The Gran Madre di Dio Church, in Turin, made entirely in Monregalese marble (Photo: Marco Ciannarella/Dreamstime)

Located on the westernmost corner of the country, the region of Piedmont is mostly known for its wines and food. Motherland to internationally known Barolo, Dolcetto, Barbera and Nebbiolo, and of some of Italy’s most delicious cheeses — especially if you like sheep and goat cheese — we often forget it’s also a place of immense natural beauty (hello, Alps and Langhe hills!), great artistic interest (there isn’t quite anything in Italy as elegant as Turin city center, to be honest) and history (this is where unified  Italy was conceived, let’s not forget).

The province of Cuneo, known locally as la Granda,  “the large one,”  because of its extension, is the home of white truffles and offers some of the most picturesque views on the Alps you can imagine. Those idyllic, timeless photos of villages perched on top of rolling hills, with snow-capped mountains embracing the horizon are usually taken here.

Forgive me, if I sound biased when I speak about Piedmont and la Granda, but this is where I was born and where I happily came back, after half a life spent working abroad and traveling around the world: it may be rural and we Cuneesi,  with our sense of discretion, old fashioned manners, and surliness, are a far cry from our friendly, sunny siblings from the South, but we’re not that bad, believe me.  We are just a bunch of benevolent curmudgeons.

When thinking about my region, as I was saying, a lot of things come to mind, but marble quarries are certainly not among them: that’s only in Tuscany, right? Wrong, because marble and stone extraction has been a huge activity in the province of Cuneo since Roman times: let’s face it, where there’s a mountain, there’s some good stone to build with and carve.

In particular, it is the Monregalese area,  the southwest part of the province, to be known for the quality and beauty of its marble, which has been used for centuries in architecture not only in Italy but also around Europe and the world.

Pietra di Langa (Photo: Lucagal/Dreamstime)

Who would have guessed? Archaeological findings demonstrate that extraction and use of local marble were already common in Roman times. The colored ones — black, red, purple, yellow — became very popular especially during the baroque period, starting in the later decades of the 16th century and all the way to the 17th and 18th.  Vico stone (or pietra di Vico) was widely utilized by architect Ascanio Vitozzi starting around 1590, when he selected it to renovate the citadel in Mondovì, the largest town in the Monregalese area and, then, in 1597 for building and decorating the Santuario di Vicoforte,  dedicated to the Monte Regalis  Virgin, a breathtaking example of early Piedmontese baroque architecture that boasts the largest elliptical cupola in the world and amazing trompe l’oeil frescoes.

During the 17th century, Monregalese marbles made their first appearance in the regional capital — and home to the Savoias, Turin. Yellow marble from Frabosa was used in the churches of  Santa Maria al Monte, Santa Teresa,  San Lorenzo, and, later in the 18th century,  in the Sant’ Umberto Chapel at Venaria Reale Castle, one of the Savoias’ residences part of UNESCO’s world heritage. And it is, indeed, the 18th century to mark the apex of Monregalese marble popularity in art and architecture, especially of its colored variety, such as the persichino of Val Casotto and Val Corsaglia, which seminal baroque architect Filippo Juvarra (1678-1736) used largely in Piedmont — his are, among others,  the basilica of Superga, just above Turin, Palazzo Madama in Turin, Stupinigi palace — and abroad, namely for the Royal Palace of La Granja de San Ildefonso, some 50 miles north of  Madrid. In the same period, other precious marbles from the province of Cuneo, albeit not strictly from the Monregalese area, became famous, including Busca’s alabaster and Valdieri’s bardiglio. However, the most common remained Monregalese Frabosa’s bigio ubiquitously used across the region of Piedmont.

By the 19th century, the fame of Monregalese marbles was well established, to the point that one of the most iconic — and to some, mysterious — buildings in Turin, the Gran Madre di Dio church, was fully built with them.

An alley in the city of Cuneo (Photo: Gkuna/Dreamstime)

Slowly, but steadily, we made it to the  20th century, when Monregalese marbles, more specifically the Cipollino dorato (golden Cipollino) quarried in the Maritime Alps in the Valdieri area, crossed the borders of Italy to make notable appearances around the world, in London (County Hall Council Chamber and Westminster Cathedral), Sofia (Bulgaria, Military Academy palace), Tripoli  (Lybia, Sidi Hamuda mosque), Bangkok (Thailand, Royal Palace), Buenos Aires (Argentina, Leloir Palace) and Avana (Cuba, Government Palace).

Today, 219 businesses operate in the marble and stone sector in the Cuneo province, which includes all types of activities, from quarrying and mining to carving and sculpting. These are present across the territory, but especially in the Barge-Bagnolo and Alba areas, known respectively for luserna and Langa stone. A lesser-known business activity for the region, but one deeply connected with its territory, history, and certainly noteworthy.

Situata nell’angolo più occidentale del Paese, la regione del Piemonte è conosciuta soprattutto per i suoi vini e il suo cibo. Patria di Barolo, Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, conosciuti a livello internazionale, e di alcuni dei formaggi più deliziosi d’Italia – soprattutto se piacciono quelli di pecora e capra – spesso ci si dimentica che è anche un luogo di immensa bellezza naturale (ecco le Alpi e le colline delle Langhe!), di grande interesse artistico (ad essere onesti non c’è niente in Italia di così elegante come il centro di Torino) e di storia (è qui che è stata concepita l’Italia unita, non dimentichiamolo).

