Il 22 novembre Salvatore Giuliano compirebbe 90 anni. E il condizionale, tra tanti misteri (anche negli Usa), è d’obbligo
“Sdraiato su un fianco, la faccia a mangiare la polvere, un ginocchio ripiegato e il braccio destro steso parallelo al corpo, l’uomo aveva infilato al medio della mano destra un brillante enorme. Indossava una maglietta senza maniche, un paio di pantaloni di tela, calzini e sandali. Aveva le mani pulite, curate, i capelli erano in disordine, come se si fosse appena alzato dal letto, e sulle guance una barba di due giorni.
Sul fianco destro, pendeva una fondina di pistola, aperta; l’arma che quella fondina aveva contenuto, stava ad alcuni centimetri dalla faccia dell’uomo, bagnata da un rivolo di sangue, in parte assorbito dal-la polvere, mentre accanto alla mano destra stava un mitragliatore Beretta. La maglietta, in origine bianca, sembrava adesso di un’uniforme separatista, mezza chiara e mezza scura, poiché una enorme chiazza di sangue ne aveva macchiato una parte in rosso scarlatto”.
Questo il racconto di una delle scene più celebri della Storia italiana del dopoguerra, magicamente fermata nel tempo dai celebri scatti dei fotografi accorsi da tutta Italia. Questa immagine di morte oggi sintetizza, e all’epoca battezzò, l’allora nascente democrazia italiana. Ma proprio mentre quel cadavere giaceva a terra, ancora tiepido, fu subito chiaro che quello scenario cruento era un falso. Una costruzione.
Il 22 novembre 2012 l’uomo riverso in quel cortile, compirebbe 90 anni. Compirebbe: il condizionale è d’obbligo poichè parliamo di Salvatore Giuliano, a tutti noto come il bandito Giuliano, o semplicemente “Turiddu” e non è certo che quello nella foto sia il suo corpo.
Appena giunse al fianco del cadavere anche il grande giornalista Tommaso Besozzi fu subito colpito dagli elementi discordanti, da particolari che non tornavano, e senza sforzo trovò immediatamente testimonianze che screditavano la versione ufficiale dei fatti. Besozzi scrisse uno degli articoli più noti del giornalismo italiano, dal titolo indimenticabile: “Di sicuro c’è solo che è morto”. Ma il giornalista, si sbagliava: nemmeno la morte di Giuliano era certa, ne lo è ai giorni nostri.
Allora chi giace in quella bara nel cimitero di Montelepre?
Partiamo dall’inizio di questa intricata storia, piena zeppa di personaggi letterari: uno dei banditi più celebri di sempre, affascinante e mitico, i suoi sgherri, l’amico/traditore Gaspare Pi-sciotta, il misterioso Frà Diavolo, i servizi segreti americani, il Ministro degli Interni Scelba, i comunisti, i nazisti, gli indipendentisti siciliani, Cosa nostra, Lucky Luciano…
Salvatore Giuliano nasce a Montelepre, in Sicilia, il 22 no-vembre del 1922. Aveva poco più di vent’anni quando fermato ad un controllo da due carabinieri, viene ferito ad una gamba e ricambia la cortesia ferendo a morte uno dei due carabinieri dandosi poi alla fuga. Da qui inizia il mito del bandito Giuliano.
Le leggende si alimentano rapidamente e il bel giovane diventa subito un corrispettivo siciliano del più noto Robin Hood: ruberebbe ai ricchi per dare ai poveri, è bello e pieno di fascino, seduce le donne, incarna il rivoluzionario romantico alla perfezione, difende il popolo. In realtà Giuliano è un personaggio molto più complesso e oscuro di quel che si è voluto far credere.
Recenti studi del ricercatore storico Giuseppe Casarrubea dimostrano, grazie a documenti recuperati tra i polverosi scaffali dei servizi di intelligence di mezzo mondo, come Giuliano fosse in realtà un terrorista “nero” ante-litteram. Giuliano e la sua banda sono stati al servizio di Herbert Kappler ufficiale delle SS, poi delle Brigate Nere di Pavolini, poi dei Servizi Segreti Usa di James Angleton ed hanno causato la morte di oltre 411 persone in meno di 5 anni: prevalentemente poliziotti e carabinieri.
