According to the peoddddple at the Istituto Treccani — one of Italy’s most prestigious cultural institutions — there are 270,000 words in the Italian language, and that’s without considering the declined and conjugated variations of them, in which case, the number rises considerably.
Indeed, Italian is a rich and beautiful language, but its current situation is more complex and varied than it may appear at first sight. Of those 270,000 words, the average Italian uses only about 47,000: we call them our lessico comune, or everyday lexicon. These are words we know and use with ease, but that are not necessarily basic. Let’s say we use most of them to make our way of speaking and writing richer and more complex.
If we take an even closer look at how we talk and write, we quickly realize our everyday lexicon is even smaller, and counts only about 2,000 words! We call this lessico fondamentale, or fundamental lexicon, and it consists of extremely common words, whose meaning we know since we are children. Regardless to our level of education, 90% of our everyday chats and talks is made up of it: words like cosa, il, a, and vedere are part of this category. When we go to school, we learn other terms, which become part of our lexical knowledge: words like idiota, impaurire or impianto form the lessico di alto uso, or words everyone knows, but we don’t use as often as the lessico fondamentale. Last but not least, we have another 1,900 words that aren’t as common as others from the previous categories, but everyone understands: we call this lessico di alta disponibilità, and includes words like forchetta, pepe or asino used to signify “stupid.”
All this to say our language is varied, complex and multi-layered, and this is what makes it really beautiful. Yet, things have been changing in recent years, with linguists complaining about the way the vocabulary of Italy’s everyman and everywoman has been getting smaller and smaller, courtesy of an increasingly deficient schooling system and the overall simplification of the way we communicate, especially via social media. A direct result of it is that many beautiful words of our vocabulary are so little used they are in danger of disappearing.
This is where Zanichelli’s recent initiative Parole da Salvare (#paroledasalvare) comes in. According to Zanichelli’s specialists, there are 3,126 words in our language used so little they are at risk of being forgotten, in favor of far more common, but not as nuanced and rich in meaning ones,. The aim of the initiative is to rediscover little used lexical items and to make them once again part of our everyday vocabulary.
The project has been developing on several different levels, the most curious and interesting being, without a doubt, the Parole da Salvare Tour. Since the end of September, a large, itinerant and interactive dictionary has been traveling through the peninsula to rise people’s interest in neglected Italian words and expressions: in what Zanichelli calls Area Z, an area a lessico illimitato — where there is no restriction of lexicon — people can choose a neglected word and “adopt it,” becoming responsible for using it correctly in their everyday interactions. The words available are presented on a touch screen, from where they can be posted on social media to increase their visibility.
If you are part of a more analogical generation, you can also get proper, old fashioned post cards, each dedicated to a word to save, which you can send to whomever you like.
The first stop of the tour was Milan, followed by Turin and Bologna, where it was met with great success. At the moment, and until the 19th of October, Area Z is in Florence, and will then touch upon two great cities of the Italian South: Bari (21-26 October) and Palermo (31 October – 7 November). To increase its visibility and, indeed, to enter the most important place to be when it comes to teaching and learning the Italian language, Parole da Salvare is also active each of the cities’ schools.
But what are, practically, Italy’s words in need to be rescued? There are plenty of examples, actually. For instance, we the word abbindolare — from the term bindolo, a part of the spinning wheel — which means ingannare, to deceive. Or we could pick the word sciatto, sloppy or shabby, instead of the more common trascurato. We could surprise our interlocutors with the funny-sounding salamelecchi, an overly flattering type of speech, or call the water coming out of a fountain zampillo. With more than 3,000 words to be rescued, the choice is huge, really. As an incise, Zanichelli will mark each of them with a little flower sign on their next Italian language dictionary, which is coming out in 2020.
Languages are living entities and it’s only natural they evolve and change in time, keeping in pace with the world around. At the same time, it is essential for them to maintain the complexity and richness that made them beautiful, and contributed to create their literature and expressivity. The way we speak and write tells a lot about who we are, but it can also become a way to support and protect our own history, culture and heritage. That’s why Parole da Salvare’s importance goes beyond the project itself and the time it will be in our squares: maybe we should all make a promise to our Italian roots and “adopt” a lesser known word even if Parole da Salvare won’t come to our doorstep, just to make sure it won’t be lost to yet another foreign loan or ugly neologism. Just to protect what’s ours and defines us as Italians.
Secondo gli addetti ai lavori dell’Istituto Treccani – una delle istituzioni culturali più prestigiose d’Italia – le parole della lingua italiana sono 270.000, senza considerare le variazioni declinate e coniugate, nel qual caso il numero aumenta notevolmente.
Infatti, l’italiano è una lingua ricca e bella, ma la sua situazione attuale è più complessa e variegata di quanto possa apparire a prima vista. Di quelle 270.000 parole, l’italiano medio ne usa solo 47.000: le chiamiamo lessico comune. Sono parole che conosciamo e usiamo con facilità, ma che non sono necessariamente di base. Diciamo che ne usiamo la maggior parte per rendere il nostro modo di parlare e scrivere più ricco e complesso.
