Sometimes clothes tell me about humanity more than philosophers, scholars or gurus. I love fashion, and if you want to live and breathe fashion, you have to be connected with Italian style. Italy remains the country with the most brands relevant on a global scale. And if there might be some debate around when its fashion industry truly began, there’s no doubting its reputation as cutting edge.
While in the late 1940s and ’50s Hollywood stars were snapped in Rome and Florence wearing sharp tailoring, for decades now everything coming out of Milan is identified as aesthetically sexy. Italian glamour originates from Milan, the true creative epicenter of the national fashion industry. Twice a year, in spring and fall, the world awaits Milan’s flawless, hectic, feisty glamour fashion week, a rite that has now turned 60.
The Camera Nazionale della Moda Italiana was formed in 1958 as an association of top Italian fashion players to discipline, coordinate and promote the development of Italian Fashion. Essentially, it conceived and runs Milan fashion week. After New York’s packed calendar and London’s quirk and edgy vibe, Milan shows arrive and always go big on sex appeal with an emphasis on traditional craftsmanship. This year, shows will be held from Sept. 18 to 24 for the spring-summer 2019 collections, as usual before iconic Paris runaways, which close the round of catwalks in the big four fashion capitals.
The big guns of the style world are getting ready, with tailoring still at the heart of Milan shows that take months to design, plan and present. The great Milanese fashion houses have a place in the city’s mythology and self-image in a way that has no equivalent in any other Italian city.
Milan couture is an expression of Italian national pride and Milanese self-belief, but generally what really distinguishes Italian style?
“Pucci prints and Gucci shoes did not make the Italian look,” writes Silvia Giacomoni in her book L’Italia della Moda. “They are only Made in Italy accessories, small precious badges, memories, nostalgia or hope of a wonderful journey as told by American cinema to the world,” she says. “The Italian look is another thing: It is something more difficult to understand because it does not settle in some precise and stable forms over time, such as American denim, the English blazer, the Austrian loden wool coat. The Italian look is protean. “
According to fashion curator Erika Ghilardi, modern Italian fashion has its roots in the ’30s. “The grandmothers were paranoid about how you look when you cross the front door,” she says. “Rich or poor, it was always a question of decorum. Personal decorum. It doesn’t mean elegance. It means being decent. These were the fascist ideals. When you are told things like that so many times, it changes the mentality.” Ghilardi says that Italian style is “uniting colors, uniting fabrics and pulling all the elements of a look together into a model of coherence.”
Italy’s first commercial fashion show was held in Florence in 1950 under the guidance of Giovanni Battista Giorgini, who exported Italian goods to US department stores. Within two years, he was hosting shows at Palazzo Pitti, starting the Pitti Immagine tradition.
Since the end of WWII, great fashion designers contributed their own signature styles to shape the quintessential visual identity of each decade: Iconic Emilio Pucci’s abstract prints and swirly psychedelic motifs in acidic colors in the ’50s and ’60s through to Roberto Capucci’s textile sculptures in the ‘60s, from Missoni’s colorful zigzag patterns in the ’70s to Armani’s unstructured suits and jackets in the ’80s – they are still key pieces in our wardrobes.Then again, there is the timeless Valentino image synonymous with polished femininity, the glitz and glamour of Gianni Versace who had a huge impact on the fashion industry (also inventing the ’90s vogue of using major supermodels), and Gucci in the ’90s, followed by Miuccia Prada’s unique elegant-geek aesthetic and Dolce & Gabbana’s modern classicism whose essence lies in its contrasting features.
Two recent exhibitions, Bellissima and Italiana highlighted the striking Italian fashion industry from the early days throughout its international decades.
The fashion industry is evolving every day in Milan, still an outstanding incubator for talented new designers that today include Christian Pellizzari, Nicola Brognano and Salvatore Piccione. Several others display their experimental and flamboyant creations, presumably to grab attention rather than good sales. Milan knows how to really make a business out of fashion.
The city itself is home to 13,000 clothing brands while 34,000 companies are active in the entire region of Lombardy, generating total annual revenues of 35 billion euros. The Italian fashion industry as a whole brings in 51 billion euros.
But there’s no fashion fix quite like the Milanese fashion fix. In Milan women seem to be born with a sartorial pedigree. They use their style to exude their creativity, sometimes even passionately breaking dress codes. And so evening wear can make great beachwear and straight-cut silk nightgowns in delicate colors make sophisticated evening dresses that enhance your femininity.
Milanese style is effortless, utterly chic and minimalistic. Never overdress, even when your wear echoes a moody baroque drama.
A volte gli abiti mi parlano dell’umanità più dei filosofi, degli studiosi o dei guru. Amo la moda, e se vuoi vivere e respirare la moda, devi essere in sintonia con lo stile italiano. L’Italia rimane il Paese con i marchi più importanti a livello globale. E se si discute di quando l’industria della moda è effettivamente iniziata, non c’è dubbio che quella italiana è sempre stata considerata all’avanguardia.
Se tra la fine degli anni ‘40 e gli anni ’50 le stelle di Hollywood erano fotografate a Roma e Firenze mentre indossavano alta sartoria, da decenni tutto quello che esce da Milano è identificato come esteticamente sexy. Il glamour italiano nasce a Milano, il vero epicentro creativo dell’industria della moda nazionale. Due volte all’anno, in primavera e in autunno, il mondo attende l’impeccabile, frenetica, esuberante Settimana della Moda di Milano, un rito che ha compiuto 60 anni.
