Comprendere e mettere a punto strategie, approcci ed esperienze per l’utilizzo dei videogame nei musei. Se ne è discusso a Palazzo Massimo di Roma nel corso di una giornata di studi organizzata dal Ministero per i beni e le attività culturali, dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), dall’Istituto Luce-Cinecittà e da RomeVideoGameLab.

L’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Cnr (Cnr-Itabc) lavora da 20 anni nel settore delle applicazioni interattive e ha sperimento diversi progetti collocandoli all’interno di musei. “Per poter funzionare, un progetto interattivo deve innanzitutto essere accessibile e  soggetto a manutenzione costante”, spiega Sofia Pescarin, ricercatrice Cnr-Itabc. “Altro aspetto da non sottovalutare riguarda la progettazione degli spazi, ovvero il museo e il progetto tecnologico non possono andare in direzioni diverse, ma devono comunicare e fare in modo che la tecnologia venga inserita in modo armonico all’interno dell’allestimento tradizionale. Un ultimo elemento che sarebbe auspicabile sperimentare è quello legato alla creazione di nuovi spazi,  di ‘bolle’ in cui i visitatori possano distaccarsi, disconnettersi, utilizzando la tecnologia per aumentare l’attenzione, la riflessione e anche l’autoriflessione”.

La giornata è stata anche l’occasione per un confronto sulla necessità di adeguare le norme giuridiche alle nuove forme di organizzazione tecnologica nei musei. “Attualmente, in Italia, abbiamo delle norme, delle prassi di comportamento, che sono nate in un contesto, quale quello di 30 anni fa nel mondo del patrimonio culturale, che non aveva ancora conosciuto l’evoluzione digitale”, precisa Augusto Palombini, ricercatore Cnr-Itabc. “La presenza della rete oggi pone dei problemi assolutamente nuovi dal punto di vista delle riproduzioni del nostro patrimonio ma anche dello sfruttamento dei modelli 3d dei nostri tesori. Tutto ciò va affrontato con strumenti più moderni e con la consapevolezza che siamo veramente alla vigilia di un’epoca che potrebbe anche cambiare economicamente le nostre prospettive, perché la quantità del nostro patrimonio è qualcosa che può incidere positivamente anche sul nostro prodotto interno lordo”.


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