Se diamo un’occhiata ancora più da vicino a come parliamo e scriviamo, ci rendiamo subito conto che il nostro lessico quotidiano è ancora più ridotto, e conta solo circa 2.000 parole! Noi lo chiamiamo lessico fondamentale, e consiste di parole estremamente comuni, il cui significato lo conosciamo fin da bambini. Indipendentemente dal nostro livello di istruzione, il 90% delle nostre conversazioni e dei nostri discorsi quotidiani è costituito da parole come cosa, il, a, e vedere fanno parte di questa categoria.
Quando andiamo a scuola, impariamo altri termini, che diventano parte delle nostre conoscenze lessicali: parole come idiota, impaurire o impianto formano il lessico di alto uso, o parole che tutti conoscono, ma non le usiamo così spesso come il lessico fondamentale. Infine, ma non meno importante, abbiamo altre 1.900 parole che non sono così comuni come quelle delle categorie precedenti, ma tutti le capiscono: lo chiamiamo lessico di alta disponibilità, e include parole come forchetta, pepe o asino usato con il significato di “stupido”.
Tutto questo per dire che il nostro linguaggio è vario, complesso e multistrato, ed è questo che lo rende davvero bello. Eppure, le cose sono cambiate negli ultimi anni, con i linguisti che si lamentano del modo in cui il vocabolario degli italiani e delle italiane si è andato riducendo, a causa di un sistema scolastico sempre più carente e della semplificazione complessiva del nostro modo di comunicare, soprattutto attraverso i social media. Il risultato diretto è che molte belle parole del nostro vocabolario sono così poco usate che rischiano di scomparire.
È qui che entra in gioco la recente iniziativa di Zanichelli Parole da Salvare (#paroledasalvare). Secondo gli specialisti di Zanichelli, ci sono 3.126 parole nel nostro linguaggio che sono usate così poco che rischiano di essere dimenticate, a favore di parole molto più comuni, ma non così sfumate e ricche di significato. Lo scopo dell’iniziativa è riscoprire gli elementi lessicali poco usati e di farli rientrare ancora una volta nel nostro vocabolario quotidiano.
Il progetto si è sviluppato su diversi livelli, il più curioso e interessante è senza dubbio il Parole da Salvare Tour. Dalla fine di settembre, un grande dizionario itinerante e interattivo percorre la penisola per suscitare l’interesse per le parole e le espressioni italiane trascurate: in quella che Zanichelli chiama Area Z, un’area a lessico illimitato – dove non ci sono limiti al lessico – le persone possono scegliere una parola trascurata e “adottarla”, assumendosi la responsabilità di usarla correttamente nelle interazioni quotidiane. Le parole disponibili sono presentate su un touch screen, da dove possono essere pubblicate sui social media per aumentarne la visibilità.
Se fate parte di una generazione più analogica, potete anche ricevere delle vere e proprie cartoline, ognuna dedicata ad una parola da salvare, che potrete inviare a chi vorrete.
La prima tappa del tour è stata Milano, seguita da Torino e Bologna, dove ha riscosso un grande successo. Al momento, e fino al 19 ottobre, Area Z è a Firenze, per poi toccare due grandi città del Sud Italia: Bari (21-26 ottobre) e Palermo (31 ottobre – 7 novembre). Per aumentare la sua visibilità e, anzi, per entrare nel luogo più importante per l’insegnamento e l’apprendimento della lingua italiana, Parole da Salvare è attiva anche in ciascuna delle scuole delle città.
Ma quali sono, in pratica, le parole italiane da salvare? Ci sono molti esempi, in realtà. Una è la parola abbindolare – dal termine bindolo, una parte del filatoio – che significa ingannare. Oppure potremmo scegliere la parola sciatto al posto del più comune trascurato. Potremmo sorprendere i nostri interlocutori con i divertenti salamelecchi, un tipo di discorso eccessivamente lusinghiero, o chiamare l’acqua che esce da una fontana zampillo. Con più di 3.000 parole da salvare, la scelta è enorme, davvero. Per inciso, Zanichelli segnerà ognuna di esse con un piccolo segno floreale sul prossimo dizionario della lingua italiana, che uscirà nel 2020.
Le lingue sono entità viventi ed è naturale che si evolvano e cambino nel tempo, tenendosi al passo con il mondo circostante. Allo stesso tempo, è essenziale per loro mantenere la complessità e la ricchezza che le ha rese belle, contribuendo a creare la loro letteratura e la loro espressività. Il modo in cui parliamo e scriviamo racconta molto di chi siamo, ma può anche diventare un modo per sostenere e proteggere la nostra storia, la nostra cultura e il nostro patrimonio. Ecco perché l’importanza di Parole da Salvare va al di là del progetto stesso e del tempo che starà nelle nostre piazze: forse dovremmo tutti fare una promessa alle nostre radici italiane e “adottare” una parola meno conosciuta anche se Parole da Salvare non arriverà a casa nostra, solo per non perderla a favore di un altro prestito estero o di un brutto neologismo. Solo per proteggere ciò che è nostro e che ci definisce italiani.
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