1986. Probabilmente per molti questo è un anno da dimenticare, oppure da ricordare o semplicemente un anno come tanti altri. Ma per Rita Levi Montalcini, è l’anno in cui le viene consegnato il premio Nobel per la Medicina.
Nella motivazione del Premio si legge: “La scoperta del Ngf (fattore di crescita nervoso) al-l’inizio degli anni ’50 è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo”.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di scoprire come la vita abbia portato questa donna di indubbia genialità a ottenere il massimo riconoscimento scientifico.
Rita Levi Montalcini nasce il 22 aprile 1909 a Torino. Di origine ebrea, la sua è una famiglia di talenti nella quale la cultura viene continuamente stimolata: il padre, Adamo Levi, è un matematico ed ingegnere elettronico, il fratello Gino un noto scrittore degli anni Trenta del secolo scorso, la sorella gemella Paola una pittrice come la madre, Adele. Da questa prima inquadratura sembrerebbe che Rita non potesse crescere in un ambiente migliore di questo per sviluppare le sue doti, eppure il padre, un uomo rigido e rigoroso, non era d’accordo che sua figlia proseguisse gli studi accademici. Era convinto che “la carriera” avrebbe ostacolato i doveri di quella che sarebbe dovuta diventare una vera e propria donna di casa.
Ma, nonostante le iniziali interferenze paterne, spinta dalla passione per la scienza, nell’autunno del 1930, Rita si iscrive alla facoltà di medicina di Torino.
All’età di vent’anni entra nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi, dove comincia gli studi sul sistema nervoso, studi che poi avrebbe proseguito per tutta la vita.
Come spesso accade in questi casi, ha la fortuna di avere come colleghi universitari due futuri premi Nobel, Salvador Luria e Renato Dulbecco. Tutti e tre furono studenti di Giuseppe Levi che insegnò loro come affrontare i problemi scientifici in modo rigoroso, in un momento in cui tale approccio era ancora abbastanza inusuale; basti pensare che fu lo stesso Giuseppe Levi a introdurre in Italia il metodo di coltivazione in vitro.
È nel 1936, esattamente cinquant’anni prima di ricevere il Nobel, che la Montalcini ottiene la laurea in Medicina cum laude e successivamente decide di specializzarsi in neurologia e psi-chiatria. Ed è a questo punto, nel 1938 che Rita, a seguito delle leggi razziali emanate da Mussolini, è costretta ad emigrare in Belgio con Giuseppe Levi.
È anche in questi anni, però, che inizia una fruttuosa collaborazione tra i due tanto che, nel 1940, tornata a Torino poco prima che il Belgio venisse invaso dai tedeschi, allestì nella sua camera da letto un laboratorio domestico per proseguire le sue ricerche, ispirate da un articolo di Viktor Hamburger del 1934 che riferiva gli effetti dell’estirpazione degli arti negli embrioni di pulcini e lo stesso Giuseppe Levi diventa il suo primo e unico assistente.
Il loro obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. In quel laboratorio Rita Levi Montalcini scoprì il meccanismo della morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, fenomeno riconosciuto solo tre decenni più tardi, nel 1972, e definito con il termine apoptosi.
Trascorsi alcuni tra gli anni più burrascosi e violenti della storia d’Italia, quelli della Seconda Guerra Mondiale, nel 1974 Rita, ormai completamente immersa nelle sue ricerche sulle correlazioni nello sviluppo tra le varie parti del sistema nervoso, viene invitata a St. Louis proprio da Viktor Hamburger, a ricoprire la cattedra di docente del corso di Neurobiologia al Dipartimento di zoologia della Washington University.
Ed è proprio in quell’anno che inizia l’avventura statunitense della Montalcini: quella di Vik-tor Hamburger era un’offerta impossibile da rifiutare e quello che doveva essere un trasferimento di pochi mesi, si trasformò in una permanenza trentennale sul suolo americano.
Nel 1954, continuando le ana-lisi in vitro, in collaborazione col suo allievo biochimico Stanley Cohen, giunse all’isolamento di una frazione nucleoproteica tu-morale e all’identificazione di tale sostanza presente in quantità ingenti nel veleno dei serpenti e nella ghiandola salivare dei topi: una proteina che viene sintetizzata da quasi tutti i tessuti e in particolare dalle ghiandole esocrine.
La scoperta del Nerve Growht Factor (Ngf), si dimostrerà fondamentale per la comprensione della crescita delle cellule e degli organi e svolgerà un ruolo significativo nella comprensione del cancro e di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson.
Nel 1956 viene nominata professoressa associata e nel 1958 professoressa ordinaria di zoologia presso la Washington University di St. Louis dove rimase fino al pensionamento nel 1977. Nel 1987 ricevette dal Presidente Ronald Reagan la National Me-dal of Science, l’onorificenza più alta del mondo scientifico statunitense.
Anche durante la carriera negli Stati Uniti, non dimenticò mai il suo Paese: fondò un gruppo di ricerca e dal 1961 al 1969 diresse il Centro di Ricerche di neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr Roma) presso l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Istituto di Biologia della Washington University. Dal 1969 al 1979 fu direttrice del Laboratorio di Bilogia cellulare del Cnr. Nel 1983 divenne presidente dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla: nonostante i lunghi soggiorni negli Usa, non smise di seguire gli studi su questa patologia.
Dal 1989 al 1995, da super esperto, lavorò presso l’Istituto di neurobiologia del Cnr concentrandosi sullo spettro di azione dell’Ngf. Nel 1999 è stata nominata ambasciatrice dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) per contribuire alla campagna contro la fame nel mondo. Nel 2001 è stata nominata senatrice a vita.
Oltre al premio Nobel, ha ricevuto numerosi riconoscimenti fra i quali 5 lauree honoris causa: dall’Università di Uppsala, dal Weizmann Institute di Israele, dalla Saint Mary University e dalla Constantinian University (Usa), dalla Bocconi di Milano, dal Politecnico di Torino.
Rita Levi Montalcini muore il 30 dicembre 2012, all’età di 103 anni. Una vita interamente dedicata alla ricerca.