Della bellezza della Toscana si è parlato molto e in maniera esauriente. Si conoscono le sue montagne e colline che gli uomini hanno violato e ferito per costruire strade, palazzi e statue. I pendii terrazzati dove crescono i vigneti, gli uliveti e i fiumi incanalati per far girare le motrici.
È un territorio che mostra tracce profonde del lavoro dell’uomo; dolci pendii arati e suddivisi in campi; orti e giardini segnati da muretti a secco e in ogni luogo dove lo sguardo si volga si incontrano i cipressi, a gruppi o in lunghi filari . E poi, ci colgono di sorpresa in mezzo al verde, le eleganti e maestose fortezze cinquecentesche; e i resti delle mura antiche , erette intorno alle città con la volontà di difenderla dai nemici. I severi monasteri e conventi arroccati sulle colline sono la testimonianza della religiosità della sua gente.
Eppure, migliaia di anni fa, questo territorio e la sua fascia costiera erano coperti da grandi laghi e sommersi dal mare. Faceva eccezione il territorio di Siena, tutte le altre terre intorno, erano sotto l’acqua; solo le colline che si trovavano dietro le spalle di Livorno e Lucca, affioravano dal mare come tante lingue di terra. Ancora oggi su queste coste, si possono trovare piccoli fossili, di pesci, di conchiglie e persino resti di corallo.
Di solito quando un turista visita la Toscana, i suoi occhi sono per prima cosa attratti dal paesaggio che lo circonda. Un territorio che altro non è che il risultato di mutazioni geologiche e geofisiche, ma anche opera dell’uomo che nel tempo è stato costretto a modificare la natura.
Comunque, ogni città della Toscana è la testimonianza della volontà e della cultura di un popolo che ha abitato e lavorato, nei secoli, quella terra, tramandandoci un messaggio di civiltà, perché non dimenticassimo da dove siamo venuti e conservassimo questo patrimonio ineguagliabile per le generazioni future.
Alcune (se non sbaglio, quattro) di queste città della Toscana, compresa Firenze, erano circondate da mura. Una di queste, tra le più belle e eleganti, è senza dubbio Lucca . La sua cinta muraria è uno degli spettacoli più interessanti che una città possa offrire ai visitatori.
Le mura venivano costruite per la difesa delle città e a Lucca, nei secoli, vennero eretti ben quattro livelli di cinta murarie che per fortuna, non ebbero mai occasione di difenderla dai nemici, ma la salvarono dall’inondazione della piena del Serchio.
Le prime mura, a quadrilatero, vennero erette nel 200 a.C., intorno al centro storico. Di quelle mura rimangono solo delle tracce. Tra il 1100 e il 1200, quando la città si espanse, fu costruita una seconda cinta di mura. Ai nostri giorni, di questa cinta che comprendeva i maggiori edifici storici, rimangono solo la Porta di San Gervasio e Protasio e la Porta dei Borghi.
La Repubblica di Lucca per potenziare ancor più la difesa della città, nel 1544 costruì una terza cinta di mura e i lavori terminarono 100 anni dopo. Sui suoi bastioni vennero impiantati alberi secolari.
Le mura rinascimentali che coprono un perimetro di 4223 m. sono rimaste ben conservate nei secoli e a partire dalla seconda metà dell’ottocento, furono trasformate in una piacevole passeggiata pedonale. Fino agli anni ’90 del 900, le mura, ( date le dimensioni della carreggiata) venivano utilizzate come un viale di circonvallazione per il traffico cittadino e per i veicoli pesanti.
Le Porte erano fortificate con saracinesche, doppio portone di ferro e un ponte levatoio che garantiva l’accesso alla città. Al nostro tempo, le porte di Lucca sono rimaste sette e sebbene costruite in epoche diverse, possiedono tutte, una struttura elegante e decorativa. La porta “ Elisa” fu voluta da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone.
Gli storici ci dicono che le origini di Lucca, risalgono all’epoca etrusca e romana. La città fu costruita in una zona, più elevata, rispetto al fiume Serchio che l’attraversava. Naturalmente ci sono versioni disparate sull’origine del suo nome. Per alcuni studiosi sembra che il nome derivi da una parola celto- ligure: “ Luk” che significa “un luogo paludoso” ma la radice della parola Luk ha anche un altro significato,” Luce”, che indicherebbe “una radura in mezzo alla vegetazione”.
Nel Medioevo, Lucca subì la dominazione degli Ostrogoti, poi dei Bizantini e dei Longobardi. Dopo i Longobardi, Lucca cadde sotto il dominio dei Franchi nel 990 d. C.
