Photo: Pop Nukoonrat | Dreamstime.com

Science has no boundaries. International collaborations are a sine qua non of the work of researchers and their training. And the more does that work rely on the “solitude” of those labs where connections and relationships with the rest of the world develop, the stronger it gets.

It’s nice to hear how an Italian team – formed in the US, but that has now settled in Italy – didn’t only take part into the American “Genome Project,” but also offered an essential contribution to this important page of the history of Biology. Yes, Biology: with a capital “B.” Because finally revealing the secrets of our genetic patrimony, learning to read the sequence of life’s alphabet enables Humankind to make a step unimaginable only a handful of years ago. A step that tells us about the extraordinary level of competence, training, and professionalism of Italian universities, which we, too often, forget to list among the many excellences of our Made in Italy. Design, fashion, craftsmanship, luxury products are all traditionally and commonly associated with the Belpaese, just like good food, the arts, Beauty and music. But the industrial sector, technology and scientific research should gain the front page more often, too.

Because from North to South, Italian universities often reach impressive levels, especially when considering they receive half the financial support of academic institutions in other countries. They have to make do without the many talents who chose to study and work abroad. Yet, they manage to develop skills that you won’t find anywhere else, if we trust the prestigious American universities that rely on Italian scientists, because they specialize, just like those at the Università di Bari, in a research field, which is as difficult as it is rare.  Rare like the ability to read the segments of our genome, to decode our chromosomes piece after piece.

Even more importantly,  such sought-after, state-of-the-art skills and research are far from being an isolated example. Quite the opposite! We only need to remember how, less than 48 hours after the first two cases of Covid-19 were recorded in Italy, virologists at the National Institute of Infectious Diseases at Rome’s Spallanzani hospital had already managed to isolate the virus that caused it.

But the list of Italy’s great discoveries, scientific results and technology – nurtured, built, observed, revealed and finely tuned in our laboratories  – is so extensive it’s really quite incredible that the association between our country and research is not more immediate. We’d only need to mention, just to take another example, that Europe chose an Italian astronaut, Samantha Cristoforetti, to join the crew of the ISS; and that many of the components helping the International Space Station to travel around the Earth at 400 km of altitude have been designed and produced in Italy.

An Italian scientist we all know, Galileo Galilei, conceived the scientific method and, for this reason, is considered the father of modern science. In 1610, Galileo – who came from Pisa – had the first telescope built and, thanks to it, he discovered that the surface of the Moon is the same as the Earth’s; he found out that the number of stars was endless; he saw the Moon’s mounts, Saturn’s rings, Jupiter’s satellites, the Sun’s spots; he observed the phases of Mercury and Venus; he understood the magnitude of the Milky Way. If you keep all this in mind, then it’s not surprising to find out that many of the parts making up the Perseverance Rover – the very same which is moving around and taking pictures on Mars – are Italian. In fact, the  ExoMars 2022 mission owes about 40% of what it is to Italy:  the most conspicuous contribution among all European countries, both from the point of view of technology and know-how. It must mean something.

Even the picture, taken by the Event Horizon Telescope, of the black hole at the very heart of our galaxy that appeared in recent times on the front pages of all papers in the world, is the result of an international collaboration between more than 300 researchers and 80 institutes, where Italy is also protagonist. Just another demonstration of the value of our scientific research sector.

We should learn to give it more importance, and consider it a badge of honor and prestige. We should trust the potential of all the talented researchers who work in our universities, an intangible wealth that produces very concrete results. We should mention them, we should show off more often the scientific professionalism and ingenuity that have been making Italy great, both nationally and internationally. We should see science as a strength of our country. A strength we can trust.

La scienza non ha confini. Le collaborazioni internazionali sono una costante del lavoro di ricerca e anche la formazione degli studiosi più prescinde dalla “solitudine” del laboratorio intessendo legami e relazioni con il resto del mondo, e più “decolla”.

