Eccolo l’uomo che ha raccolto l’eredità della Giunta Lombardo, contestata, criticata, vilipesa solo per il fatto di aver zavorrato oltremodo il bilancio della Sicilia, Regione autonoma che però incide maledettamente nei destini della politica italiana.

 
Già, perché nelle ultime elezioni chi ha sbancato sull’isola nella corsa alla poltrona da Governatore ha poi trionfato nella tornata più importante, piazzando il proprio candidato sullo scranno più alto di Palazzo Chigi.
 
Rosario Crocetta, classe ’51, siciliano di Gela, studi dai Salesiani, un papà precario, una mamma sarta, tre fratelli più grandi, ha vinto la sua personale battaglia: sarà lui a guidare la Sicilia nella prossima legislatura, cercando dapprima di tagliare le spese, riassestando un bilancio scivoloso come un cratere.
 
Dopo aver votato a Gela è andato a pregare davanti alla Madonna delle Grazie, facendo una visita pure alla sua parrocchia: uomo semplice, Crocetta, una vita trascorsa in trincea. Nemico dichiarato di Cosa Nostra, ad esempio: tre tentativi di omicidio andati fortunatamente a vuoto. Nell’ultimo episodio la mafia assoldò un lituano che, però, non concretizzò la sua missione di morte.
 
La colpa di Crocetta? Quella di aver scoperto – quando era sindaco di Gela, la sua città – che in Comune lavorava la moglie del boss Emanuello, assunta dopo aver vinto un concorso presentando certificati fasulli. Crocetta la licenziò, firmando in pratica la sua condanna. “Io non morirò nel mio letto perché la mafia non perdona”, il suo commento.
 
Sindaco dichiaratamente anti-mafia: a lui si deve anche la creazione di una associazione contro il racket, il pizzo, una dei marciumi dell’isola. Paladino dei diritti civili (è un omosessuale dichiarato), politico navigato, che non ama inchinarsi alle ingiustizie. È bastato poco ai siciliani (per amor di verità a quel misero 47% che si è recato alle urne, dominate dall’astensionismo dilagante) sbarrare il suo nome, dando fiducia così al candidato del Partito Democratico, tornato a governare nonostante una emorragia, rispetto all’ultima tornata elettorale, di quasi centosettantamila consensi.
 
Io sono la rivoluzione – ha tuonato Crocetta nei suoi primi, appassionati discorsi ufficiali – combatterò la casta, gli sprechi, proponendo leggi a favore dei cittadini”.
 
Come sempre, saranno i primi mesi di governo a suggerire le impressioni, ad orientare il cammino. Dovrà allearsi, Crocetta, perché da solo non raggiunge la maggioranza, complice il letargo alle urne di oltre il 52% dei siciliani, forse il riscontro più rilevante da approfondire, anche in chiave-nazionale.
 
È però una faccia nuova, fuori dagli schemi, che perlomeno promette di avere idee e di portare avanti battaglie contro la legalità in una regione sempre allergica al concetto di Stato. Cita a braccio i passi del Vangelo ma non si spaventa della vita che lo aspetta: sempre di più blindata per via di minacce continue. Lo sgarbo a Cosa Nostra pesa ma Crocetta non abbassa il capo.

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