Non tutti lo sanno, ma per quasi 70 anni la cartolina è stata uno dei mezzi più popolari per la comunicazione amorosa. Se nelle lettere d’amore tradizionali potevano scorrere fiumi d’inchiostro, la cartolina disponeva di uno spazio limitato per il testo, per questo le immagini erano importanti. E poi, allora, non tutti sapevano scrivere o esprimersi. A loro ci pensavano le cartoline, in genere prestampate con frasi convenzionali. 
 
Le cartoline d’amore conobbero una diffusione vastissima a partire dagli anni ‘30, giungevano al destinatario, uomo o donna che fosse, dentro una busta chiusa per evitare ogni compromissione o imbarazzo. Si svilupparono soprattutto come messaggi privati tra amanti segreti o ostacolati, il messaggio d’amore doveva rimanere segreto, perciò la trasmissione avveniva di nascosto, mettendo in modo particolare il francobollo o addirittura scrivendo sotto di esso. Per l’epoca erano considerate “ardite”, anzi, abbastanza scandalose, ma di sicuro effetto. Il bacio con relativa posa, uno sguardo “assassino”, gesti di desiderio appena accennati, ma chiarissimi e allusivi, tutto era proibito e considerato “audace”… 
 
Durante la prima guerra mondiale, era d’uso che i soldati al fronte si facessero fotografare in divisa, poi affrancavano il loro ritratto, e con qualche pensiero d’amore lo spedivano alla fidanzata. Qualche collezionista sostiene che la cartolina d’amore, sia la discendente povera di quei bigliettini che nel Settecento i nobili inglesi, francesi e italiani si scambiavano tra di loro come gioco di società, con sopra frasi d’augurio, motti scherzosi, proverbi, versi leggermente osé, impreziositi da ghirigori e allegorie. Quanti sospiri, quanti abbracci, capelli impomatati e labbra vermiglie! 
 
Le cartoline d’amore percorrono così tutto il Novecento, con la loro grafica, spesso ritoccata e ricolorata da mani esperte, con le frasi vergate a mano sul retro, che ricordano nelle parole l’eco di D’Annunzio e l’impertinenza delle poesie di Gozzano. 
 
Negli Anni Sessanta, quando la produzione delle “cartoline d’amore” era fiorentissima (se ne stampavano 50 milioni di pezzi l’anno), Cesare Marchi sulla “Domenica del Corriere” si chiedeva: “I giovani d’oggi scrivono lettere d’amore? L’epistolografia amorosa, genere letterario fiorentissimo nei tempi andati, sta davvero morendo?”. E commentava: “Oggi non si scrive quasi più, si telefona”. Sembra un commento dei nostri giorni: i giovani d’oggi non soltanto non scrivono più, ma nemmeno si telefonano. Oggi si dichiarano e si lasciano con un semplice sms!
 
A Palazzo Valignani di Torrevecchia Teatina, in provincia di Chieti, c’è un museo unico al mondo: il Museo della Lettera d’amore.
 
Se lo si visita, si rimarrà affascinati da una mostra di cartoline d’amore d’epoca, appartenute al collezionista Renato D’Amario. Si tratta di circa 160 cartoline d’amore di diverse epoche, a partire dai primi del Novecento. Le più interessanti sono quelle in bianco e nero dipinte a mano, ma anche quelle di illustratori notevoli, Fiorenzo Duilio Guerzoni (Crevalcore, 1883-1963), Carlo Stragliati (Milano, 1868-1925), Domenico Mastroianni (Arpino, 1876 – Roma, 1962), Jan Styka (Lwow, Polonia, 1858 – Roma 1925) e molti altri (Gotti, Monastier, M. Santino, Okon, qualcuno il cui nome deve ancora essere individuato); notevoli le riproduzioni di opere di artisti famosi, da Jean-Francois Millet a Goya, ad Albert Besnard, a Charles Chaplin (da non scambiare con il famoso regista Charlie) pittore francese (1825-1891). 
 
Le cartoline non sono solo italiane ma anche di altre nazioni, alcune raffigurano dive dell’epoca, come Annita Di Landa, sciantosa nata a Torino nel 1875, che posò giovanissima per lo scultore Grosso. Scritturata da una compagnia di prosa, passò in seguito al caffè-concerto. Nel 1897 si era già fatta notare e nel 1900 era affermatissima come canzonettista. Altezzosa e popolarissima, una sera proibì a Ettore Petrolini, che in seguito l’avrebbe definita “la Cecil Sorel” del Caffè-concerto, di chiudere lo spettacolo, sino a che il popolarissimo attore romano si rassegnò a improvvisare un duetto con lei. 
 
Ma altre storie ci riportano a tempi lontani che però restituiscono il clima in cui quelle cartoline furono realizzate. Come quella di Lise Fleuron, nome d’arte di Marguerite Rauscher, nata a Parigi nel 1874, interprete di spettacoli dell’Alcazar e del caffè degli Ambasciatori. Gli abiti a fiori stile liberty e i décolletés fecero la sua fortuna. 
 
 In un’altra cartolina, Tina Di Lorenzo e Armando Falconi. Tina, nata a Torino nel 1872, figlia del marchese Corrado Di Lorenzo e dell’attrice napoletana Amelia Colonnello, dama di corte della regina Elena di Savoia, calcò le scene fin da bambina. Il successo le arrise nel 1888 al Teatro Rossini di Napoli. Possedeva una rara bellezza, voce melodiosa e modi da gran signora nonostante la giovane età: si meritò da parte dei suoi adoratori il soprannome di “Angelicata”. Nel 1901 sposò il cugino Armando Falconi, attore anche lui: la loro storia d’amore nacque durante una tournée in Ungheria, nel corso della quale lui la difese dagli attacchi di un giornalista che dipingeva la De Lorenzo con toni poco lusinghieri. A seguito di un duello combattuto ad armi bianche, Falconi ebbe la meglio tanto da meritarsi l’amore della cugina, dal quale nacque il figlio Dino. Insieme recitarono in numerose compagnie teatrali a Milano e Roma e anche in una pellicola cinematografica, nel 1915: La scintilla di Eleuterio Rodolfi.

Receive more stories like this in your inbox