Il Progetto Europeo Frontex destinato a sostituire il benemerito progetto tutto italiano “Mare Nostrum” che aveva salvato decine di migliaia di migranti ha due obiettivi: il primo quello di intervenire sulle nazioni frontaliere a rischio per convincerle ad esercitare in via preventiva ogni possibile controllo per bloccare sulle loro coste le partenze dei migranti ed in secondo luogo quello di monitorare il movimento di quei barconi o carrette del mare che, nonostante i controlli preventivi, fossero riusciti a mettersi in mare grazie a scafisti senza scrupoli e protetti dalla criminalità organizzata del posto, per convincerli a tornare indietro oppure per intervenire ed apprestare assistenza nel limite territoriale di trenta km dalle coste italiane.
Il progetto Frontex ha mostrato la sua inadeguatezza ed i suoi limiti per non essere riuscito con un intervento rapido quanto necessario ad impedire che nello Stretto di Sicilia a pochi km da Lampedusa si compisse una nuova tragedia con la morte accertata di 29 migranti, una novantina di superstiti e con oltre duecento dispersi (dato ancora incerto ed approssimativo che ci si augura sia per difetto).
È una tragedia che ci lascia senza parole ed inorriditi, i migranti salpati dalle coste della Libia (che rientrano tra quelle monitorate da Frontex) con tre gommoni zeppi di esseri umani disperati ed alla fame hanno sfidato un mare forza sette con un vento gelido a 35 nodi pur di raggiungere l’Italia, la loro Terra Promessa. Il freddo gelido questa volta è stato implacabile e fatale falcidiando la vita di 29 migranti che sono morti non già a seguito di naufragio, ma per ipotermia ovvero per assideramento (il che equivale a dire per mancata assistenza).
I “bersagli” sono stati individuati, com’è di tutta evidenza, con grande ritardo nonostante l’allarme fosse stata diramato con un cellulare satellitare e fosse pervenuto nelle prime ore del pomeriggio al Centro Nazionale di Soccorso della Guardia Costiera di Roma con la conseguenza che i mezzi di soccorso arrivati troppo tardi non hanno potuto impedire la morte di ben 29 migranti, alcuni dei quali sarebbero morti addirittura in fase di soccorso e nel mentre decine e decine di altri migranti erano finiti in mare avviluppati da onde alte oltre cinque metri.
Ha ancora il terrore negli occhi uno degli uomini a bordo della motovedetta della Guardia costiera che, dopo oltre 26 ore di navigazione, ha raggiunto Lampedusa, con 29 cadaveri a bordo. Con le lacrime agli occhi e completamente sconvolto ha dichiarato: “È stata l’Apocalisse. Onde alte otto-nove metri, mare forza sette, con 36 nodi di vento. Gente che tentava in ogni modo di entrare nel vano macchine per ripararsi dal vento e dal gelo. E poi tutti quei migranti che morivano per il freddo, uno dopo l’altro”.
Gli uomini della Capitaneria di porto sono esausti, stanchi e tristi, perché avrebbero voluto portare i profughi a Lampedusa sani e salvi. Un infermiere dell’Ordine di Malta, Salvatore Caputo, che era a bordo, ha iniziato a mandare sms ai suoi familiari perché temeva di non riuscire a tornare sulla terraferma. Un altro testimone racconta di una lite tra un gruppo di profughi che tentavano di rompere il lucchetto del vano macchine. Momenti di panico. “Mai visto nulla del genere – dicono all’unisono – con un mare così forte è stato quasi un miracolo essere riusciti a tornare sani e salvi a Lampedusa”.
La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta. “Il viaggio è durato tre giorni e quasi subito dopo la partenza l’acqua è entrata nel gommone perché il mare era agitato”. È questo il racconto, ancora molto parziale, che alcuni dei sopravvissuti dell’ultima strage della immigrazione nel Canale Sicilia hanno fatto al sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, andata a visitarli assieme al prefetto di Agrigento Nicola Diomede nel centro di accoglienza di contrada Imbriacola.
“I superstiti sono molto stanchi e ancora choccati -ha detto Giusi Nicolini- e sono impegnati a fare ognuno di loro una lista delle persone che si trovavano sul gommone con loro per far sì che tutte le vittime abbiano un nome”.
Uno solo dei 29 morti è stato finora identificato perché in tasca aveva un documento. Si tratta di un ivoriano di 31 anni. Tra i superstiti – tutti uomini – ci sono anche tre minori, uno dei quali ha probabilmente dodici anni. Le salme saranno distribuite nei cimiteri dei 20 Comuni della provincia di Agrigento che si sono detti disponibili ad accogliere i corpi.
Il sindaco di Lampedusa, giustamente indignata ed amareggiata da questa nuova immane tragedia, ha affermato che “ancora una volta l’Europa ci ha lasciati soli e che tutto questo con il progetto “Mare Nostrum” probabilmente non sarebbe successo” ed ancora “I 368 morti di Lampedusa non sono serviti a nulla, come non sono serviti a niente le parole del Papa, siamo tornati indietro a prima di “Mare Nostrum”. Parole pieno di sdegno ed amarezza che ci sentiamo di condividere appieno.
Frontex non funziona, l’Europa in tema di Politiche Migratorie è del tutto latitante se non addirittura assente.
Dall’Unione Europea un piccolo segnale viene solo dall’italiana Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue. Ha annunciato che nei prossimi giorni convocherà una riunione straordinaria per rivedere le politiche europee sull’immigrazione ed ha affermato: “Non possiamo permettere altre tragedie in mare. Dobbiamo essere capaci di dare una forte risposta politica ed operativa”.
Speriamo che alle parole facciano seguito i fatti con l’approvazione di progetti concreti finalizzati a prevenire ed evitare altre stragi che pesano sull’inefficienza dell’Unione Europea ed oggi purtroppo anche su quella del Governo Italiano del quale sino ad oggi non registriamo alcuna reazione significativa.
Dalla Libia, secondo le ultime statistiche nel 2014, sono entrati in Europa 270.000 irregolari, di questi 170.000 sono arrivati in Italia; dal 1° gennaio 2015 sulle coste della Sicilia e della Puglia sono sbarcati ben 3.800 esseri umani disperati, partiti sfidando la morte ed in cerca della vita.
Di fronte a questa nuova strage che per la sua dinamica va considerata di una gravità inaudita perde colpi la nostra fiducia nei confronti dell’Europa che sembra occuparsi e preoccuparsi essenzialmente di tenere in ordine ragionieristico i conti ed i bilanci degli stati membri e di sostenere la politica del rigore che di fatto ormai da anni impedisce lo sviluppo delle economie, delle imprese con danni incalcolabili sulle famiglie e sulle politiche occupazionali.
L’Unione Europea si sta mostrando poco interessata a dare vita a programmi e strategie che pongono al centro della politica europea, l’uomo, l’essere umano, il valore della vita, l’obiettivo di aiutare le famiglie a raggiungere situazioni di benessere, a garantire la parità ed il rispetto dei diritti umani in favore di tutte le persone che scelgono di entrare in Europa.
In questa Europa noi non ci ritroviamo ed incominciamo a credere seriamente che forse stavamo meglio quando stavamo peggio. D’altra parte indietro si può sempre tornare.