Bassorilievo di san Martino a Venezia (Ph. Luca Ferrari)

Schiamazzi fanciulleschi mescolati al frastuono di pentoloni e campanacci irrompono nei negozi di Venezia, chiedendo qualcosa in dono (caramelle, soldi, cibo) e prodigandosi come ricompensa in esibizioni canore in dialetto veneziano.  Nell’antica Repubblica Marinara l’11 novembre è un momento speciale. È il giorno della festa di San Martino.   Martino (316-397 d.C.), figlio di un ufficiale romano, nacque in Pannonia, l’odierna Ungheria. Avvicinatosi al messaggio di Dio di nascosto nelle assemblee dei Cristiani, le cronache lo tramandano come uomo di straordinaria umiltà e carità, valori di cui l’attuale pontefice Francesco (Jorge Mario Bergoglio) si è fatto deciso portavoce. Si racconta addirittura che Martino trattasse il suo attendente militare alla pari di un fratello, tanto da tenergli puliti i suoi calzari.    

Visse i primi anni di vita a Pavia fino a quando non entrò nell’esercito. Assegnato alla guardia imperiale, fece parte dei Clibanarii (o Gentili) il cui equipaggiamento era provvisto anche di un grande mantello bianco formato da due pezzi di stoffa con la parte superiore rivestita in pelle di pecora. La leggenda che lo consacrò accadde durante un gelido e piovoso 11 novembre. Martino stava cavalcando.   Alla vista di un povero vecchio coperto solamente di pochi stracci, si fermò, tagliò il suo mantello e ne diede una parte all’anziano. Poco dopo aver compiuto il gesto, il clima cambiò in modo repentino e la fredda tempesta lasciò spazio a un caldo sole molto poco autunnale (da qui la terminologia l’estate di San Martino). La storia si concluse con un sogno. Nella notte Martino vide Gesù con il suo mantello in mano che lo ringraziava per ciò che aveva fatto.  Il dolce di San Martino: pasta frolla, glassa e praline (Ph. Luca Ferrari) 

A Venezia, già parecchi giorni prima della festa, panifici e pasticcerie mostrano in bella vista il gustosissimo dolce di San Martino, risultato di un mix di pasta frolla, glassa di zucchero e praline, il tutto a forma del santo a cavallo con spada e mantello. Spesso vi si aggiungono sopra cioccolatini, caramelle e gelatine, a seconda del gusto del pasticciere; la stessa pasta frolla può essere ricoperta da uno strato di cioccolato.    A fianco di questo dolce, è anche tradizione la marmellata e cialde di mela cotogna. Seppur molto apprezzata, la festa di San Martino non è esente dagli effetti della globalizzazione culturale, incarnata nel caso specifico dalla vicina Halloween.    

“Per i bambini Martino è un ottimo modello che insegna come un cavaliere possa essere anche una persona di carità” spiega l’insegnante elementare Marta Bertato.   Salendo nel nord Europa, in Svezia e in Danimarca è tradizione che nel giorno di San Martino si mangi l’oca.  Questo deriva dal fatto che Martino, volendo rifiutare l’investitura di vescovo da parte del Papa, si nascose in un convento pieno di oche. Gli uccelli però fecero un tale fracasso che venne scoperto. Così per punizione, ogni anno si arrostisce un’oca. In Germania invece e in altri paesi la festa assomiglia molto a quella della già citata Halloween. I bambini si vestono in maschera e la sera del 10 novembre fanno un corteo portando in mano dei lumini accesi, andando di casa in casa, cantando una canzone e facendosi regalare dolcetti e soldini.   Tornando tra calli e campielli, per vivere in pieno la storia di Martino è doverosa una visita nell’omonima chiesa, situata nel più defilato sestiere di Castello, quasi a sposare il profondo senso dell’umiltà del santo. E lì fuori, sopra l’ingresso dell’oratorio, un bassorilievo del XV secolo raffigurante la celeberrima scena di San Martino nell’atto di donare il mantello al povero vecchio.  

“S. Martin xe ‘ndà in sofita/ a trovar ea nonna Rita/ nona Rita no ghe gera/ S.Martin col cùeo par tera… E col nostro sachetìn/, cari signori xe S. Martin”. 

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