Inaugurazione molto partecipata e soprattutto molto sentita, quella che si è svolta per la mostra Sadun100 a Palazzo dell’Emiciclo dell’Aquila. Un’antologica che vuole ricordare il primo direttore dell’Accademia di Belle Arti, Piero Sadun, a cento anni dalla nascita e a cinquanta dall’istituzione dell’accademia.

Per questo nei saluti e negli interventi della cerimonia di inaugurazione tutti hanno ricordato la figura di questo artista, modernissimo e generoso, sempre disponibile verso gli studenti, ma che più di ogni altro ha contribuito all’avvio dell’istituzione di alta formazione artistica aquilana facendola diventare il modello di innovazione e sperimentazione, quale è ancora oggi.  I

n particolare il presidente Roberto Marotta, e il Direttore Marco Brandizzi dell’ABAQ hanno voluto rimarcare l’eredità importante che Sadun ha lasciato all’Aquila quale protagonista di un momento di grande fermento culturale per  la città.

Organizzata dall’Accademia di Belle Arti dell’Aquila insieme con gli Eredi dell’artista e della Galleria EdiEuropa, e il sostegno della Fondazione Carispaq, l’esposizione celebra un protagonista dell’arte italiana del secondo Novecento, che nei primi anni Settanta ha contribuito in maniera significativa alla promozione della migliore cultura contemporanea nella città dell’Aquila. Un’occasione per riallacciare i fili tra il passato e il futuro, tutto da reinventare, della città, che nel 2019 ha visto due importanti ricorrenze della propria storia recente. Da una parte, i 10 anni dal terremoto, dall’altra, i 50 anni dalla fondazione della sua Accademia, che tutt’ora svolge sul territorio un’essenziale e qualificato ruolo didattico, artistico e culturale,  non solo per la trasmissione delle conoscenze tecniche e materiali ereditate dalla tradizione, ma anche per la divulgazione dell’estetica contemporanea.

Dal 1969 al 1974, anno della sua prematura scomparsa, Piero Sadun è stato, il direttore storico della neo-fondata Accademia di Belle Arti dell’Aquila, “prima accademia sperimentale” d’Italia: più attenta all’arte contemporanea e più recettiva verso i fermenti più interessanti emersi nel Paese dopo la contestazione studentesca del ’68. Grazie alla sua illuminata direzione, sin dai suoi esordi l’istituzione aquilana ha annoverato tra i propri docenti personaggi di primo piano della cultura del nostro tempo, come Carmelo Bene, Alberto Arbasino e Sylvano Bussotti. A questi si aggiungono i critici e storici dell’arte: Achille Bonito Oliva, primo vice direttore dell’Accademia (1969-1971), Giorgio de Marchis, Lorenza Trucchi e Augusta Monferini. Tra gli artisti si ricordano:Antonio Scordia (Pittura), Mario Ceroli (Scenografia), Luigi Marotta (Decorazione), Andrea Cascella (Scultura) con Cesare Tacchi in qualità di assistente, Enrico Castellani, Guido Strazza, Paolo Scheggi, Giulia Napoleone, Gianfranco Notargiacomo, Franco Berdini, Franco Nonnis, insieme con il disegnatore e illustratore satirico Pino Zac (Giuseppe Zaccaria), il regista teatrale Antonio Calenda, l’architetto Piero Sartogo, lo scrittore Enzo Forcella e la giornalista Emilia Granzotto. Non a caso, in un articolo pubblicato nel dicembre 1974 sul Corriere della Sera in ricordo dell’artista appena scomparso, Cesare Brandi rilevava che Sadun: «aveva fatto dell’Accademia dell’Aquila una specie di Parnaso».