La Camera Nazionale della Moda Italiana è stata costituita nel 1958 come associazione tra i principali attori della moda italiana per disciplinare, coordinare e promuovere lo sviluppo della moda italiana. Essenzialmente, ha ideato e dirige la Settimana della Moda di Milano.
Dopo il fitto calendario di New York e l’atmosfera eccentrica e nervosa di Londra, arrivano le passerelle milanesi e vanno sempre alla grande per il loro sex appeal, con un’enfasi sull’artigianato tradizionale. Quest’anno, gli eventi si terranno dal 18 al 24 settembre per le collezioni primavera-estate 2019, come al solito prima delle iconiche passerelle di Parigi, che chiudono il giro delle sfilate nelle grandi capitali della moda.
I grandi dello stile mondiale si stanno preparando, con sfilate nel cuore di Milano che dimostrano come servano mesi per essere ideate, progettate e presentate. Le grandi case di moda milanesi hanno un posto nella mitologia e nell’immagine che la città ha di sé in un modo che non ha equivalenti in nessun’altra città italiana.
La couture milanese è espressione di orgoglio nazionale italiano e di sicurezza milanese, ma in generale cosa distingue veramente lo stile italiano?
“Le stampe Pucci e le scarpe Gucci non hanno creato il look italiano”, scrive Silvia Giacomoni nel suo libro L’Italia della Moda. “Sono solo accessori Made in Italy, piccoli distintivi preziosi, ricordi, nostalgia o speranza di un meraviglioso viaggio raccontato dal cinema americano al mondo”, dice. “Il look italiano è un’altra cosa: è qualcosa di più difficile da capire perché non si esprime in alcune forme definite e stabili nel tempo, come il denim americano, il blazer inglese, l’austriaco cappotto di lana loden. Il look italiano è multiforme”.
Secondo la fashion curator Erika Ghilardi, la moderna moda italiana ha le sue radici negli anni ’30. “Le nonne erano paranoiche su come si doveva apparire quando si usciva dalla porta di casa”, dice. “Ricchi o poveri, era sempre una questione di decoro. Decoro personale. Che non significa eleganza. Significa essere decenti. Questi erano ideali fascisti. Quando cose di questo tipo vengono dette così tante volte, cambia la mentalità”. Ghilardi dice che lo stile italiano è “unire colori, tessuti e mettere insieme tutti gli elementi di un look in un modello coerente”.
La prima sfilata commerciale italiana si tenne a Firenze nel 1950 sotto la guida di Giovanni Battista Giorgini, che esportò merci italiane nei grandi magazzini statunitensi. Nel giro di due anni tenne sfilate a Palazzo Pitti, dando inizio alla tradizione di Pitti Immagine.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, grandi stilisti di moda hanno contributo con i loro stili a plasmare l’identità visiva per eccellenza di ogni decennio: le iconiche stampe astratte di Emilio Pucci e i vorticosi motivi psichedelici nei colori acidi negli anni ’50 e ’60 fino alle sculture tessili di Roberto Capucci degli anni ’60, dalle colorate trame a zig-zag di Missoni negli anni ’70 alle giacche e agli abiti destrutturati di Armani negli anni ’80 – sono ancora pezzi chiave nei nostri guardaroba. Poi ancora, c’è l’immagine senza tempo di Valentino sinonimo di ricercata femminilità, lo sfarzo e il glamour di Gianni Versace che ha avuto un enorme impatto sul settore della moda (inventando anche la moda di usare le grandi top model negli anni ‘90), Gucci negli anni ’90, seguito dall’estetica unica, elegante e geek di Miuccia Prada, e dal moderno classicismo di Dolce & Gabbana la cui essenza si trova nelle caratteristiche contrastanti.
Due recenti sfilate, Bellissima e ltaliana hanno messo in luce la sorprendente industria della moda italiana dai primi giorni ai suoi decenni internazionali.
L’industria della moda si evolve ogni giorno a Milano, che resta un incubatore eccezionale per nuovi e talentuosi stilisti che oggi includono Christian Pellizzari, Nicola Brognano e Salvatore Piccione. Molti altri mostrano le loro creazioni sperimentali e sfavillanti, presumibilmente più per attirare l’attenzione che per realizzare buone vendite. Milano sa davvero come fare business con la moda.
La città stessa ospita 13.000 marchi di abbigliamento, mentre 34.000 aziende sono attive in tutta la Lombardia, generando un fatturato annuo complessivo di 35 miliardi di euro. L’industria della moda italiana nel suo insieme arriva a 51 miliardi di euro. Ma non c’è una moda come quella milanese.
A Milano le donne sembrano nascere con un pedigree sartoriale. Usano il loro stile per esprimere la loro creatività, a volte anche per rompere appassionatamente i codici di abbigliamento. E così l’abbigliamento da sera diventa un fantastico abito da spiaggia e le camicie da notte in seta dai colori delicati diventano sofisticati abiti da sera che esaltano la femminilità.
Lo stile milanese è senza sforzo, assolutamente chic e minimalista. Non esagera mai, anche quando l’abbigliamento riecheggia un capriccioso stile barocco.
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