Anno d’oro, il 2015, per le esportazioni di Parmigiano Reggiano. In dodici mesi i flussi sono aumentati del 13,2%, facendo segnare il più rilevante incremento dell’ultimo decennio.
La quota di prodotto destinato ai mercati internazionali è così salita al 35% sul totale, collocandosi a 46.700 tonnellate, corrispondenti a 1.150.000 forme.
“In un solo anno – spiega il direttore del Consorzio di tutela, Riccardo Deserti – abbiamo registrato un incremento pari a 130.000 forme, con il prodotto grattugiato che ha fatto segnare un + 15,4%”.
Un autentico exploit che si è registrato nonostante il problema delle imitazioni e dei falsi continui a permanere in diversi Paesi extraeuropei e gli inganni che continuano a perpetuarsi soprattutto negli Usa, dove il ricorso ad elementi di “Italian sounding” su confezioni di prodotto denominato “Parmesan” induce il 67% dei consumatori a ritenere di trovarsi di fronte ad autentico prodotto italiano. Una recente ricerca non lascia dubbi: oltre i due terzi dei consumatori americani sono indotti in inganno.
“L’orientamento dei consumatori verso prodotti di elevata qualità e assolutamente naturali, unitamente ai nuovi accordi con diverse primarie catene distributive e alle azioni di educazione al consumo messe in atto dal Consorzio – spiega Deserti – hanno generato questa crescita senza precedenti e superiore a quella di molti altri prodotti del made in Italy di qualità”.
Nonostante i dati particolarmente positivi, sul futuro il Consorzio mantiene prudenza.
“Abbiamo ampi spazi di crescita – sottolinea il direttore Deserti – ma non dobbiamo sottovalutare alcuni elementi congiunturali favorevoli che nel 2015 hanno pesato su questo rilevante aumento dell’export, soprattutto in relazione all’andamento del dollaro, che ha reso decisamente conveniente l’acquisto di Parmigiano Reggiano”.
Non a caso, dunque, proprio verso gli Usa si è registrato un aumento dell’export del 34% (le forme finite negli States sono state 225.000), tanto che oggi gli Stati Uniti si sono collocati al secondo posto della classifica dei Paesi importatori di Parmigiano Reggiano, scavalcando la Germania e collocandosi già a ridosso della Francia, che resta in vetta alla graduatoria.
Dopo la fase più acuta della crisi economica, che aveva determinato un sensibile calo dei flussi, anche la Grecia è tornata a crescere a doppia cifra (+15%), andando a collocarsi – per percentuale di incremento – alle spalle di Olanda (+20%) e Spagna (+18%).
“Sono dati molto soddisfacenti – dice il direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano – che non debbono però far sottovalutare anche l’incidenza del fattore prezzo sull’andamento dei flussi: sebbene da anni l’export sia in costante aumento, le basse quotazioni all’origine – che solo negli ultimi mesi hanno imboccato la via della ripresa – hanno impresso una maggiore spinta agli acquisti da parte degli operatori esteri, ed ora occorre concentrare ogni sforzo affinchè nel 2016 si consolidi una fidelizzazione di catene e consumatori stranieri anche in condizioni più favorevoli ai nostri allevatori.
L’altro aspetto sul quale vigilare – osserva Deserti – resta l’andamento dei flussi produttivi, che sono apparsi in sensibile ripresa tra fine 2015 e in questi primi mesi del 2016, proprio in coincidenza con il recupero avvenuto e ancora in corso sulle quotazioni all’origine. Le azioni del Consorzio hanno assicurato una costante crescita della domanda dall’estero in questi ultimi dieci anni, ma è evidente che il principio della salvaguardia dell’equilibrio dell’offerta è fondamentale per assicurare una crescita reale dei redditi dei produttori”.
L’Assemblea del Parmigiano Reggiano in aprile ha approvato il bilancio 2015 (21,247 milioni di ricavi e 42.000 euro di utile), che ha registrato un significativo incremento degli investimenti in comunicazione sul mercato interno (+1,2 milioni anche in coincidenza con Expo, per una cifra complessiva di 6,3 milioni) e azioni sull’estero per un importo vicino ai 4 milioni, con le più forti azioni sugli Usa (che hanno chiuso il 2015 con un +34%), Giappone, Francia (primo mercato) e Germania (al terzo posto).