Vista panoramica di Pitigliano. Abitata già dagli Etruschi e dai Romani, divenne un importante centro nel XV secolo (Ph Felix Wolf da Pixabay)

Gli antichissimi ghetti ebraici di Venezia e Roma sono due dei più noti fulcri della vita e della memoria israelita in Italia. Ma nel cuore delle colline toscane della provincia di Grosseto, a Pitigliano, c’è uno chiamato “la piccola Gerusalemme”.

Guidare per le stradine toscane ha il fascino americano del “non-importa-dove-vado, ciò che conta è il viaggio”. Messomi al volante dal borgo di Arcidosso, è tutto un susseguirsi di curve e natura. Un’oretta scarsa di strada, con tappa obbligata nel suggestivo borgo di Sorano, arroccato e scavato nel tufo, finalmente entro a Pitigliano. Lasciata la macchina fuori dalle mura, cammino su un ponticello in pietra a metà strada tra un ponte levatoio e una sopraelevata più moderna.
Potrei azionare Google Maps e scoprire subito i facili segreti della cittadella, e invece scelgo di affidarmi alle indicazioni della cartellonistica locale, così in un attimo mi ritrovo a passeggiare per viale Marghera, giungendo nella “Piccola Gerusalemme”, il quartiere ebraico a pochi passi dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo.

Pitigliano ospita una storica comunità ebraica e conserva una sinagoga e un museo (Ph. L.Ferrari)

Le prime tracce della comunità risalgono alla fine del XIII secolo, quando dopo le restrizioni imposte dalle bolle papali ne rimasero esenti solo alcuni feudi indipendenti tra Toscana e Lazio, come per l’appunto la contea di Pitigliano degli Orsini. Grazie alla potente famiglia romana, la comunità poté svilupparsi, e così anche dopo l’annessione del territorio ai domini dei Medici. Fu allora che altri ebrei giunsero da altre comunità tra cui Scansano, Piancastagnaio e Proceno e in seguito anche da Santa Fiora e Sorano, facendo di Pitigliano l’unica comunità ebraica in Maremma. La realtà crebbe fino a un’inevitabile diaspora verso centri maggiori per poi sprofondare nell’inferno del secondo conflitto mondiale. Un punto senza ritorno per l’umanità che non interruppe però il legame cristiano-ebraico di Pitigliano. Se già nel 1799 la comunità cattolica era scesa ad aiutare i concittadini ebraici dalle mire di saccheggio militare, durante i tragici anni del Fascismo, in molti si impegnarono per la salvezza della comunità, a rischio anche della vita.

Indossato il kippah, che per questioni di covid devo acquistare, inizio la visita dalla sinagoga, che vide il Granduca Leopoldo II di Toscana nell’aprile dell’anno 5589 del calendario ebraico, e nel 1829 del gregoriano. Un tempio raccolto, che fino agli ’30 del Novecento ospitò una settantina di persone. Di lì in poi le cose cambiarono. Costruito nel 1598, negli anni Sessanta l’edificio crollò e fu ricostruito nel 1995 grazie all’intervento del Comune di Pitigliano. Visite a parte, oggi è utilizzato raramente per le tipiche cerimonie ebraiche (matrimoni, bar-mitzvà).
Proseguo la visita nell’antico forno delle azzime, utilizzato una volta l’anno negli otto giorni di Pasqua per la preparazione dei dolci e del pane azzimo. Una tradizione che venne bruscamente interrotta, così come ogni altra forma di espressione ebraica, nel 1939 con l’introduzione in Italia delle leggi razziali. La mia attenzione si posa poi sul bagno rituale (di purificazione) miqvè, la cantina e il macello kasher, l’antica tintoria/conceria e il museo della cultura ebraica.

Interno della Sinagoga di Pitigliano (Ph. L.Ferrari)

Oggi la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della Comunità ebraica di Pitigliano sono portate avanti con passione dall’associazione “La Piccola Gerusalemme”.
Parlare di ebrei senza incappare nelle atroci persecuzioni nazifasciste purtroppo è impossibile, e anche nella Gerusalemme toscana non mancano testimonianze di quell’atroce periodo. Neanche la comunità locale riuscì a sfuggire ai tentacoli mortali di Hitler e Mussolini. A imperitura memoria, una lapide ricorda i 22 deportati di Pitigliano nei campi di sterminio. Nessuno fece ritorno. Perirono tutti.

“Meditate che questo è stato”. C’è questa frase di Primo Levi alla fine dell’elenco. Guardo quei nomi e provo immaginare l’orrendo urlo della Gestapo e i collaborazionisti delle Camice Nere lungo queste incantevoli stradine in pietra. Pitigliano è un piccolo comune sulle colline grossetane. In quest’epoca di pace è difficile credere sia avvenuto tutto questo. Non va dimenticato. Non dovrà mai essere dimenticato. Secoli di integrazione furono spazzati via dalla follia più assassina. Concludo il giro. Ad accogliermi fuori, la quiete del borgo toscano. Il sole batte ancora caldo. I negozi sono aperti. C’è qualche turista. Odo qualche vocabolo in francese, in tedesco. L’indistinguibile aspirata toscana. Oggi camminiamo tutti amici. La Storia ha fatto il suo corso. L’umanità e la cultura hanno trionfato sull’orrore.


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