Nato a Paternò, in provincia di Catania, il 27 settembre 1976, Luca Parmitano risiede a Houston con la moglie Kathleen Dillow e le due figlie, Sara e Maia. Insignito della Medaglia d’Argento al Valore Aeronautico dal Presidente della Repubblica Italiana nel 2007, è maggiore dell’Aereonautica Militare Italiana, pilota sperimentatore e dal 2009 astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea.
Ambasciatore del semestre di presidenza italiano dell’Unione Europea dal primo luglio 2014, è stato assegnato come ingegnere di volo per la missione di lunga durata sulla Stazione Spaziale Internazionale, durata 166 giorni, dal 28 maggio all’11 novembre 2013. Nel corso della sua missione, battezzata “Volare’’ in omaggio a Domenico Modugno, ha portato a termine oltre venti esperimenti, ha preso parte all’attracco di quattro navette ed è stato il primo astronauta italiano a compiere attività extraveicolari.
Raggiunto telefonicamente, ecco cosa ha detto Luca Parmitano nell’intervista esclusiva per L’Italo Americano:
Dalla Sicilia allo spazio passando, grazie ad un programma di scambio interculturale da ragazzo, per Mission Viejo in California. Un passaggio che si è dimostrato importante per il suo percorso sia professionale che personale.
Sicuramente. L’esperienza vissuta a 16-17 anni fa parte integrante del percorso che mi ha portato oggi ad essere qui. E il fatto che poi abbia lì conosciuto quella che è diventata la mia compagna di vita ne fa qualcosa di ancora più straordinario. Il mio consiglio, in questo senso, è quello di esporsi a questo tipo di esperienza perché viaggiare, vivere all’estero significa mettersi in gioco, innamorarsi di altre culture, apprendere un’altra lingua, che vuol dire aprire una finestra su un mondo completamente sconosciuto e diverso dal nostro.
Queste esperienze ci cambiano come persone, ci rendono migliori, più esperti, tutti aspetti che ho poi ritrovato comodi nel mio essere astronauta perché vivere a stretto contatto con culture diverse per sei mesi significa capacità di adattarsi, di comprensione, di abbattere le barriere culturali e linguistiche, tutte cose che si possono apprendere da giovani facendo l’esperienza come quella che ho vissuto io con Intercultura [organizzazione italiana per gli scambi interculturali].
Insieme alle eccellenze italiane in capo tecnologico e scientifico, con la sua missione ha portato nello spazio anche un simbolo della cultura italiana con un menù tradizionale firmato dallo chef Davide Scabini. La cucina italiana si rivela “spaziale”?
È stato un momento molto bello della mia spedizione. Innanzitutto mi piace ricordare che il cibo è un momento conviviale straordinario. Questo vale sulla Terra, vale in orbita, vale sempre: la cultura umana ruota intorno al cibo come momento conviviale, infatti in una festa, in un incontro c’è sempre qualcosa da mangiare, gli appuntamenti si fanno in un ristorante, in un caffè, quindi è qualcosa che è veramente parte della nostra cultura come esseri umani.
Noi italiani, in particolare, ci siamo sempre distinti per la qualità del cibo, anche per passione che mettiamo nell’arte culinaria, per cui nel momento in cui mi è stata offerta questa possibilità di creare del cibo spaziale per essere di conforto alla mia missione ho pensato immediatamente anche ai miei colleghi. Ho pensato al fatto che abbiamo dei menu standard a bordo della stazione che sono sempre gli stessi e che se riuscissi a condividere con i miei colleghi la nostra cultura, anche il genio italiano nel creare delle opere arte commestibili, sarebbe un modo di avvicinare il mondo all’Italia e di esportare un po’ di questa nostra cultura di cui io sono molto orgoglioso.
Attraverso l’Agenzia Spaziale Europea e Italiana c’è stata una ricerca di qualcuno che potesse creare questo cibo italiano per lo spazio ed è ricaduta su questo chef e sicuramente in futuro ce ne saranno anche altri per i prossimi voli italiani ed europei.
Quando ho portato poi a bordo questa mia selezione molto classica, si parla di risotto al pesto, di lasagne, di una parmigiana di melanzane, che secondo me è qualcosa di tipicamente italiano e siciliano, vi assicuro che hanno avuto un successo straordinario che va al di là del semplice mangiar bene e del mangiar sano. È diventato un momento di festa che ci ha permesso di rilassarci, di darci una serata in cui eravamo tutti amici. È stata una bella festa italiana. Quindi un grandissimo successo, talmente grande che di fatto ho praticamente finito le mie scorte in una sera. Anche se poi dico sempre che ne abbiamo parlato per sei mesi!
L’abbiamo vista sempre sorridente e parlare della sua esperienza con grande entusiasmo e semplicità. Il suo è un esempio di successo e talento, ma anche frutto di un grande impegno e determinazione. Quali sono i messaggi che vuole comunicare in seguito la sua esperienza?
Non mando dei messaggi particolari, non è il mio ruolo, semplicemente racconto la mia storia.
Sono sempre positivo perché penso di aver perso il diritto di non essere contento: ho realizzato un sogno, faccio un lavoro bellissimo che amo, sono assolutamente un privilegiato in questo, per cui il mio essere contento è un dovere, è un dovere di essere positivo se penso quanta difficoltà c’è intorno a me nel mondo del lavoro, nel mondo dei giovani.
A volte i giovani, ai quali adoro rivolgermi perché sono i più importanti, mi chiedono cosa raccomandi per diventare astronauta. La prima raccomandazione che faccio è che non tutti possono diventare astronauta. I sogni possono essere elevati a qualsiasi livello, partendo dal più umile arrivando a quello più grandioso e che ognuno deve realizzarsi nel proprio contributo, nel proprio sogno senza lasciarsi affascinare da un mondo piuttosto che da un altro.
Il più gran consiglio che dò in generale partendo dai giovani, agli studenti, a chi lavora è di fare quello che si ama, ma soprattutto amare quello che si fa. A volte non abbiamo scelta, abbiamo un lavoro, un’attività a cui dobbiamo in un certo senso piegarci per motivi contingenti. In quel caso il mio consiglio non cambia: è quello di amare quello che facciamo perché amandolo ne possiamo essere orgogliosi, diventare bravi e qualsiasi sia l’attività che facciamo se siamo bravi e se possiamo farla con entusiasmo, con orgoglio e lì che diamo il nostro contributo, dal più umile al più utile e non è detto che queste due cose siano in contrasto.
Infine, cosa rappresenta per lei l’essere italiano?
A volte ci dicono che noi italiani abbiamo l’estro, il design, tutto verissimo, ma anche altre nazioni hanno estro, design.
Secondo me quello che veramente ci rende straordinari, che ci distingue da altre culture è un un’inestinguibile amore per la vita. Io mi rendo conto che amo fortemente la vita e ritengo che vada vissuta fino in fondo e le mie attività, i miei percorsi, le sfide che costantemente mi pongo davanti, la ricerca di nuovi orizzonti, che vanno dallo spazio al voler cercare, anche fisicamente, di superare i miei limiti, rappresentano l’amore per la vita ed è ciò che ci caratterizza.