“Il lavoro è l’uomo stesso nel suo modo specifico di farsi uomo”. Sosteneva Marx che è l’attività che distingue l’uomo dagli altri animali, che permette all’essere umano di esplicare la sua libertà nella libera formazione e realizzazione della propria esistenza in relazione alla natura e alla società. 
 
Oggi il lavoro è molto di più: un dovere e un diritto tramite cui l’uomo produce la sua vita materiale e realizza se stesso, la propria dignità personale, economica e sociale.
 
Nell’Italia in crisi la mancanza di lavoro e la sua precarietà diventano tematiche delicate per le quali giovani disoccupati, precari e padri di famiglia licenziati, combattono e protestano rivendicando i loro diritti sulla base dei principi fondamentali della Costituzione italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica basata sul lavoro” (articolo 1); e ancora: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” (articolo 4). 
 
Tema caldo e importante, non si perde occasione per affrontare, trattare e sviscerare il lavoro con ogni possibile strumento (cinema, letteratura, arte e fotografia) e in ogni ambito (politico, sociale, quotidiano, culturale).
 
La quinta edizione della rassegna letteraria “Libri come. Festa del libro e della lettura”, svoltasi a Roma ha posto il lavoro al centro di incontri, conferenze, laboratori, mostre e tavole rotonde alle quali hanno partecipato esperti sociologi, etnologi e antropologi, e i grandi protagonisti della narrativa italiana e straniera.
 
L’arte ha trovato spazio con il fumettista italiano Marco “Makkox” Dambrosio la cui mostra, “L’etica del lavoro e lo spirito di Makkox”, riassume, su tavole verticali a fumetti, simboli, personaggi e luoghi del lavoro: dai disagi degli italiani che non riescono ad arrivare a fine mese, ai politici dal linguaggio forbito che promettono, ma che in realtà sono artefici della crisi e della decadenza.
 
Tra i primi ospiti internazionali, l’antropologo francese Marc Augé con il suo ultimo saggio, “Le nuove paure”. Ha analizzato le angosce della modernità, la paura per il futuro dovuta alla società globalizzata, che con il suo prevalere di mercati finanziari, disuguaglianze e rottura dei rapporti sociali, fa nascere l’esigenza di una nuova organizzazione del lavoro e della società.
 
Le maratone collettive “Come il lavoro. Ieri, oggi e domani” e “Gli italiani e la grande crisi” durante le quali scrittori, giornalisti ed esperti hanno incontrato il pubblico, hanno dato adito a diverse riflessioni sul lavoro, sui cambiamenti della società nel corso del tempo, sulle cause che hanno portato alla crisi di oggi e su come riuscire a promuovere la crescita.  
 
Partendo dal lavoro, la letteratura si è fatta portavoce della contemporaneità e promotrice dell’incontro con altri linguaggi e discipline, per spaziare su altri aspetti problematici della società occidentale con l’intervento di alcuni scrittori americani. 
 
Considerato tra i più grandi romanzieri statunitensi “under quaranta”, autore nel 2009 del romanzo “Ruggine americana”, la storia di due vagabondi protagonisti di un viaggio on the road dalle acciaierie della Pennsylvania fino alla California, Philipp Meyer è intervenuto a Roma per parlare del suo modo di scrivere i romanzi e della sua nuova opera, “Il figlio”, l’epopea di una famiglia che ripercorre un secolo di storia americana: dalla guerra con i nativi Comanche, a quella con il Messico, fino ai pozzi di petrolio, mantenendo costante il tema secondo cui “non esiste ricchezza senza furto”. 
 
Tra le protagoniste femminili, la femminista americana di origini italiane Camille Paglia ha partecipato alla manifestazione letteraria con un’analisi brillante sulla cultura occidentale e  considerazioni su immagini, arte e tecnologia. 
 
Nel suo ultimo saggio “Seducenti immagini. Un viaggio nell’arte dall’Egitto a Star Wars”, sostiene che George Lucas sia il più grande artista vivente e che l’Occidente finirà per essere salvato non dagli uomini di pensiero, ma dagli uomini d’azione. 
 
L’irriverente scrittrice si è mostrata preoccupata per l’avvento dei social media e dell’I-Phone, di una realtà rappresentata e vissuta attraverso immagini piccole, una dimensione miniaturizzata nella quale non si è più abituati a guardare in profondità, a cercare il significato vero e profondo al di là della superficie. Troppe immagini potrebbero portare ad una non comprensione se non si impara di nuovo a guardare e non ci si autoeduca all’arte. 
 
Intervistata dietro le quinte, la scrittrice, grande fan di Federico Fellini, ha rivelato a L’Italo-Americano il suo giudizio negativo su “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino (film italiano vincitore dell’Oscar 2014 come Miglior Film Straniero), da lei definito un film troppo costruito in cui Sorrentino non si ispira al lavoro di Fellini ma lo sfrutta.
 
Altro ospite internazionale di rilievo è stato John Grisham, l’inventore del legal thriller per eccellenza. Ha spiegato il suo modo di scrivere i romanzi: in soli sei mesi sorseggiando tazze di caffé italiano. 
 
I suoi best seller iniziano nel 1990 con “Il momento di uccidere” e proseguono con “Il rapporto Pellican”, “Il cliente”, fino ad arrivare al suo ultimo successo: “L’Ombra del Sicomoro”. Quelli di Grisham sono per lo più romanzi sociali il cui fine ultimo dell’eroe, solitamente un avvocato (lo stesso scrittore è un ex-avvocato) è ottenere giustizia, riparare i torti subiti e difendere i deboli.
 
Tra gli altri protagonisti di “Libri come” 2014: gli italiani Andrea Camilleri e Umberto Eco, la scrittrice statunitense Donna Tartt, lo scienziato americano Jared Diamond, l’autrice coreana Kyung-sook Shin, il romanziere irlandese John Banville. 
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