L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola ha visto molte vittorie e tragedie nel corso della sua storia ma è stato teatro anche di molte celebrazioni. L’ultima in ordine di tempo è stata l’Historic Minardi Day per festeggiare i 35 anni in Formula Uno di un Team italiano amato in tutto il mondo.
A dieci anni dalla fine della sua carriera nella massima espressione dello sport automobilistico Gian Carlo Minardi è stato finalmente festeggiato da un pubblico che riconosce il suo coraggio a gareggiare nel campionato sportivo più crudele del mondo.
Vedere le auto della squadra faentina in ordine di apparizione ha dato prova dei cambiamenti enormi nelle monoposto nel corso di quegli anni in giro per il mondo. Nemmeno lo spettatore più inesperto avrebbe avuto difficoltà a capire gli sviluppi tecnologici e dunque gli aumenti delle spese per la ricerca e la produzione delle macchine da corsa che segnano il campionato mondiale.
Però è stato il garage con le monoposto dei campioni iridati Nikki Lauda, Alain Prost, Michael Schumacher e Alan Jones che ha esaltato la contemplazione dell’avventura romantica compiuta da Gian Carlo Minardi che si è detto “soddisfatto ed emozionato di una giornata dedicata allo sport e agli appassionati in cui mi ha fatto piacere rivedere tantissimi piloti che hanno scritto insieme a me pagine importanti del Minardi Team. La forte risposta del pubblico, con una partecipazione importante sia in tribuna che all’interno del paddock, è l’aspetto più bello. Quando siamo andati con tutti i piloti davanti alla tribuna principale mi sono emozionato. L’Historic Minardi Day è stata l’occasione per ripercorrere 30 anni di passione, facendo un viaggio nel tempo anche della tecnica. Sono presenti tre generazioni di monoposto. Sentire risuonare questi propulsori mi riporta con la mente indietro”.
Una sensazione condivisa dai tanti piloti: dall’argentino Miguel Angel Guerra, primo a gareggiare sotto i colori del Minardi Team, per proseguire con Paolo Barilla, Giancarlo Fisichella, Giovanni Lavaggi, Pier Luigi Martini, Gianni Morbidelli, Jarno Trulli, il brasiliano Tarso Marques, gli spagnoli Adrian Campos e Luis Perez Sala; senza dimenticare i test-driver Gabriele Lancieri, Matteo Bobbi e Thomas Biagi.
Il primo pensiero, nel vedere i bolidi rossi di Maranello, è l’unicità del Minardi Team: sarà difficile avere un’avventura simile in futuro. La Ferrari ha una tale egemonia del mercato italiano che sarà difficile, se non addirittura impossibile, formare un’altra squadra vincente in Italia. Chi conosce il mondo della Formula Uno sa che nel corso degli anni il “circo” internazionale è diventato un’industria spietata che macina e distrugge chi non riesce a seguire le sue regole. A dir il vero, gli elogi a Minardi sono l’eccezione che prova questa legge.
Vedere poi la Williams vincente di Alan Jones ha fatto ricordare come il Regno Unito sia capace di formare più squadre vincenti in un solo Paese, la Williams e la McLaren, ma il potere della Ferrari in Italia è tale che qui, almeno fino ad ora, non siamo stati capaci di farlo.
Peggio ancora, troppe grandi società italiane che vogliono fare pubblicità a livello mondiale sui fianchi delle monoposto preferiscono farlo su auto di squadre straniere piuttosto che su monoposto italiane se non riescono a farlo con il Cavallino rampante.
Lo stesso discorso vale per i piloti che hanno bisogno di appoggi finanziari forti per potere iniziare carriere e questo spiega la mancanza di piloti italiani ai livelli più alti di questi ultimi anni.
Il fatto stesso che la giornata sia stata tenuta all’autodromo di Imola, che sarà legato per sempre, nel bene e nel male alle imprese del grande Ayrton Senna, dimostra che la Storia non garantisce il futuro a nessuno. Peraltro leggiamo nei giornali presunte voci di spostamento del Gran Premio d’Italia da Monza a Imola e, per quanto possa far piacere a chi ama il circuito del Santerno, le voci non fanno altro che far capire a tutti come l’Italia non sia più in grado di imporsi a livelli internazionali e non solo negli sport automobilistici. Negli ultimi anni l’abbiamo già visto nell’ambito calcistico, come anche in quasi ogni campo della nostra economia.
Per fortuna non tutti la pensano allo stesso modo e ci sono molti che riconoscono e hanno la voglia e la coscienza di onorare gli sforzi di chi lotta con il cuore e il cervello come ha fatto Gian Carlo Minardi.
Questo è l’anno dei Giochi Olimpici dove, almeno in teoria dovrebbe regnare l’ideale quasi ingenuo di de Coubertin di fare lo sport in modo leale e aperto, dove partecipare è ancora più importante di vincere. Pensiamo a questo mentre guardiamo i nostri atleti partecipare e cerchiamo di capire che chi ha il coraggio di affrontare il pubblico merita riconoscimento e incoraggiamento.
Gli sportivi come Minardi entrano nelle gare sapendo che le vittorie sono difficili da conquistare ma non si limitano alla vincita di premi e trofei bensì si concretizzano nel riconoscimento dei loro sforzi e dei loro sacrifici.
Basta sapere che per diversi anni la Minardi ha prodotto la migliore scocca del campionato, basta ricordare i molti piloti bravissimi scoperti da Minardi che hanno gareggiato poi in squadre importantissime ottenendo vittorie sia di gare che di titoli mondiali e basta fare il giro delle squadre ora in attività, per vedere quanti dei suoi “ragazzi” svolgono ruoli fondamentali per capire che la carriera di Gian Carlo ha avuto successo ben al di là di una pole position.