Maurizio de Giovanni inizia la sua carriera di scrittore per gioco. Nel 2005 alcuni suoi amici lo iscrivono a un concorso per giallisti esordienti che si svolge allo storico Gran Caffè Gambrinus di Napoli. De Giovanni vince con un racconto incentrato sulla figura del commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni ‘30. Il personaggio gli ispira un ciclo di romanzi, pubblicati da Einaudi. Nel 2012 esce per Mondadori “Il metodo del Coccodrillo”, dove fa la sua comparsa l’ispettore Lojacono, ora fra i protagonisti della serie dei “Bastardi di Pizzofalcone”, ambientata nella Napoli contemporanea. Tutti i suoi romanzi sono tradotti negli Stati Uniti e in Europa. De Giovanni è anche autore di testi teatrali, articoli e testi a tema calcistico. La sua letteratura è ricca, da scrittore poliedrico con una penna inconfondibile, elegante e incisiva.
L’attenzione per i suoi romanzi cresce sempre di più, tanto che da dicembre Napoli è set cinematografico per la fiction tratta dai romanzi della serie “I Bastardi” con Alessandro Gassmann nel ruolo del commissario Lojacono. Nell’autunno prossimo verrà trasmessa su Rai 1. Poi toccherà ai romanzi sul commissario Ricciardi diventare serie tv. Sempre nella sua Napoli. “Sapete, la città è femmina. Su questo non c’è alcun dubbio. Basta guardarla di prima mattina, appena sveglia. Quando ha la testa ancora appoggiata al cuscino e si capisce che non dorme dal ritmo del respiro, meno profondo e oscuro. La luce in quel momento – scrive – la tocca di striscio, ancora incerta e bagnata di terre lontane”.
Abbiamo incontrato e intervistato de Giovanni in occasione di “Cuccioli”, l’ultimo libro della serie “I Bastardi” giunto alla 4° ristampa dopo appena due mesi dalla pubblicazione. Come in tutti i romanzi, l’autore riesce sempre a sorprendere il lettore. Protagonisti della storia sono i deboli, gli indifesi, appunto i cuccioli. Da un lato una neonata viene abbandonata accanto a un cassonetto della spazzatura. Dall’altro piccoli randagi spariscono dalle strade. Due indagini parallele, senza denuncia. I Bastardi conducono le indagini in maniera “ufficiosa”, incontrando persone, mettendosi sulle tracce della madre della bambina. Si muovono in squadra, contrastano il crimine come i colleghi dell’87° Distretto inventato dello scrittore americano Edi MacBain a cui de Giovanni si ispira.
I Bastardi di Pizzofalcone sono poliziotti mandati a sostituire colleghi corrotti. I riflettori sono sempre su di loro, a un minimo sbaglio il commissariato rischia la chiusura. Li hanno scelti perché tutti erano sicuri che avrebbero fallito. Invece i poliziotti, nonostante caratteri diversi e difetti, fanno squadra.
Io penso che i Bastardi stiano percorrendo un cammino che li porterà, lo spero per loro, a un miglioramento. Stanno anche imparando a lavorare insieme, è bello da vedere e credo che sia anche importante.
Nei Bastardi ogni personaggio ha un soprannome. E’ un’usanza meridionale avere appellativi secondo la fisiognomica o il proprio ruolo nella società.
Tramandare tradizionalmente il nome da padre a nipote, comporta che in una stessa famiglia si abbiano più persone con nomi simili o uguali, e spesso di età corrispondente. In questi casi accade che sia necessario il “contronome”. Questo è un evento sociale e come tale è giusto che faccia parte della narrativa. Io uso spesso i soprannomi e soprattutto nei Bastardi dove i personaggi sono così fortemente caratterizzati da essere anche necessariamente chiamati con i soprannomi.
Napoli è la protagonista indiscussa dei libri di Maurizio de Giovanni.
Napoli ha delle unicità. Queste unicità in larga parte sono negative e derivanti dal fatto che urbanisticamente è particolare. E’ l’unica metropoli di un’area enorme del meridione d’Italia, un’area che ha un Pil inferiore a quello greco, alla quale nessun governo fino ad oggi ha messo mano con un reale intento di trovare una soluzione. Tra le unicità negative ci sono anche clamorose unicità positive. Napoli ha un gran numero di personaggi di grande creatività. Io concordo con la meravigliosa canzone “La mia città” di Bennato: è una città bella e disperata, una città moribonda e mortale, una città unica che lascia il segno comunque, e che non fa mai da sfondo alla narrazione ma ne è sempre protagonista. Credo che Napoli, la sua bellezza, non sia superabile e non sia superata, tutti noi possiamo raccontarla per punti di vista.
Nel suo libro a tema calcistico “Il resto della settimana” e nel riadattamento di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” per la regia di Alessandro Gassmann, si incontrano personaggi provenienti da altri suoi romanzi. È come un intreccio tra romanzi questa incursione tra personaggi. L’ha divertita?
Penso che lo scrittore abbia un mondo nella mente, un mondo coesistente, non sono mondi separati quindi se nel mondo della mia fantasia, c’è una presenza dei Bastardi di Pizzofalcone è naturale che quando vado a raccontare nel “Il resto della settimana”, in quella contemporaneità si possa affacciare un personaggio di un altro romano. Sono dei piccoli passaggi, dei piccoli ponti che ogni scrittore ha nell’anima.
Ricciardi non interagisce perché è degli anni ’30 ma se qualcuno dei miei personaggi, per esempio dei Bastardi dovesse incontrare una storia che è antecedente, potrebbe facilmente imbattersi in qualche notizia dal mondo di Ricciardi.
Qual è il personaggio che riesce a sorprenderla sempre?
Aragona. Perché Aragona è così veloce a cambiare idea, così scorretto nei suoi atteggiamenti che mi sorprende puntualmente. Io credo che Aragona da un lato e Bambinella (stravagante travestito, informatore della polizia) dall’altro, siano i due personaggi più positivi nella loro negatività. Sono sostanzialmente sbagliati però diventano più veri degli altri. Perché la realtà è così, la realtà è innaturale, la realtà è sbagliata, la realtà è strana, la realtà è complicata. Io dico sempre che magari la realtà avesse la logica dei libri. Se la realtà avesse la logica dei libri, sarebbe più facile trattarla e raccontarla. Purtroppo non è così. La realtà ha sempre qualcosa di diverso rispetto ai libri.
Ricciardi è in continua sospensione tra vivi e morti o meglio convive con entrambi.
Ricciardi non vede i fantasmi, non vede la gente dopo morta, Ricciardi riceve un’impressione dell’ultimo momento della vita delle persone. Ricciardi vede i vivi che muoiono, è un rapporto che lui ha, con forte dolore, del momento del distacco.
Cosa pensa che ci sia nell’aldilà e qual è il suo rapporto con la religione?
Non ho molta fede, non sono così fortunato. Con la religione non ho grandi elementi. Ma se devo essere sincero con quello che succede intorno a me, mi è difficile pensare che ci sia un Dio provvidente, perché vedo atrocità che nessuno consentirebbe nemmeno ipotizzando la concessione del libero arbitrio. Direi che ho un rapporto con la religione agnostico.
Non mi sento di essere certo della causa del mondo e non sono nemmeno convinto che ci sia qualcuno che guarda quello che succede.