Benvenuta primavera e Buona Pasqua! L’arrivo delle vacanze pasquali ci permette di dedicare del tempo alle cose importanti della vita, come il trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici, e il guardare i bambini mentre cercano i loro tesori di cioccolato nascosti nell’erba verde.
 
La primavera simbolizza rinascita e rigenerazione, un rinnovamento della vita, un senso di speranza. E proprio quel senso di speranza è celebrato e ricordato nelle edizioni di questo mese poiché vi abbiamo presentato degli articoli sul fenomeno dell’emigrazione di giovani italiani in cerca di migliori opportunità lavorative altrove. Guardiamo alle statistiche per stabilire i flussi migratori e sebbene la storia dell’immigrazione sia spiegata meglio da coloro che sono passati per quel cammino, anche le statistiche ci aiutano a comprendere il presente e forse a prevedere il futuro.
 
Si stima che più di quattro milioni di italiani vennero negli Stati Uniti, tra il 1880 e il 1920, facendo dell’emigrazione italiana la più grande in quel periodo in America. Durante la Depressione degli anni ‘30 migliaia di italiani impoveriti continuarono a emigrare in cerca del sogno americano. Per molte di quelle persone, emigrare negli Stati Uniti  era un’opportunità di lavorare con l’idea di risparmiare abbastanza denaro per ritornare a vivere una vita migliore nella terra dove erano nati. C’erano ragioni per ritornare: la famiglia, gli amici e la convinzione che le cose a casa sarebbero infine migliorate.
 
Anche se in confronto a quei tempi avviene raramente, gli italiani emigrano ancora negli Stati Uniti e in modo simile ai nostri giorni, i giovani lasciano l’Italia dove sono nati perché pensano di poter avere la possibilità di una carriera più remunerativa lavorando all’estero. Possiamo anche aggiungere che il fenomeno dell’emigrazione che si può osservare in Italia oggi è più tipico dei paesi sviluppati: l’esodo dell’élite, la cosiddetta “fuga dei cervelli”. Fino a 60.000 giovani italiani lasciano il paese ogni anno; l’Italia sta perdendo un’intera generazione, la giovane élite.
 
Negli anni ’50 e ’60, lavoratori non specializzati con valigie di cartone viaggiarono dal Sud d’Italia oltre le Alpi. Oggi, laureati con diploma e laptops fuggono dal paese. Questa élite è cresciuta con un debito nazionale che ha ora raggiunto i 2 trilioni di euro e un cultura di corruzione e nepotismo.
 
Questi giovani non sono i  primi ad allontanarsi dalla madrepatria, ma in questo tempo di incertezza economica in Italia e in Europa in generale, la perdita di questa piccola, ma importante generazione potrebbe risultare in un ritardato recupero per l’Italia. Data questa prospettiva, non ci si sorprende del fatto che l’Italia tema che questa gioventù disillusa non torni più a casa. 
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