La tendenza di quest’anno? “Sicuramente i reali d’Inghilterra, vista la notizia della gravidanza di Kate, ho realizzato la coppia in tempi record ed hanno riscosso molto successo”. Così Genny Di Virgilio, giovane eccellenza napoletana tra i maestri presepiali, ricercati e raffinati autori di un’arte povera, popolare, nobile e storica, sinomino della tradizione napoletana. Una tradizione che sa sempre essere al passo con i tempi e si dimostra ogni volta capace di interpretare con ironia la vita contemporanea trasformando le “solite” statuine del presepe in personaggi dei tempi moderni. 
 
Nulla di sacrilego, anzi. Proprio al di là dei simboli religiosi che richiama, il presepe è amato anche da chi è poco osservante o dichiaratamente laico, perché è il luogo dove sacro e profano, spiritualità e vita quotidiana, mi-seria e nobiltà convivono, come nella vita reale.
 
Kate e William quest’anno la fanno da padroni ma è già stata la volta di Obama con la corona post-elettorale, del compianto Lucio Dalla, di Berlusconi pronto a ritornare in campo, di Napolitano, Papa Benedetto XVI, Matteo Renzi in versione rottamatore, Beppe Grillo, Belen e la farfallina sanremese. In passato è toccato a molti altri, anche oltrepassando i confini nazionali: Michael Jackson, Carla Bruni e Nicholas Sarkozy, la regina Elisabetta d’Inghilterra, il segretario Onu Ban Ki-Moon, Maradona, Michael Schumacher…
 
“O’ Presebbio”, come si dovrebbe dire per correttezza dialettale, insieme agli zampognari, alla tombola ed al menu della cena della Vigilia di Natale (24 dicembre), è uno dei simboli più intensi, classici e sentiti della tradizione natalizia. Il termine “o’ Presebbio” (così come quello italiano presepe o presepio) deriva dal latino praesepe o praesepium che significa “mangiatoia”. Ed il presepe napoletano, così come in tutte le altre regioni cristiane dove esisteva la tradizione del presepe (il primo viene menzionato in un documento del 1025 nella Chiesa di S. Maria del presepe), raffigurava la scena classica della Natività, con il bambino nella mangiatoia, la Madonna e San Giuseppe, il bue e l’asinello. Poi nel Seicento si comincia ad introdurre scene di vita quotidiana, personaggi reali come i venditori di frutta o di carne o i pastori con le pecore per rappresentare la gente del popolo e le varie attività lavorative, come un’istantanea dei tempi e dei commerci che si svolgevano lungo tutto l’anno.
 

Le statuine del principe William e di Kate Middleton incinta

La novità fu accolta favorevolmente e gli artigiani resero tali scene sempre più dettagliate e particolareggiate, raggiungendo l’apice rappresentativa nel Settecento, il cosiddetto secolo d’oro del presepe napoletano. Fu allora che uscì dalle chiese dove era stato oggetto di devozione religiosa, per entrare nelle case dell’aristocrazia e divenire oggetto di un culto più frivolo e mondano. Sempre in quel periodo  formalizzò la sua configurazione artistica: i personaggi sono realizzati con manichini in filo metallico ricoperto di stoppa, le teste e gli arti in legno dipinto, che poi sarà gradualmente sostituito dalla terracotta policroma. E sempre allora si definiscono alcuni personaggi “classici”: Benino, il pastore che dorme, il vinaio e Cicci Bacco, dio del vino e retaggio delle antiche divinità pagane che si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano, il pescatore di anime, il monaco letto in chiave dissacrante, come simbolo di un’unione tra sacro e profano come quella che si realizza nel presepe napoletano.
 
Oggi si è aggiunta un’altra tradizione: nel periodo natalizio si passeggia in una calca inimmaginabile (per chi non l’ha sperimentata) tra le bancarelle della via dei presepi, via San Gregorio Armeno, dove si possono ammirare e acquistare natività, presepi e statuine minuziosamente elaborate e decorate a mano.
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