La provincia di Cuneo, conosciuta localmente come la Granda, “la grande”, a causa della sua estensione, è la patria del tartufo bianco e offre alcune delle viste più pittoresche sulle Alpi che si possano immaginare. Sono di solito scattate qui quelle foto idilliache e senza tempo di villaggi arroccati in cima a dolci colline, con le montagne innevate che abbracciano l’orizzonte.

Perdonatemi se sembro di parte quando parlo del Piemonte e de la Granda, ma è qui che sono nata e dove sono felicemente tornata, dopo mezza vita passata a lavorare all’estero e a viaggiare per il mondo: sarò anche ruvida e noi Cuneesi, con il nostro senso della discrezione, i nostri modi all’antica e la nostra scontrosità, siamo ben lontani dai nostri simpatici e solari fratelli del Sud, ma non siamo così male, credetemi. Siamo solo un gruppo di benevoli bisbetici.

Quando si pensa alla mia regione, come dicevo, vengono in mente molte cose, ma le cave di marmo non sono certo tra queste: quelle ci sono solo in Toscana, giusto? Sbagliato, perché l’estrazione del marmo e della pietra è un’attività enorme nella provincia di Cuneo fin dall’epoca romana: diciamocelo, dove c’è una montagna, c’è qualche buona pietra con cui costruire e scolpire.

In particolare, è la zona del Monregalese, la parte sud-ovest della provincia, ad essere conosciuta per la qualità e la bellezza del suo marmo, utilizzato da secoli nell’architettura non solo in Italia, ma anche in tutta Europa e nel mondo.

Chi l’avrebbe mai detto? I ritrovamenti archeologici dimostrano che l’estrazione e l’uso del marmo locale erano già comuni in epoca romana. Quello colorato – nero, rosso, viola, giallo – divenne molto popolare soprattutto durante il periodo barocco, a partire dagli ultimi decenni del XVI secolo e fino al XVII e XVIII. La pietra di Vico fu ampiamente utilizzata dall’architetto Ascanio Vitozzi a partire dal 1590 circa, quando la scelse per ristrutturare la cittadella di Mondovì, la più grande città del Monregalese e, poi, nel 1597 per costruire e decorare il Santuario di Vicoforte, dedicato alla Vergine del Monte Regalis, un esempio mozzafiato del primo barocco piemontese che vanta la più grande cupola ellittica del mondo e sorprendenti affreschi trompe l’oeil.

Durante il XVII secolo, i marmi monregalesi fecero la loro prima apparizione nel capoluogo regionale, e casa dei Savoia: Torino. Il marmo giallo di Frabosa fu usato nelle chiese di Santa Maria al Monte, Santa Teresa, San Lorenzo e, più tardi nel XVIII secolo, nella Cappella di Sant’Umberto al Castello di Venaria Reale, una delle residenze dei Savoia che fa parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Ed è, infatti, il XVIII secolo a segnare l’apice della popolarità del marmo monregalese nell’arte e nell’architettura, soprattutto della sua varietà colorata, come il persichino della Val Casotto e della Val Corsaglia, che il seminale architetto barocco Filippo Juvarra (1678-1736) utilizzò in gran parte in Piemonte – suoi sono, tra gli altri, la Basilica di Superga, appena sopra Torino, Palazzo Madama a Torino, Palazzo Stupinigi – e all’estero, in particolare il Palazzo Reale di La Granja de San Ildefonso, circa 50 miglia a nord di Madrid. Nello stesso periodo divennero famosi altri marmi preziosi della provincia di Cuneo, anche se non strettamente monregalesi, tra cui l’alabastro di Busca e il bardiglio di Valdieri. Tuttavia, il più diffuso rimase il bigio monregalese di Frabosa onnipresente in tutto il Piemonte.

Nel XIX secolo, la fama dei marmi monregalesi era ben consolidata, al punto che uno degli edifici più iconici – e per alcuni misteriosi – di Torino, la chiesa della Gran Madre di Dio, fu interamente costruito con essi.
Lentamente, ma progressivamente, siamo arrivati al XX secolo, quando i marmi monregalesi, più specificamente il Cipollino dorato estratto nelle Alpi Marittime nella zona di Valdieri, hanno attraversato i confini dell’Italia per fare notevoli apparizioni in tutto il mondo, a Londra (County Hall Council Chamber e Cattedrale di Westminster), a Sofia (Bulgaria, palazzo dell’Accademia Militare), a Tripoli (Libia, moschea Sidi Hamuda), a Bangkok (Thailandia, Palazzo Reale), Buenos Aires (Argentina, Palazzo Leloir) e Avana (Cuba, Palazzo del Governo).

Oggi in provincia di Cuneo operano 219 imprese nel settore del marmo e della pietra, che comprendono tutti i tipi di attività, dall’escavazione ed estrazione all’intaglio e alla scultura. Queste sono presenti in tutto il territorio, ma soprattutto nelle zone di Barge-Bagnolo e Alba, note rispettivamente per la pietra di luserna e di Langa. Attività commerciali meno conosciute per la regione, ma profondamente legate al territorio, alla storia e sicuramente degne di nota.


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