La Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia ha compiuto 25 anni. Save the Children ha tracciato un bilancio sulla situazione dell’infanzia nel nostro Paese e nel mondo, svelando tanti nodi drammatici ancora da sciogliere.
NEL MONDO – Nel mondo 1 milione di bambini vive in aree in conflitto e più di 1 miliardo e mezzo sperimenta qualche forma di violenza; 650 milioni vivono in povertà estrema; 57 milioni non frequentano la scuola primaria e 250 milioni sono fuori da un percorso di istruzione e apprendimento; 230 milioni di bambini non sono registrati alla nascita; 3 bambini su 4 sperimentano una violenta disciplina a casa.
Grazie all’adozione nel 1989 della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia nel 1991, nel nostro Paese sono state approvate nuove e importanti leggi che hanno sancito una nuova visione dei bambini, portatori di diritti e non più destinatari passivi di assistenza.
IN ITALIA - Come è cambiata l’infanzia in 25 anni in Italia? “In Italia sono molte le nuove leggi a tutela dei bambini – dice Save The Children – ma resta il fatto che i minori sono appena il 16,7% della popolazione, il 13,8% dei bambini vive in povertà assoluta e la dispersione scolastica è al 17%.
NATALITÀ – Nascono sempre meno bambini e il 10% sono di origine straniera. L’aumento dei bambini figli di genitori stranieri, parallelamente a una costante diminuzione dei minori nel nostro Paese, è uno dei cambiamenti più eclatanti degli ultimi 25 anni. I minori in Italia nel 1989 costituivano il 22% della popolazione, nel 2014 sono scesi al 16,7%. L’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra anziani di 65 anni o più e i ragazzi sotto i 15 anni, è tra i più elevati al mondo: 154, mentre nel 1989 era 90. Vi è una perdita secca nel numero dei nuovi nati: nel 1989 sono nati 576.268 bambini, a fronte dei 514.308 nati nel 2013. E quelli che nascono sono sempre più figli di immigrati. Il 10% dei minori è di origine straniera. E pensare che, nel 1993, la percentuale di bambini con genitori stranieri nati in Italia era dell’1,2% sul totale dei nati in quell’anno, mentre nel 2012 secondo gli ultimi dati Istat, era del 15% dei nuovi nati.
EDUCAZIONE – Il 98,4% dei bambini va alla scuola dell’infanzia, ma il 17% poi si “disperde”. Negli ultimi anni, è indubbiamente cresciuta la consapevolezza di quanto sia rilevante sviluppare nei bambini le capacità cognitive e socio emotive insieme alle competenze scolastiche, per garantire a tutti migliori opportunità di crescita personale. Nell’ultimo decennio, si è anche affermata l’idea di quanto sia necessario intervenire nella primissima infanzia per colmare le distanze tra individui avvantaggiati e individui che nascono in contesti svantaggiati e culturalmente deprivati. In generale, negli anni, è decisamente cresciuto il tasso di scolarità nella fascia 14-18, passato dal 66 al 93%, anche grazie all’innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 16 anni. Tuttavia, molti di questi ragazzi e, in misura inferiore, ragazze, che si iscrivono alla scuola secondaria di secondo grado o a corsi professionali non completano gli studi.
POVERTÀ ASSOLUTA – Il 13,8% dei bambini italiani, oltre 1,4 milioni, vive in povertà assoluta, ma gli investimenti per infanzia e famiglia rappresentano appena il 4,8% della spesa sociale.
“La povertà minorile è una emergenza assoluta. Per contrastarla, è cruciale prevedere misure specifiche, quali il supporto alle famiglie, il rafforzamento dei servizi di welfare, la diffusione e la stabilizzazione di misure specifiche di sostegno alle famiglie in povertà estrema con bambini con la nuova social card2. Inoltre l’Italia deve assolutamente dotarsi di uno strumento universale di lotta alla povertà, di cui è priva”, sottolinea Raffaela Milano, presidente di Save The Children.
Manca un’agenda chiara di interventi. Tuttavia queste leggi stentano a tradursi in un’agenda chiara e definita di interventi e politiche per l’infanzia e il risultato è un’allarmante crescita del disagio e impoverimento fra i minori, sia a livello sociale che educativo: il 13,8% – pari a oltre 1,4 milioni – vive in povertà assoluta e la dispersione scolastica è al 17%, 7 punti percentuali sopra l’obiettivo europeo.
Sullo sfondo, i grandi cambiamenti che ha conosciuto l’infanzia in questi ultimi 25 anni: il più impattante, la forte diminuzione della popolazione infantile – dal 22% al 16,7% della popolazione totale – mitigata solo in parte da una crescente presenza di bambini di origine straniera, pari al 10% dei minori; l’avvento delle nuove tecnologie ha visto nascere le prime generazioni 2.0, con l’85% di under 18 che possiede uno smartphone e che dunque ha la possibilità di connettersi in qualsiasi momento e in ogni luogo.
IN USA - La piaga dei minori homeless negli Stati Uniti. Un bambino americano su 30 non ha avuto, almeno per un periodo, una casa in cui vivere nel 2013. È questo il dato shock che emerge dal rapporto “America’s Youngest Outcast”, i giovani reietti d’America, pubblicato dal National Center on Family Homelessness, che registra un numero record di bambini, quasi 2,5 milioni, che hanno vissuto, insieme alle famiglie, da homeless nel 2013.
Il numero, che lo studio ha ottenuto combinando i dati sui bambini homeless nelle scuole pubbliche fornite dal dipartimento per l’Istruzione e quelli dell’ultimo censimento – rappresenta un triste record per gli Stati Uniti, con un più 8% a livello nazionale ed un aumento registrato in 31 stati. La situazione è particolarmente grave negli stati del Sud, con Alabama e Mississippi in cima alla classifica, ma anche in uno stato ricco come la California, con uno dei mercati immobiliari più cari del paese, dove sono 527mila i bambini homeless.
Il rapporto mette tra le principali cause di questo aumento il “perdurare dell’impatto della Great Recession”, come viene chiamata la crisi economica provocata da quella finanziaria del 2008, con il picco del tasso di povertà e l’assenza di possibilità di avere case a prezzi contenuti. Ma hanno anche un peso le disparità razziali, insieme alle conseguenze delle violenze domestiche, con madri rimaste single con l’intera responsabilità economica dei figli.
“Il fenomeno dei bambini senza casa ha raggiunto proporzioni da epidemia in America – ha detto Carmela DeCandia, direttore del Centro, nel presentare il rapporto, perchè vivono in rifugi, cantine dei vicini, automobili, accampamenti o ancora peggio, i bambini homeless sono invisibili e abbandonati al loro destino”.
“I bambini senza casa sono malnutriti e si ammalano più spesso – si legge nel rapporto pubblicato sul sito del centro di ricerca – si chiedono costantemente se avranno un tetto sulla testa di notte e quello che succederà alle loro famiglie. Molti bambini senza casa hanno problemi a scuola, fanno molte assenze, devono ripetere l’anno o addirittura abbandonano gli studi”.
E, conclude la ricerca, un’alta percentuale di questi bambini -il 25% in età non scolare, il 40% per i più grandi – presentano problemi psicologici che necessitano una valutazione clinica e che “possono interferire con la capacità di apprendimento, l’autoregolamentazione emotiva, le capacità cognitive e di relazioni sociali”.