L’esposizione raccoglie una quarantina di opere tra le più rappresentative della ricerca matura dell’artista, concentrandosi, orientativamente, sugli anni Sessanta e Settanta, coincidenti con la fase più vicina all’esperienza accademica dell’Aquila. Poiché Sadun appartiene a quella generazione di artisti che, progressivamente, si allontana dalla figurazione – per quanto aggiornata sulla lezione delle Avanguardie storiche – per fare proprio il lessico astrattista, la mostra s’incentra, in particolare, sui grandi quadri materici, dominati dall’emergenza prorompente del colore, spesso monocromatico. Le opere, selezionate per la loro storia espositiva, provengono dalle collezioni degli Eredi e da prestigiose raccolte, si ricorda in particolare, quella del Ministero degli Affari Esteri italiano e la Fondazione Scialoja.

Un focus è dedicato all’attività di decoratore d’interni compiuta dall’artista, che ha firmato le case di importanti cantautori italiani, da Domenico Modugno a Franco Migliacci a Nada. Della cantautrice livornese, in particolare, l’Accademia ha curato il restauro di tre grandi dipinti, realizzati da Piero Sadun nel 1970. Gli studenti delle Scuole di Fotografia e Decorazione sono stati, invece, coinvolti nelle attività, rispettivamente, di documentazione per il catalogo e allestimento della mostra.

Piero Sadun. Note biografiche
Nato l’11 novembre 1919 a Siena, Piero Sadun è stato uno dei pittori più significativi del secondo dopoguerra. Di famiglia ebrea, sfugge alla deportazione e si unisce alle formazioni partigiane nel Casentino. Amico d’infanzia di Mario Verdone e di Cesare Brandi, suoi grandi estimatori, con gli artisti Giovanni Stradone, Toti Scialoja e Arnoldo Ciarrocchi, fa parte dei “Quattro pittori fuori strada”, che segnano una prima cesura in senso espressionista rispetto al linguaggio neocubista, dominante in quegli anni in Italia. Nel 1950 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia e inizia a collaborare con il Teatro dell’Opera di Roma, dove realizza scene e costumi per il coreografo Aurel Milloss.

Presente ad altre due edizioni della Biennale di Venezia, nel 1960 e nel 1962, Sadun riceve importanti riconoscimenti, tra i quali si ricorda, nel 1963, la medaglia del Presidente della Repubblica al Premio Marche di Ancona. L’anno successivo, cura scene e costumi del primo lavoro teatrale di Arnold Schönberg, Erwartung [Attesa] per il Maggio Musicale Fiorentino (riproposto dal Teatro dell’Opera di Roma nello stesso anno). Nel 1966, insieme con Ettore Colla, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Leoncillo Leonardi, Seymour Lipton e Victor Pasmore fonda la rivista QUI arte contemporanea, storicobollettino della casa editrice Editalia di Lidio Bozzini (oggi acquisita dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani).
Progressivamente, si allontana dalla figurazione per fare proprio il lessico astrattista, incentrando la propria ricerca su grandi quadri materici dominati dall’emergenza sempre più esclusiva e prorompente del colore(oggi conservati in musei quali la Tate Gallery di Londra e La Galleria Nazionale di Roma).

Attivo sin dall’inizio del decennio come decoratore d’interni, negli anni successivi firma le case di importanti cantautori italiani, come Domenico Modugno, Franco Migliacci e Nada. Testimonianza d’eccezione di questa attività di interior designer è la porta di due metri per due, dipinta nel 1969 per una villa senese, rinvenuta fortunosamente nel 2015.
Già docente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e l’Istituto d’Arte di Urbino, nel 1969 è nominato primo direttore della neo-fondata Accademia sperimentale di belle arti dell’Aquila, incarico che mantiene fino alla morte, avvenuta  a Siena il 22 novembre 1974. In quello stesso anno era stato uno degli
artisti invitati da Antonio Del Guercio a esporre alla X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma dedicata al tema La situazione dell’arte non figurativa.
Nel 1976 la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, allora sede dell’Ente Premi Roma, organizza una grande mostra antologica in ricordo dell’artista, corredata dalla presentazione in catalogo di Cesare Brandi.


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