“Già a qualche chilometro dalle terme di Saturnia l’atmosfera cambia.
Il viaggiatore che dovesse passare su quella strada ignorando la presenza di una sorgente termale rimarrebbe come minimo sconcertato.
A un tratto la discesa e le curve finiscono, il bosco di querce scompare, la strada si fa piana e si aprono a perdita d’occhio i campi verdi, verdi come il verde d’Irlanda con tutte le sue sfumature e variazioni, forse sono quel benefico calore, l’acqua e il miscuglio di elementi chimici che viene dalla profondità della terra a rendere così rigogliosa l’erba. Ma se al viaggiatore distratto non bastasse tutto ciò per rimanere sorpreso, le nebbie che salgono dai canali d’irrigazione paralleli alla strada dovrebbero certamente risvegliargli la curiosità.
Ogni tanto questi gas si sollevano dai canali formando banchi sfilacciati alti appena mezzo metro che attraversano la carreggiata e invadono come un mare di panna i campi rendendoli simili a nuvole viste dall’alto. Nel bianco spunta un albero da frutto, un recinto, mezza pecora. Sembra quasi che qualcuno sia passato con una di quelle macchine che fanno la nebbia sui set cinematografici”.
Questa descrizione di Niccolò Ammaniti, nel suo romanzo “Ti prendo e ti porto via”, è una perfetta introduzione al paesaggio magico dell’entroterra collinare Maremmano-grossetano custode delle celebri acque termali.
La principale attrativa della zona sono le cascate del Mulino e del Gorello con le loro “piscine naturali”, vere e proprie Jacuzzi a cielo aperto, completamente gratuite, accessibili giorno e notte. La sorgente termale nasce da un cratere vulcanico (sotto quello che oggi è Il Terme di Saturnia spa & Golf Resort) e scorre successivamente lungo un ruscello naturale (detto il Gorello) per circa 500 metri, dove un dislivello crea una cascata che lambisce un antico mulino e forma a sua volta una serie di vasche naturali scavate nella roccia su più livelli.
Secondo la leggenda si sarebbero formate nel punto in cui cadde sulla Terra un fulmine che Giove scagliò contro Saturno a seguito di un violento litigio scoppiato tra le due divinità.
Già note ai tempi degli Etruschi i quali avevano individuato nella sorgente virtù “miracolose”, a partire dal 280 a.C., furono i Romani i primi a creare veri e propri edifici per lo sfruttamento terapeutico della sorgente. I nobili romani usavano sostarvi durante i loro viaggi da o verso Roma.
La città di Saturnia si trovava, infatti, sul tracciato della Via Clodia, un’importante arteria commerciale dell’Impero. Alcuni resti permangono ancor oggi presso la Porta Romana situata all’ingresso del paese. Nel Medioevo, la città conobbe uno stato di abbandono. Strane ed inquietanti leggende circolavano sulle acque dai vapori sulfurei che salivano dal sottosuolo, tanto che qualcuno la indicò anche come la porta degli inferi.
Da oltre duemila anni le acque di Saturnia sgorgano alla temperatura di 37°C con una cadenza di oltre 800 litri al secondo.
Agli inizi del Novecento, l’area termale accrebbe la sua importanza in seguito alle analisi chimiche effettuate da alcune Università italiane che confermarono le proprietà curative delle sue acque. La composizione chimica dell’acqua saturnina sarebbe in particolar modo benefica per la pelle, per l’apparato respiratorio e muscolo-scheletrico. L’unico “prezzo da pagare” è l’odore di zolfo che abbandona il corpo soltanto dopo qualche doccia. Le cascatelle sono accessibili in automobile (il parcheggio è gratuito) e si trovano ad appena 2 Km dal borgo di Saturnia. Sono consigliate scarpe di gomma in quanto il fondo delle piscine naturali è scivoloso.
L’accappatoio, specialmente per chi vuole farsi il bagno d’inverno, è necessario per evitare di prendere freddo tra l’uscita dai vapori e l’entrata in automobile.
Di notte, un bagno sotto le stelle è un’esperienza indimenticabile e fortemente consigliata ma è importante avere con se una torcia soprattutto quando la luna non c’è. Sono da evitare inoltre gioielli d’argento o metallo poiché a contatto con l’acqua sulfurea si anneriscono notevolmente.
Una visita a Saturnia non è completa senza una sosta in uno dei ristoranti del borgo dove poter assaggiare le specialità locali come i pici all’aglione (grossi spaghetti fatti a mano con solo acqua e farina e serviti con un’infinità di combinazioni), la minestra di verdura del posto chiamata “acquacotta”, o ancora i secondi piatti a base di cinghiale debitamente accompagnati da un bicchiere del vino più famoso della provincia di Grosseto: il Morellino di Scansano. Dopotutto, per riprendersi dal relax termale, che cosa c’è di meglio di una abbondante mangiata in trattoria?