A portrait of Michelangelo Photo: Georgios Kollidas/Dreamstime

Seeing the words “Michelangelo” and “forgery” in the same sentence isn’t perhaps that surprising: in 500 years, there have definitely been people who tried to imitate the masterful hand of Italy’s most celebrated artist.

Picturing Michelangelo as a forger, however, may be harder, even though there are plenty of sources – some reputable, some, perhaps, a tad more outlandish – stating that the artist did engage in some forgery work when he was young and trying to establish himself in the world of art.

 Impossible you say? Read on, then.

Legends say that, while in Florence, a very young Michelangelo was commissioned a sleeping Cupid statue by his patron, Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, cousin of a much more famous Lorenzo, Lorenzo il Magnifico.  Unbeknownst to the artist – or so our story maintains – the statue was buried for a while to make it look older, then sold as an Ancient Roman antique to Cardinal Raffaele Riario, who probably spent quite a bit of cash on it. Riario would have never questioned the origin of his new purchase, if it wasn’t for some juicy gossip he came across, according to which he had been elegantly fregato by Pierfrancesco, who was probably in Florence enjoying some Chianti with his court, laughing at the prelate’s naiveté. Cardinal Riario was so angry he sent Jacopo Galli, a famous Roman banker, to Florence seeking the truth. Galli was an important figure in the life of Michelangelo, who had obtained most of his first commissions in Rome thanks to the banker; Galli also hosted the artist in his house for some time and it is believed that there was even a studio for him to work on his statues in the palace. That’s why Michelangelo confessed he was the author of the sleeping Cupid sold to Riario: he could be a forger, but he couldn’t lie to someone who helped him.

But while many, as we mentioned, believe Michelangelo didn’t know about the fraud, others are quite convinced of the contrary, perhaps because this wasn’t the only time the sculptor and painter dabbed into the world of forgeries. Another interesting tale says that when Michelangelo was only a young apprentice at Ghirlandaio’s atelier, it was customary for him to practice copying his teacher’s famous paintings. His copies were so perfect that, apparently, he once gave one to Ghirlandaio instead of the original -which Ghirlandaio himself had painted – and he didn’t even notice!

Michelangelo’s David (Photo: Kmiragaya/Dreamstime)

How much truth is in this humorous story? Well, I don’t know, but for sure Michelangelo had the habit to ask art collectors for  “old masters’” drawings, copied them as an exercise, and then returned said copies instead of the original to their owners: Vasari wrote it in his Lives so I guess this is pretty accurate. Apparently, Michelangelo had learned how to “age” paper by holding it above green wood smoke, and in fairness, it’s likely he knew a thing or two about how to age stone, as well. This is not to say he wanted to become a forger by profession, but it was probably quite normal among artists to know about this type of techniques.

But why would Michelangelo be interested in forgery? The answer is quite simple. The artist was at the very beginning of his career and showing he could forge Greco-Roman sculptures and copy great artists’ works without anyone noticing the difference was proof of his abilities: of course, an established artist would have scoffed at the idea, but a young, penniless one? Let’s face it, it was a good way to advertise his talent. In fact, we even know it worked: Cardinal Riario, eventually, called Michelangelo in Rome, eager to meet the artist who could create a Cupid as beautiful as those seen during the glorious days of the Empire.

Vedere le parole “Michelangelo” e “falsario” nella stessa frase forse non è così sorprendente: in 500 anni, ci sono state sicuramente persone che hanno cercato di imitare la mano magistrale del più celebre artista italiano.

Immaginare Michelangelo come un falsario, tuttavia, può essere più difficile, anche se ci sono molte fonti – alcune rispettabili, altre, forse, un po’ più stravaganti – che affermano che l’artista si impegnò in alcuni lavori di falsificazione quando era giovane e cercava di affermarsi nel mondo dell’arte.

Impossibile direte voi? Continuate a leggere, allora.

Le leggende dicono che, mentre era a Firenze, un giovanissimo Michelangelo ricevette la commissione di una statua di Cupido dormiente dal suo mecenate, Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, cugino di un Lorenzo molto più famoso, Lorenzo il Magnifico. All’insaputa dell’artista – o così dice la nostra storia – la statua fu sepolta per un po’ per farla sembrare più vecchia, poi venduta come un antico pezzo romano al cardinale Raffaele Riario, che probabilmente ci spese un bel po’ di soldi. Riario non avrebbe mai messo in dubbio l’origine del suo nuovo acquisto, se non fosse stato per alcuni succosi pettegolezzi in cui si imbatté, secondo i quali era stato elegantemente fregato da Pierfrancesco, che probabilmente era a Firenze a godersi un po’ di Chianti con la sua corte, ridendo dell’ingenuità del prelato. Il cardinale Riario era così arrabbiato che mandò a Firenze Jacopo Galli, un famoso banchiere romano, a cercare la verità. Galli era una figura importante nella vita di Michelangelo, che aveva ottenuto la maggior parte delle sue prime commissioni a Roma grazie al banchiere; Galli ospitò anche l’artista nella sua casa per qualche tempo e si crede che nel palazzo ci fosse addirittura uno studio per lui per lavorare alle sue statue. Ecco perché Michelangelo confessò di essere l’autore del Cupido dormiente venduto a Riario: poteva essere un falsario, ma non poteva mentire a qualcuno che lo aiutava.
Ma mentre molti, come abbiamo detto, credono che Michelangelo non sapesse della frode, altri sono abbastanza convinti del contrario, forse perché questa non è stata l’unica volta che lo scultore e pittore si è immerso nel mondo dei falsi. Un altro racconto interessante dice che quando Michelangelo era solo un giovane apprendista nell’atelier del Ghirlandaio, era sua abitudine esercitarsi a copiare i famosi dipinti del suo maestro. Le sue copie erano così perfette che, a quanto pare, una volta ne diede una al Ghirlandaio al posto dell’originale – che il Ghirlandaio stesso aveva dipinto – e lui non se ne accorse nemmeno!

Quanto c’è di vero in questa storia umoristica? Beh, non lo so, ma di sicuro Michelangelo aveva l’abitudine di chiedere ai collezionisti d’arte i disegni dei “vecchi maestri”, li copiava come esercizio, e poi restituiva tali copie al posto dell’originale ai loro proprietari: Vasari lo scrisse nelle sue Vite quindi credo che questo sia abbastanza veritiero. A quanto pare, Michelangelo aveva imparato a “invecchiare” la carta tenendola sopra il fumo del legno verde, e in tutta onestà, è probabile che sapesse anche come invecchiare la pietra. Questo non vuol dire che volesse diventare un falsario di professione, ma probabilmente era abbastanza normale tra gli artisti conoscere questo tipo di tecniche.

Ma perché Michelangelo dovrebbe essere stato interessato alla falsificazione? La risposta è abbastanza semplice. L’artista era all’inizio della sua carriera e dimostrare di poter falsificare sculture greco-romane e copiare opere di grandi artisti senza che nessuno notasse la differenza era una prova delle sue capacità: certo, un artista affermato si sarebbe fatto beffe dell’idea, ma uno giovane e squattrinato? Ammettiamolo, era un buon modo per pubblicizzare il suo talento. In effetti, sappiamo anche che funzionò. Il cardinale Riario, alla fine, chiamò Michelangelo a Roma, desideroso di incontrare l’artista che poteva creare un Cupido bello come quelli visti durante i giorni gloriosi dell’Impero.

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