Santa Brigida, comune lombardo di 635 abitanti in provincia di Bergamo. 

  Santa Brigida innevata

  Santa Brigida innevata

Situato sulla destra della Val Averara, laterale dell’alta Val Brembana, dista 48 chilometri dal capoluogo. I primi documenti che attestano l’esistenza del borgo risalgono all’anno 917 ma è usanza comune credere che i primi insediamenti siano riconducibili alle invasioni barbariche, quando le popolazioni soggette alle scorrerie si rifugiarono in luoghi remoti. Dall’epoca medievale il borgo, che prese il nome dalla monaca benedettina patrona d’Irlanda, acquisì una certa importanza nell’ambito della fabbricazione di chiodi, ricavati dal ferro estratto nelle vicine miniere, e nella produzione del carbone di legna. Le attività ebbero un fiorente periodo durante la dominazione veneta.

Questo fino all’arrivo della Repubblica Cisalpina e, in seguito, la dominazione austriaca, che riassettarono il territorio, inglobando tutte le piccole realtà comunali in un’unica entità denominata Distretto delle sorgenti del Brembo con capoluogo a Piazza, e revocarono i privilegi e gli sgravi di cui il paese godeva. A tutto questo si aggiunse la crisi della lavorazione del ferro, a causa di forti dazi imposti dal governo asburgico. La crisi fu irreversibile, fino all’abbandono quasi totale del settore nell’intera zona. Solo recentemente l’economia si è risollevata grazie all’industria del turismo. Di particolare importanza è il Santuario della Beata Vergine Addolorata. Risalente al XI-XII secolo e ristrutturato due secoli più tardi, fu consacrato da San Carlo Borromeo nel 1566, e per molti anni fu il luogo religioso di riferimento del paese e di quelli limitrofi, ricoprendo il ruolo di chiesa parrocchiale fino alla costruzione della nuova chiesa. 

  Cattedrale di San Cesareo con il suo splendido campanile

  Cattedrale di San Cesareo con il suo splendido campanile

Situata nell’agro pontino, in prossimità della foce del fiume Amaseno, sulla costa tirrenica (golfo di Gaeta), si sviluppa da una propaggine del Monte Sant’Angelo (Monti Ausoni), dove sorge il centro storico, fino al lungomare Circe. La rupe di Pisco Montano segna il confine meridionale del centro abitato. La città fu probabilmente un centro ausonio, sorto su due modeste alture sotto il monte Sant’Angelo: su quella più elevata (colle di San Francesco) ebbe sede l’acropoli. La città ebbe il nome di Tarracina, di presumibile origine pre-indoeuropea e secondo alcuni collegato al vocabolo etrusco, Tarchna dal quale deriva il nome dei re di Roma Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo.

Secondo una leggenda  riportata da Dionigi di Alicarnasso, sarebbe stata fondata da profughi di Sparta. Nei racconti mitologici fu identificata con il paese dei Lestrigoni o con la sede della maga Circe (Odissea). L’Acropoli fu il luogo da cui, come racconta Omero, Ulisse salì per guardarsi intorno, osservando il contorno dell’isola Eea (attuale promontorio del Circeo). L’ipotesi più illustre identifica in Terracina la città di Lamo, un florido centro abitato dai Lestrigoni, nel cui porto sarebbe approdato Ulisse. Nel 1848 a Roma su un muro di un portico all’interno di una domus di via Graziosa sull’Esquilino furono rinvenuti una serie di affreschi con paesaggi dell’Odissea. 

La rappresentazione è minuziosa, col nome di ciascun personaggio scritto vicino in greco e un accurato filologismo che lascia supporre la presenza di modelli ben precisi. Gli affreschi presentano aspetti che richiamano fortemente una Terracina di 2000 anni fa, a cominciare dalla forma rocciosa che richiama il Pisco Montano. 

Ucria è un comune siciliano di 1.113 abitanti della provincia di Messina.

  Vista panoramica di Ucria

  Vista panoramica di Ucria

Abbarbicato sui monti Nebrodi, avrebbe un’origine greca, anche se il nome deriverebbe dall’arabo Keria che significa “il villaggio”. Le tracce di due torri saracene, una in periferia che doveva fungere da avvistamento e una nella zona nord del paese, sono indice di come il borgo già esistesse al tempo degli Arabi, ma soprattutto di come rappresentasse un luogo strategico per chi dal mare voleva spingersi verso l’interno. Dalle torri si sviluppavano una serie di cunicoli e gallerie che si diramavano per tutta la superficie del paese.

Intorno all’anno 1000 Ucria era dominata da un Castello che passò da un proprietario all’altro secondo le assegnazioni delle varie denominazioni: Normanni, Sveve, Angioine e Aragonesi. In epoca Normanna, Ucria fu feudo di Abbo Barresi e nonostante il sistema feudatario sia stato ufficialmente abolito nel XX sec., nel paese si protrarrà fino al secondo conflitto mondiale. Ucria è nota per essere la “Città dei Musei” Ne possiede cinque. Sono sorti per iniziativa del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo che ha voluto eleggere questo territorio quale vero e proprio “mosaico all’aperto”.

Tra questi c’è un museo che contiene testimonianze della tradizione popolare con i quali s’intende comunicare non solo messaggi che si legano al valore d’uso, ma soprattutto che ne sottolineano il significato simbolico. Molti di questi oggetti sono legati al mondo femminile come ad esempio: splendidi ricami, tappeti tessuti a mano, elementi del corredo della sposa fino ad oggetti in terracotta e ceramica. Poi c’è il museo della cartapesta. Contiene circa 500 maschere in cartapesta opera dell’artista romano Gianpistone, che ha realizzato la riproduzione delle più importanti maschere africane e asiatiche, ma anche di carnevale. 


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