Avete mai sentito parlare di Narnia? È un mondo immaginario popolato da maghi, streghe e personaggi fantastici, creato dallo scrittore britannico Clive Staples Lewis, come scenografia per la sua serie fantasy per ragazzi  dal titolo “Le cronache di Narnia”, pubblicata negli anni Cinquanta del Novecento. 

A questo punto si dirà: cosa c’entra questo argomento con l’Umbria, la regione più verdeggiante d’Italia? C’entra, perché Narnia non è altro che l’antico nome di Narni, una storica, deliziosa cittadina umbra, ricca di monumenti e circondata da verdi campagne, a cui Lewis si è sicuramente ispirato, pur non avendola mai vista. È proprio nel territorio circostante questo borgo arroccato su un colle che si coltiva ancora oggi un vitigno già noto e apprezzato dagli antichi Romani: il Ciliegiolo di Narni.

Siamo in una zona dalle antiche tradizioni nel campo della coltivazione della vite, soprattutto per quanto riguarda il Ciliegiolo, vitigno che è riuscito a sopravvivere grazie alla tenace passione di un gruppo di piccoli produttori che hanno continuato a coltivarlo mentre altrove veniva estirpato per fare spazio a varietà più commerciali. Attualmente gli ettari coltivati sono circa 50 e anche grazie all’Associazione dei Produttori del Ciliegiolo, sta trovando spazio come uno dei rossi più tipici e interessanti del Centro Italia.

Le origini del vitigno sono piuttosto misteriose. Secondo la tradizione pare sia stato portato dalla Spagna nell’800, ma una tesi  più recente lo indica come uva autoctona forse derivante da antiche varietà di “vitis vinifera” che hanno dato origine anche al Sangiovese. Oltre che in Umbria, il Ciliegiolo è diffuso in Liguria e Toscana, dove veniva spesso usato per tagliare il Sangiovese e donare un po’ di morbidezza e note fruttate.
Il nome deriva proprio dall’aroma predominante di ciliegia, che conferisce una caratteristica impronta al bouquet di frutta rossa. Matura presto e produce grappoli abbastanza grandi, con acini dalla buccia sottile. Il vino è di colore rosso rubino dalle sfumature violacee. Al naso presenta freschi aromi di ciliegia, frutta rossa e sottobosco e al palato è armonioso, morbido, poco tannico. Solitamente viene vinificato in acciaio ma a volte viene preferito il  legno per ottenere un vino più strutturato e complesso. Il Ciliegiolo è molto apprezzato all’estero, ma da qualche anno ci si impegna a farlo conoscere alla clientela italiana.

Se si è tornati negli ultimi anni a parlare di questa varietà interessante e caratteristica dell’Umbria, lo si deve a Leonardo Bussoletti, impegnato produttore di Narni. È  sua l’idea devolvere il 10% del ricavato delle vendite del suo Ciliegiolo “05035” al restauro dei dipinti delle 33 grandi lunette presenti all’interno del chiostro dell’ex convento di Sant’Agostino.
L’autore è il narnese Federico Benincasa che ha dipinto dal 1693 le “Storie della vita di santi e beati agostiniani”.

L’apparato decorativo del chiostro è forse opera dello stesso artista che ha realizzato molte pitture all’interno della chiesa, che oggi non è visitabile perché ancora bisognosa di restauri.
La prima lunetta è stata già restaurata e il progetto prevede di recuperarne una all’anno. Il chiostro, da cui si gode un bellissimo panorama sulla valle, è facilmente raggiungibile dal parcheggio con ascensore o scala mobile.

Oltre ad aver iniziato a restaurare il ciclo pittorico del chiostro di Sant’Agostino, Bussoletti, il cui vino Brecciaro ha ottenuto in passato il riconoscimento dei 3 bicchieri della guida Gambero Rosso, intende fare di quel luogo anche una cantina prestigiosa. In uno dei locali del chiostro infatti Bussoletti ha ricavato un prezioso angolo in cui conservare i suoi migliori prodotti e renderlo anche un luogo di aggregazione.
Simone De Turres, il restauratore, ha spiegato  che in realtà  le lunette sono olii su intonaci e non affreschi veri e propri. Ritraggono molti santi tra cui, naturalmente Sant’Agostino ma anche molti altri, come Santa Rita da Cascia.

A Narni c’è molto altro da visitare:  la cattedrale di San Giovenale, il palazzo dei Priori, il ponte d’Augusto, la Rocca Albornoziana e la chiesa di San Domenico nei cui sotterranei è stato scoperto nel 1979 la Narni sotterranea, cioè una serie di ipogei con cisterne, ma anche la sede locale di un tribunale dell’Inquisizione.


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