La storia di un teatro è prima di tutto una storia di cultura, di identità. Le radici di una città, o più in generale di una nazione, solo legate indissolubilmente a quelle dei suoi protagonisti e alle istituzioni che hanno contribuito a creare. 
 
Como, piccolo centro a pochi chilometri da Milano e dal confine svizzero, vive questo inizio di 2015 sotto i migliori auspici: il suo storico teatro, il Politeama, costruito nel 1909 e per anni in stato di abbandono e disuso, sembra aver trovato alcuni investitori disposti a riportarlo agli antichi fasti. A dare la notizia il sindaco della piccola città lacustre, Mario Lucini, che tuttavia non ha fornito alcun dettaglio su chi siano i finanziatori e su che cifra si aggiri il valore dell’investimento. 
 
La vicenda comincia nel 2005, quando il teatro si trova obbligato a chiudere i battenti, lasciando senza voce un’istituzione che per quasi in secolo ha ospitato alcune delle più importanti occasioni culturali e segnato  la storia della sua cittadina.
 
Intellettuali ed esponenti culturali comaschi, tra cui lo scrittore Federico Roncoroni, non ci stanno, e il caso del Politeama raggiunge i quotidiani e le emittenti locali, nutrendo le speranze di chi vorrebbe rivederlo aperto al pubblico.
 
Due le possibili soluzioni al vaglio del comune: la prima consisterebbe nella vendita del teatro a chi fosse in grado di addossarsi la totalità delle spese, mentre la seconda ipotesi riguarda una concessione che farebbe ricadere sul locatario l’onere di una ristrutturazione integrale, in cambio della possibilità di gestire la struttura a titolo gratuito per un numero di anni proporzionali all’impegno economico assunto.
 
I soldi necessari per entrambe le operazioni sono molti, e oggi, complice la situazione nazionale, non è scontato trovare un privato disposto ad affrontare una spesa simile. Il Politeama ha una capienza di 1300 posti a sedere, è dotato di un caffè ristorante, un albergo con 14 camere e, sul retro, un vecchio café chantant,  che ospitava spettacoli di varietà, inaugurato nel 1911. 
 
L’auspicio è che la cultura torni ad essere la priorità e la ricchezza su cui puntare in questo nuovo anno. 

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