A San Francisco l’ondata creativa delle nuove startup continua senza sosta, tanto da cambiare la faccia stessa della città, sempre più incentrata su innovazione e cultura digitale.
In questo panorama il ruolo di Mind The Bridge Foundation, l’organizzazione fondata nel 2007 da Marco Marinucci per creare un collegamento professionale fra la comunità italo-americana e l’Italia, è di fondamentale importanza per le aziende che propongono un Made in Italy che vada oltre cibo, moda e turismo.
Come ci spiega il suo fondatore Marinucci, uno dei primi immigranti italiani dell’era 2.0 ad arrivare nella Bay Area, oggi il tema centrale non è la generazione di idee, ma la creazione delle condizioni per cui le startup possano avere la possibilità di diventare un’impresa radicata e svilupparsi sul mercato.
Marco Marinucci
Marco Marinucci
Dalla sua fondazione a oggi, qual è stato il ruolo di Mind The Bridge nell’interazione fra la Bay Area e l’Italia?
Questo è un progetto che ho fatto nascere alla fine del 2007 come parte del mio 10% a Google, offerto ai dipendenti per lo sviluppo di qualcosa del quale fossero appassionati, ed era focalizzato nel fare educazione imprenditoriale per progetti originati in Italia e supportati qui dalla comunità locale.
Oggi questo progetto, sette anni dopo, è cresciuto con delle modalità e un impatto forse imprevisti inizialmente.
Se il primo obiettivo che ci eravamo dati era quello di far conoscere a un vasto numero di persone il mondo delle startup create in stile “Silicon Valley”, ora è importante andare oltre.
Quindi oggi, oltre a fare un programma che laurea qui alla ‘Startup School’ di San Francisco 100-120 progetti all’anno, stiamo lavorando su altri due aspetti per lo sviluppo di un ecosistema che possa maturare modelli di successo e creare lavoro.
Uno è quello di offrire un sostegno anche tecnico al mondo dell’investimento. Come fondazione Mind The Bridge stiamo lavorando per cercare di avvicinare il mondo della grande impresa a quello delle startup, che oggi raramente si incontrano.
Lo facciamo tramite il lancio di questa nuova alleanza a livello europeo, la Startup European Partnerhip di cui siamo il referente principale, e tramite la scuola di “intrapreneurship” per capire le logiche di creazione di produzione del prodotto, interagendo con il mondo delle startup in maniera verticale.
L’altro focus è a sostegno di chi vuole investire, di chi vuole sostenere finanziariamente alcune di queste aziende, e che per farlo ha bisogno di capire quali sono le logiche, le dinamiche, i ritorni e quali modelli possono utilizzare.
Una Startup School di Mind The Bridge
Una Startup School di Mind The Bridge
A San Francisco si assiste alla creazione quasi all’infinito di nuove aziende digitali. Qual è la tua opinione e quante vengono dall’Italia per partecipare alla vostra Startup School?
L’eccitazione che c’è oggi in Italia e nel mondo per le startup deriva da vari fattori, prima di tutto dal fatto che oggi costa molto poco creare un’impresa o un prodotto digitale.
Da questo alla produzione vera e propria c’è ancora un gap. Il rischio è che si crei una falsa illusione anche per le enormi aspettative create dai policy makers, che sono potenzialmente irrealizzabili se mancano gli altri due pezzi importanti della scalabilità di questo modello.
Per frequentare i nostri corsi arrivano dall’Italia la metà delle startup, almeno una cinquantina all’anno ma, dallo scorso anno abbiamo partecipanti da tutto il mondo: Spagna, Grecia, India, Russia, Ungheria e lavoriamo anche in Corea e Medio Oriente. Nel processo di apprendimento più c’è diversità più il potenziale di innovazione si sviluppa. Cerchiamo di favorire l’incontro e lo scambio fra team diversi su aree adiacenti.
Si è appena conclusa con successo la quinta edizione dell’Italian Innovation Day organizzato da Mind The Bridge, quali altri progetti avete per il 2014?
Il 2014 è per noi l’anno della scalabilità a livello internazionale. Quindi c’è da una parte il coordinamento di questo progetto europeo che include tutte le migliori startup d’Europa filtrate attraverso gli acceleratori e investitori europei, dall’altra la necessità di metterle insieme con i CEO di tutte le grandi aziende da 50.000 persone in su, per ampliare il nostro sostegno su larga scala.