Quaregna, comune piemontese di 1.417 abitanti della provincia di Biella.
Una suggestiva tradizione farebbe risalire l’origine del nome Quaregna all’espressione latina “aqua regnat” cioè luogo ove regna l’acqua ed effettivamente il territorio, oltre ad essere attraversato dal torrente Quargnasca e da numerosi rii minori, nella sua parte collinare, è molto ricco di sorgenti. Piccolo centro collinare a 260 metri sul livello del mare fa parte della Comunità Montana Val Sessera, Valle di Mosso e Prealpi Biellesi. I quaregnesi festeggiano l’11 novembre il patrono San Martino. Il più noto monumento storico è proprio la chiesa parrocchiale dedicatagli, edificata nell’Ottocento sui resti di un’antica chiesa medievale. Le origini del paese risalgono ai tempi dei romani, come testimoniato dalla scoperta archeologica del 1905 di monete imperiali dal II secolo d.C . Durante il Medioevo fece parte del Comitato di Vercelli, passando successivamente sotto la Signoria dei vescovi di Vercelli, per donazione degli Imperatori di Germania. Quindi fece parte del Ducato di Savoia (1416-1720) e poi del Regno Sabaudo Sardo (1720-1861).
Tra le famiglie di maggior rilievo, quella degli Avogadro. Il cognome derivava da un’antica usanza, secondo la quale, gli avvocati che avevano recato utili servizi alle chiese erano autorizzati a rendere ereditaria la professione di avvocatura. Il più noto esponente della casata fu il celebre chimico e fisico Amedeo Avogadro (1776-1856) scopritore del “Numero di Avogadro” da cui discende l’omonima legge fisica, secondo la quale volumi uguali di gas diversi, a parità di pressione e temperatura, contengono lo stesso numero di molecole. Fondatore della teoria atomico-molecolare, anche lui si era laureato in legge secondo le tradizioni familiari. La scoperta scientifica fu straordinaria però, purtroppo, gli venne riconosciuta solo anni dopo la sua morte. Tra il 1837 e il 1841 uscirono i 4 volumi di “Fisica dei corpi ponderabili” la sua più importante opera dedicata al Re Carlo Alberto.
Ripa Teatina, comune abruzzese di 4.203 abitanti della provincia di Chieti.
Posizionato su una collina alta 199 metri a ridosso della costiera adriatica, dista 11 da Pe-scara, 69 da L’Aquila e 153 da Roma. Tracce di insediamenti neolitici sono stati rinvenuti lungo il fiume Alento, che bagna a nord il paese. Esistono poi prove del passaggio di Annibale, nella campagna militare condotta in Italia durante la Seconda Guerra Punica. In virtù della sua posizione strategica, nel corso della storia l’area è stata spesso utilizzata come avamposto. Già al tempo dei Romani era presente un nucleo abitato chiamato Castrum Teate a difesa della città di Chieti, allora chiamata Teate. Nel medioevo il paese cambiò il nome in Ripa de Teti ma non la sua connotazione militare. Sotto la dominazione aragonese fu costruita una rete di torri di avvistamento, di cui due ancora esistenti, che consentiva di avvistare eventuali movimenti militari ostili.
Durante la campagna militare in Italia condotta da Napoleone il convento francescano, che aveva sede nel paese, fu teatro di un enorme massacro. Le armate francesi assediarono il convento e ci furono sanguinosi combattimenti con più di 600 vittime tra militari e rivoltosi. Diversi rivoltosi riuscirono comunque a fuggire e, per rappresaglia, i frati vennero sterminati e le loro spoglie gettate nella cisterna del chiostro del convento. Anche durante l’occupazione nazista, a Ripa, situata a ridosso della linea Gustav, fu allestito un deposito di armamenti, saccheggiato durante la liberazione avvenuta tra il 9 e il 10 giugno del 1944. Oggi Ripa Teatina è nota per la produzione di vino: vigneti di Trebbiano d’Abruzzo e Montepulciano d’Abruzzo, coltivati a tendone all’ortonese, ricoprono intere colline. Anche la produzione di olio d’oliva è significativa. Da alcuni anni Ripa Teatina è stata inserita nel circuito delle “Città del Vino” e gode di importanti riconoscimenti e premi a livello nazionale. Di notevole importanza sono gli arrosticini e la porchetta di Ripa Teatina, famosi in tutto l’Abruzzo.
Salemi, comune siciliano di 10.971 abitanti della provincia di Trapani.
Situato nel cuore della Valle del Belice, è una città arabo-medievale, di importante rilievo urbanistico. Ubicata tra le colline coltivate a vigneti ed uliveti si raccoglie intorno al castello dal cui terrazzo merlato della torre circolare è possibile scorgere un vastissimo panorama sulla Sicilia occidentale fino al mare. Helicyae in latino, fu teatro delle continue guerre tra Selinunte e Segesta. Nell’827, cadde sotto gli arabi che la fecero prosperare e con i quali sembra avere avuto origine il nome Salemi. Al riguardo, vi sono diverse teorie sull’origine del nome: quella attribuita in onore di “Saleiman” figlio del comandante che conquistò Alicia; quella conseguente da “Sale” per il fiume Salso che rende le acque che attraversano la città salmastre; quella derivante dal significato di “Salam” e cioè città salubre e sicura; quella tratta dal significato di pace “Salem”. Sotto il profilo agricolo, gli arabi introdussero molte e nuove coltivazioni nelle campagne circostanti: arance, limoni, pesche, albicocche, asparagi, carciofi, cotone, melanzane zafferano, garofano e cannella.
Facendo un salto di secoli, altro avvenimento. Nel 1860, Giuseppe Garibaldi, dopo essere sbarcato a Marsala, si diresse a Salemi dove, il 14 maggio, assunse il dominio in nome di Vittorio Emanuele II Re d’Italia. Nella Piazza del municipio, poi denominata “Dittatura”, una lapide ricorda che si dichiarò dittatore del Regno delle Due Sicilie “Siciliani! Io vi ho guidato una schiera di prodi accorsi all’eroico grido della Sicilia, resto delle battaglie lombarde. Noi siamo con voi! Non chiediamo altro che la liberazione della nostra terra. Tutti uniti, l’opera sarà facile e breve. All’armi dunque!”. In quell’occasione l’Eroe dei Due Mondi issò, sulla cima del castello la bandiera tricolore proclamando Salemi la prima capitale d’Italia, titolo che mantenne per un giorno. A Salemi fu promulgata una delle prime leggi dell’Italia Unificata dando così alla città l’onore di essere la prima capitale dell’Italia liberata.