Sulle malefatte della “banda Giuliano” svetta senza dubbio la strage di Portella della Ginestra in cui, Turiddu e i suoi, spararono sulla folla inerme radunata per il Primo Maggio, festa dei lavoratori, e la recente vittoria in Sicilia della sinistra formata da comunisti e socialisti. Dopo l’intensificarsi di azioni ripugnanti, i luogotenenti di Giuliano iniziano ad emigrare verso gli Stati Uniti creandosi una nuova vita.
Poi nell’estate del 1950, a Ca-stelvetrano, nel cortile della casa dell’avvocato Di Maria, viene inscenato uno scontro a fuoco poco credibile, di cui l’immagine sopra descritta rappresenta l’ultimo fotogramma.
La versione ufficiale non ha mai convinto: il cadavere era stato colpito sotto l’ascella, ed era caduto in avanti, come nella foto, ma si era generata sulla schiena una pozza di sangue difficilmente spiegabile se non sovvertendo la legge di gravità. Come poteva esserci una pozza di sangue sulla schiena di un uomo morto bocconi?
Perché il bandito, noto narciso con tendenze di megalomania, indossava abiti dimessi e non sfoggiava il suo orologio d’oro? Come mai i testimoni hanno sentito una sequenza di spari diversa rispetto al racconto ufficiale? E potremmo aggiungere: come mai sparì il calco di gesso del volto del cadavere? E come mai sparì il resoconto dell’autopsia?
Poco dopo, Gaspare Pisciotta, fraterno compagno di Giuliano, confessò di averlo ucciso egli stesso: “Io, Gaspare Pisciotta, ho assassinato Giuliano durante il sonno. Questo avvenne dietro accordo personale con il signor Scelba, Ministro degli Interni”. Una frase che fece tremare i polsi a tutta l’Italia.
La foto di Castelvetrano sarebbe quindi un falso per ammissione di Pisciotta, ma il sedicente traditore non riuscì a portare la sua testimonianza al processo sulla strage di Portella della Ginestra, poichè pochi giorni prima venne avvelenato con la stricnina nella sua cella.
Le morti misteriose si susseguono e a quella di Pisciotta va aggiunta quella di “Fra Diavolo” al secolo Salvatore Ferreri, efferato compagno di lotta di Giu-liano, che mentre era in stato di fermo in una caserma dei cara-binieri, dopo essersi dichiarato confidente dell’ispettore generale Ettore Messana, in una collutazione, rimane ucciso. Insomma: la messinscena della versione ufficiale è palese, ma chi potrebbe parlare muore, e chi non muore si nasconde.
Fin dai primi momenti si sospetta che Giuliano sia ancora vivo e sia in realtà negli Stati Uniti, dove avrebbe trovato ad aspettarlo i luogotenenti che lo avevano preceduto: Tano Bada-lamenti noto boss, Pasquale Sci-ortino che è cognato di Giuliano, Francesco Barone uomo di fiducia di Lucky Luciano che in Si-cilia teneva i rapporti tra la Banda e il mafioso italo-americano, e tanti altri amici.
Testate come il Chicago Daily Tribune del 18 giugno 1950 e il New York Times del 23 giugno 1950, accreditano questa ipotesi: “La voce è che l’affascinante killer ventisettenne si trovi a Bo-ston. Oggi, è circolata la notizia che Giuliano ha raggiunto suo cognato, Pasquale Sciortino, che scomparve qualche tempo fa dal-la Sicilia e il cui nome suscita il medesimo terrore evocato da Giuliano” (Chicago Daily Tri-bune). Recentemente gli studiosi Casarrubea e Cereghino hanno ottenuto di far riaprire alla Procura di Palermo la bara di Giuliano per verificare che il cadavere sepolto sia davvero quello del mitico bandito.
Gli studiosi hanno arricchito la richiesta con documenti e fotografie scattate al momento dell’autopsia, che hanno suscitato grandi dubbi: il cadavere non somigliava nè a Giuliano nè al corpo di Castelvetrano. I risultati ancora non sono noti, ed è oltre un anno che li si aspetta. Se non ci fosse Giuliano, in quella bara è sepolta una bella fetta della credibilità della storia nazionale.