Nel 1962, nemmeno 48 ore dopo il radiomessaggio di Papa Roncalli, Washington riceve la proposta di Chrusčёv: le navi sovietiche con a bordo le testate nucleari pronte per Cuba torneranno indietro a patto di ritirare le testate atomiche americane dalla Turchia e dall’Italia.
Meno di 30 anni dopo, nel 1989 cade il muro di Berlino portandosi giù le prime pesanti macerie della divisione fredda tra Est e Ovest del mondo, dopo un attentato, 8 anni prima, contro Wojtyla che finiva per rafforzare il suo messaggio antitotalitarista.
Credenti o non credenti, è innegabile l’incisività storica di San Giovanni XXIII, il “Papa della docilità allo Spirito” e di San Giovanni Paolo II, il “Papa della famiglia” elevati alla santità da Papa Francesco che ha concelebrato la solenne cerimonia con il Papa emerito Benedetto XVI.
Nella giornata dei quattro Papi, evento unico nella storia della cristianità, è stata proclamata la canonizzazione del secolo.
Di fronte a un milione di fedeli provenienti da tutto il mondo e ad altri due miliardi in mondovisione, è stato ufficializzato un sentimento che il popolo dei credenti nutriva da anni. Già ai funerali di Wojtyla, a pochi giorni dall’ultimo Angelus, muto e affaticato, che commosse il mondo, la folla lo invocava “santo subito”. Roncalli, il “Papa buono” fu considerato santo per la sua umanità, lui che “parlava con la gente” e che ai bambini, con uno struggente discorso alla Luna, chiedeva di portare una carezza.
Questi due Papi hanno avuto un ruolo prepotentemente internazionale. Ma entrambi hanno anche avuto un importante rapporto linguistico con l’italiano.
Il Concilio Vaticano II avviato da Roncalli ha introdotto l’uso delle lingue nazionali al posto del latino nelle celebrazioni liturgiche affinchè si capisse esattamente il senso di quanto professato. Wojtyla invece, salendo al soglio pontificio e affacciandosi dalla Loggia di San Pietro, disse nel suo italiano ancora stentato quanto gli garantirà simpatia immediata e duratura: “Se sbaglio mi corrigerete”.