Tutta l’Europa contro Los Angeles, e divisa in quattro fazioni con Francia, Germania, Italia e Ungheria contrapposte. Lo scenario europeo sembra roba da Prima Guerra Mondiale, evento singolare in tempi di centenario della Grande Guerra, ma per fortuna si tratta solo di sport.
Lo scorso 15 settembre si sono chiusi i termini per la presentazione delle candidature per ospitare le Olimpiadi del 2024. A un anno dai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro 2016, e con i giapponesi già al lavoro per trasformare Tokyo nella location perfetta per il 2020, il Comitato Internazionale Olimpico comincia a lavorare sui dossier preparati dalle cinque città in lizza: Los Angeles, dunque, che sfiderà Amburgo, Budapest, Parigi e soprattutto Roma.
Se per la città tedesca e per la capitale ungherese sarebbe una prima volta, le altre tre (le favorite, inutile dirlo) hanno già una parte della loro storia legata ai Giochi Olimpici: Los Angeles nel 1932 (con i tanti italoamericani che già allora erano sugli spalti a tifare gli atleti azzurri) e nel 1984 (l’anno dei quattro trionfi di Carl Lewis e delle imprese di Abbagnale, Maenza e Alberto Cova), Parigi in tempi molto più lontani, nel 1900 e nel 1924 (per gli appassionati di cinema, Chariots of Fire – Momenti di gloria è ambientato proprio nei giorni di quei Giochi). Per Roma, l’edizione del 1960 più che storia è mito: la vittoria di Livio Berruti nei 200 metri (penultimo bianco a riuscire nell’impresa, l’ultimo fu Pietro Mennea a Mosca), gli ori di Cassius Clay non ancora Muhammad Alì nella boxe e l’arrivo a piedi scalzi di Abebe Bikila sotto l’Arco di Costantino in quella che ancora oggi viene considerata la maratona più bella della storia delle Olimpiadi. La città eterna ci riprovò nel 2004 (perdendo contro Atene), mentre l’ipotesi di concorrere per i Giochi del 2020 venne bloccata dall’austerity imposta dal governo Monti.
A rigor di logica, se l’alternanza promossa negli anni scorsi dal Cio e dalle diverse federazioni mondiali fosse ancora in voga, Los Angeles dovrebbe beneficiare del “turno” del Nordamerica, che non ospita le Olimpiadi dal 1996 (Atlanta), mentre l’Europa ha avuto nello stesso arco di tempo l’edizione del 2004 ad Atene e quella del 2012 a Londra. Una corsia preferenziale favorita dal ritiro all’ultimo secondo della canadese Toronto, fino a poche ore prima della scadenza nel lotto delle pretendenti. Ma si sa, le logiche olimpiche nell’era degli sponsor e dei diritti televisivi prendono direzioni spesso imprevedibili, e abilmente giustificate a posteriori.
Roma spera, anche se gli scandali legati ad assegnazioni poco trasparenti dei lavori pubblici, e qualche disastrosa gestione di eventi sportivi mondiali negli ultimi anni potrebbero rappresentare un ostacolo non da poco. Stavolta le divinità, dall’alto del Campidoglio (quello vero) dovranno fare un gran lavoro per riportare l’Urbe ai fasti di un tempo.