I “foghi” (fuochi d’artificio) del Redentore sono tornati a illuminare il cielo della laguna.
L’allerta covid è ancora massima e Venezia lo sa bene. Per potersi sedere sulle fondamenta di Giudecca e Zattere, o avere il posto ormeggiato, è stato necessario prenotarsi ed esibire la Certificazione Verde Covid-19 e poter seguire lo spettacolo tradizionale sulle rive più vicine al bacino: Zattere, Piazzetta San Marco, Riva degli Schiavoni, Giudecca.
Nel 2020 il Redentore fu orfano dell’amato spettacolo pirotecnico, e nonostante i concerti itineranti lungo il Canal Grande e il ponte votivo tra Giudecca e Zattere, fu un’edizione zoppa.
In modo analogo a un’altra amatissima festa veneziana, La Salute del 21 novembre, anche il Redentore è collegata a una antica pandemia. Fu ideata per celebrare la fine del morbo che attanagliò la Serenissima tra il 1575 e il 1577, quando fu costruita la chiesa del Redentore sull’isola della Giudecca. Un maestoso edificio religioso progettato da Andrea Palladio.
Venezia è una città capace di regalare magia ancor prima di far vivere qualcosa di grandioso.
Per raggiungere l’epicentro dello show, quest’anno ho deciso di fare qualcosa di unico: andarci con un’imbarcazione tipica della voga alla veneta, attraverso i canali veneziani. Ma prima di ciò, c’è un altro fondamentale tassello da organizzare secondo i dettami della cultura locale. Ogni festa in Italia ha le sue ricette e il “Redentor de Venessia” non fa eccezione. Si comincia con un antipasto a base di crostini col baccalà mantecato e le sarde in saor, quindi il pezzo forte: i bigoli in salsa, per poi chiudere il tutto con l’anguria da consumare direttamente in barca.
Verso le 10 di sera ci avviamo verso il Rio di Sant’Alvise dove abbiamo ormeggiato un “sandolo” della remiera di Cannaregio. Lucine posizionate a prua e a poppa, e si può partire! Le fondamenta tipiche della movida veneziana sono taciturne, inevitabile durante la festa del Redentore. A girare per il dedalo si scorgono famigliole che cenano nelle corti con festoni attaccati tra le finestre affacciate sui canali. E quando bisogna girare e l’angolo è cieco, niente clacson o stramberie simili, ci si affida ai polmoni per segnalare la propria presenza. Non c’è quasi nessuno in giro, se non qualche taxi o altre imbarcazioni a remi.
Dopo una decina di minuti, siamo nel Rio dei Gesuiti, quindi costeggiamo la bellissima chiesa dei Miracoli lungo l’omonimo Rio, fino a confluire in Rio di Palazzo. Proprio la via fluviale che passando sotto il Ponte dei Sospiri prima e il ponte della Paglia poi (quello, per capirci, da dove i turisti si fermano a immortalare il famoso Ponte dei Sospiri), ci accompagna in bacino San Marco.
L’arrivo ha un che di surreale. Solitamente lo spiazzo di laguna è un tripudio anche esagerato di musica, colori e gran chiasso. Questa volta è tutto più silenzioso. Le barche e i loro equipaggi attendono pazienti i fuochi. Oltre 25mila i presenti sulle rive e a bordo dei natanti, 3000 le imbarcazioni. Finalmente cominciano i foghi ed è subito una romantica dedica al Tricolore e ai 1600 anni di Venezia, celebrati lo scorso 25 marzo.
Li hanno attesi i fuochi, i veneziani. La situazione pandemico-sanitaria è in costante evoluzione ma lo spettacolo questa volta c’è. Fuochi come momento di riscatto, e si spera, fuochi per voltare pagina sognando un’edizione 2022 più “normale”.
Sparato l’ultimo bagliore, riprendiamo la via dei canali. Venezia, se possibile, è ancor più affascinante. Vien voglia di carezzare tutto: l’acqua, le abitazioni, le briccole. Incrociamo una caorlina dove due piccolini fanno un chiasso incredibile. Corrono su e giù nel ristretto spazio galleggiante. I genitori con non poca fatica gli impediscono di tuffarsi. Torniamo al punto di partenza. In campo S. Alvise le panchine sono tutte vuote. Riguardo il canale appena attraversato. Mi sento un po’ come i protagonisti dell’ultimo film Pixar, Luca (2021), diretto dal regista genovese Enrico Casarosa nella cui storia ambientata tra gli anni ’50 e ’60, sopra e sotto il Mar Ligure, due piccoli mostri marini assumono sembianze umane e fanno amicizia con la paesana Giulia.
Eccomi, da tritone a bipede. Dall’animazione alla realtà più incredibile. Magari un giorno la Pixar deciderà di scrivere un’altra storia di mare, e questa volta ambientarla a Venezia, nella magica notte del Redentore.