speaker radiofonica e scrittrice di Nocera Inferiore, presto ci delizierà con il romanzo presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino, “La poltrona di seta rossa”, una saga familiare lunga un secolo, ambientata tra Napoli e Sorrento. E lo stesso farà Maurizio De Giovanni, inventore di due serie di romanzi gialli: “Il Commissario Ricciardi”, attivo nella Napoli degli anni ’30; e “I Bastardi di Pizzofalcone” ambientato nella Napoli contemporanea, protagonista l’ispettore Lojacono.
De Giovanni in soli 9 anni ha pubblicato ben 13 libri di cui 9 romanzi. La fama ha varcato i confini nazionali. I romanzi sono stati tradotti in lingua russa, francese, inglese, danese, tedesca, spagnola e catalana, e sono giunti perfino negli Usa. De Giovanni è anche autore di racconti a tema calcistico e di opere teatrali.
Vicidomini invece, è stata tenuta a battesimo, fin dal suo precedente romanzo “I segreti di Lazzaro”, da De Giovanni che a proposito de “La poltrona di seta rossa” e della sua autrice ha detto: “Una scrittrice pura, una saga familiare, velata di magia”.
Quando incontra principalmente i suoi personaggi, e cosa le raccontano?
Vicidomini: I miei personaggi fanno strettamente parte della mia vita quotidiana, si mescolano alla gente che incontro per strada, in autobus, in ascensore e mi raccontano le loro vicende, le emozioni, le sensazioni. Lazzaro si è seduto accanto a me in auto, all’arrivo in Puglia per una vacanza, e mi ha sussurrato la sua storia.
De Giovanni: I miei personaggi sono costantemente con me, e anzi a volte vorrei che tacessero perché quello che mi raccontano è spesso in contrasto con la mia vita e pure fra loro. Una strana, bella, forma di sdoppiamento della personalità, insomma. In questo periodo sono in piena estate del 1932, e mi diverto moltissimo.
Per scrivere una storia spesso si attinge ai fatti di attualità. La recente scoperta di una 36enne, disabile, reclusa in un appartamento in pessime condizioni per 8 anni dalla madre, come si spiega? Come può “toccare”, interessare, essere interpretata da uno scrittore?
Vicidomini: L’amore può degenerare e diventare possesso, esclusione dal mondo, iperprotezione. Spesso chi passa accanto a certe situazioni non le vede per pura superficialità, salvo poi rabbrividire quando c’è un epilogo cruento. Dovremmo tutti essere più attenti a chi ci vive intorno, ascoltare un po’ di più il cuore.
De Giovanni: Sotto la bandiera del senso della privacy in realtà ce ne freghiamo. Non ci interessiamo di quello che ci succede attorno e poi ci meravigliamo dei delitti della porta accanto, e la zona popolare o meno non differenzia questo orribile atteggiamento. È una malattia del nostro tempo, dalla quale non riusciamo a guarire. Anzi, peggioriamo.
Napoli ha un po’ perso quello che veniva definito prima la vergogna, in napoletano: “o scuorn”?
Vicidomini: Non solo a Napoli il senso del pudore, la riservatezza, l’etica, sono diventati merce preziosa. Chi ne ha, la salvaguardi.
De Giovanni: Siamo disinteressati. Ci sentiamo individui, e non percepiamo gli altri attorno a noi come concittadini ma come avversari. Ripeto, fondamentale è il ritrovamento di una coscienza civica e di un’identità cittadina, raggiungibile solo attraverso la comune cultura.
Cos’è l’amore?
Vicidomini: Il senso della vita, semplicemente.
De Giovanni: Una passione indomabile, che porta tutti i colori del mondo nella vita delle persone. Anche il nero.
Qualcosa di delicato, di ossidabile e fragile, che può crescere con violenza, contaminandosi con gelosia, invidia, ossessione. Qualcosa che può rendere la vita veramente degna di essere vissuta, o rovinarla per sempre.
L’uso dei social network, è pericoloso o sono le persone che ne fanno un uso sbagliato?
Vicedomini: I social network mi hanno aiutata, e mi aiutano, nella vita professionale e sociale, quindi ne sono una convinta sostenitrice. Ovviamente occorre farne un uso consapevole e sereno, proteggendo la propria sfera più intima.
La difesa comincia dal virtuale per poi protrarsi nella vita reale, e quando è necessario occorre farlo con le unghie e con i denti.
De Giovanni: I social network non sono altro che uno strumento, e la dannosità dipende dall’uso che se ne vuol fare. Se li si usa come modalità moderna di comunicazione non potranno mai arrecare danno a nessuno: con un coltello puoi affettare il pane o ammazzare le persone, sarà colpa della mano e non certo della lama, che in sé è innocente. Lo stalking è un grave problema, incrementato non solo dai social, ma da tutte le forme di comunicazione; è importante sapere che esistono delle leggi con le quali ci si può difendere, e farne uso.
Parlando in termini culinari quale è la ricetta di una buona scrittura?
Vicidomini: Abbondante pasta, cioè lo zoccolo duro della storia, lo scenario in cui si muovono i personaggi, condita dal sugo rosso della passione e dei sentimenti. Una spolverata di formaggio stagionato, come solido dev’essere il senso della famiglia e, per legare il tutto, un pizzico di peperoncino che rappresenta l’imprevisto, il peccato.
Servire e mangiare caldissimo.
De Giovanni: Leggere, prima di tutto. Leggere tanto e il meglio possibile, per acquisire e mantenere l’orecchio necessario. Poi avere una storia, una buona storia da raccontare: scrivere è uno strumento, non deve diventare una finalità. Infine, i personaggi: che siano reali, veri, ma che abbiano una personalità specifica, personale, originale.
Come le persone vere, insomma.