Fa tuttavia piacere sapere che un team italiano, che in parte si è formato negli Usa ma che oggi ha salde radici nella penisola, sia riuscito non solo a partecipare al progetto Genoma a guida statunitense ma abbia contribuito in maniera determinante a scrivere un pezzo della storia della Biologia. Sì esatto, lettera maiuscola. Perché svelare i segreti del nostro patrimonio genetico, saper leggere la sequenza dell’alfabeto della vita consente di fare quell’incredibile passo in avanti che solo fino a pochi anni fa era inimmaginabile. Racconta il livello straordinario di competenza, preparazione, professionalità delle università italiane che troppo spesso non vengono elencate tra le eccellenze del made in Italy. Il design, la moda, l’artigianalità, i prodotti del lusso sono normalmente associati al Belpaese come il buon cibo, l’arte, la bellezza e la musica. Ma anche l’industria, l’hi-tech e la ricerca scientifica dovrebbero meritare gli onori della cronaca con maggiore frequenza.

Perché da Nord a Sud, le accademie italiane sanno raggiungere livelli spesso impressionanti se è vero che hanno a disposizione la metà della metà dei finanziamenti di cui dispongono le altre nazioni e fanno a meno di moltissimi talenti che per lavorare hanno scelto una residenza estera. Eppure sviluppano competenze che altrove mancano se è vero che prestigiose università americane si affidano a scienziati italiani perché questi hanno saputo, come quelli che insegnano all’Università di Bari, specializzarsi in un campo di ricerca elitario come è rara la capacità di leggere le duplicazioni segmentali del genoma umano, di decodificare i nostri cromosomi pezzetto per pezzetto.

La cosa comunque che conforta maggiormente è che queste abilità ricercatissime e d’avanguardia, che spesso non ci fanno essere secondi a nessuno, non sono assolutamente casi rari e isolati. Anzi!
Basterebbe ricordare che i virologi dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma, a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia, sono riusciti ad isolare il virus responsabile dell’infezione da Sars-Covid-2.

Ma l’elenco delle grandi scoperte o dei grandi traguardi della scienza e della tecnologia coltivata, costruita, osservata, svelata, messa a punto nei nostri laboratori è talmente lungo che non si capisce perché non si faccia un’associazione mentale immediata fra ricerca e Italia. Eppure, basterebbe pensare, facendo un altro esempio, che per la Stazione Spaziale Internazionale l’Europa ha scelto per la seconda volta le competenze di un’astronauta italiana, Samantha Cristoforetti, che molte componenti che permettono alla Iss di orbitare ogni 90 minuti intorno alla Terra a 400 chilometri di altezza sono state pensate, progettate e costruite in Italia.

Se per aver ideato il metodo scientifico, si considera padre della scienza moderna il pisano Galileo Galilei che nel 1610 fece costruire il primo telescopio, grazie al quale scoprì che la superficie della Luna è uguale a quella della Terra, che il numero delle stelle era infinito e che vide la montuosità della Luna, gli anelli di Saturno, i satelliti di Giove, le macchie solari, le fasi di Mercurio e di Venere e osservò la Via Lattea, non dovrebbe sorprendere che molte componenti della sonda Rover Perseverance della Nasa, che cammina e scatta foto su Marte, sono italiane. Detto altrimenti, se la missione ExoMars 2022 deve il suo 40% all’Italia, che ha la premiership industriale e fornisce il contributo tecnologico e di know-how più importante in Europa, vorrà ben dire qualcosa.

Anche la fotografia scattata dall’Event Horizon Telescope del buco nero che campeggia al centro della nostra galassia, rimbalzata in questi giorni sui giornali di tutto il mondo e frutto del lavoro di più di 300 ricercatori di 80 istituti di vari Paesi, parla un po’ italiano. A ennesima dimostrazione del valore della scienza tricolore.

Dovremmo imparare a valutarla di più, a considerarla una nostra patente di autorevolezza, avere fiducia nelle potenzialità dei talentuosi ricercatori che popolano le nostre università e che sono una ricchezza intangibile ma dai risultati estremamente concreti. Dovremmo citare, vantare più spesso le professionalità e i cervelli che fanno grande l’Italia dentro e fuori i nostri confini grazie alla scienza. Sentirla come una forza italiana su cui contare con fiducia.


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