La città di Lucca, accrebbe importanza con Carlo Magno che ne fece dimora di Adalberto I, marchese di Toscana, il quale estese il suo dominio su Firenze e Fiesole. Naturalmente la storia di questa città è lunga e complessa e lascio ai competenti e agli storici la sua lettura.
Per conoscere la bellezza e il fascino che ispira Lucca, basta una passeggiata per le sue strade, e così si scoprirà l’incanto che essa emana.
Il punto di partenza per visitarla è la Porta di Sant’Anna. Dopo pochi minuti, si raggiunge la Chiesa di San Paolino, una delle ”cento chiese della città”, sparse all’interno del centro storico, con i campanili merlati, risalenti ad epoche diverse e i palazzi signorili che hanno al loro interno chiostri e cappelle.
Un viaggiatore, si ritroverà a camminare all’ombra degli austeri palazzi in pietra, scoprirà le corti interne, i giardini, i musei, giungerà alla piazza dell’Anfiteatro Romano, circondato dai palazzi e case dalle facciate tondeggianti. Scoprirà l’orto botanico, le torri dalle cime mozzate perché non fossero più grandi del Palazzo del Governo e la casa dove ebbe i natali Giacomo Puccini, oggi adibita a museo. Un tesoro d’arte e storia racchiuso dai quattro chilometri di mura che conservano e proteggono un antico passato.
Tutte le chiese di Lucca sono belle e importanti e tutte conservano le opere di illustri artisti del passato. Una delle chiese più belle è il Duomo di San Martino, dove, posto al centro, si trova il celebre sarcofago marmoreo della bellissima Ilaria del Carretto, morta giovanissima. Ai suoi piedi c’è la statua di un piccolo cane, che vuole rappresentare ( come si usava in Francia), un segno di fedeltà eterna. Questo monumento funebre di Jacopo della Quercia fu ordinato e fatto costruire nel 1406 dal marito della bella Ilaria, Paolo Guinigi, governatore illuminato e pacificatore di Lucca. Di Ilaria e di Lucca, il poeta Gabriele D’Annunzio ebbe a dire in una poesia: ” Città dall’arborato cerchio, ove dorme la donna del Giunigi”.
La Chiesa di San Michele conserva all’interno i bassorilievi di Andrea della Robbia; questa chiesa si trova nell’anonima piazza detta anche “piazza delle catene”, perché delimitata da colonnine di marmo collegate una alle altre da catene. Non si può passare da Lucca senza visitare, la Basilica di S. Frediano, iniziata nel 1100 e terminata nel 1200 e la chiesa di San Paolino.
Ogni terza domenica del mese, nel centro storico, e lungo le sue strade, si svolge il Mercato dell’antiquariato. In quella occasione i mercanti espongono i loro oggetti d’epoca. Si inizia dalla strada storica, Via del Battistero, popolata dai negozi degli antiquari. Tra le bancarelle di questa strada medievale, con le facciate delle case in mattoni rossi e le finestre a bifora, spesso si nascondono tra i vari oggetti di epoca più recente, (l’attuale modernariato) oggetti che rappresentano il passato artistico di Lucca, e anche antiche posate inglesi e biancheria finemente ricamata.
Lucca possedeva fino all’ottocento, un porto fluviale detto “Fiumicello” situato nel quartiere di San Frediano. Il porto consentiva agli abitanti di arrivare direttamente, su barche e barconi, al mar Tirreno. Il porto di Lucca divenne importante per il commercio della seta, per il rifornimento alimentare e in particolare del sale, un bene prezioso per quei tempi.
. Intorno al 1800, a Lucca, arrivò la ferrovia che si dimostrò più veloce e sicura, così il porto fu interrato e sopra vennero piantati alberi di pino. Questa zona, oggi, si chiama “Al Porto”.
Negli ultimi anni la città di Lucca ha promosso festival e mostre di grande richiamo: “ Lucca Comics&Games”, (festival del “fumetto”), il ” Summer Festival”, musicale, che in luglio ospita artisti a livello internazionale e si svolge in piazza Napoleone. C’è anche un importante festival della fotografia e dell’arte visiva “Lucca Digital Photo” che inizia da fine novembre fino a metà dicembre, il mercatino di Natale e altro ancora.
La città, nei secoli ha subito una storia di emigrazione. L’aspirazione a lasciare la terra d’origine per cercare lontano nuove opportunità, era una delle caratteristiche di questa gente. Nel ‘500 la scarsità di risorse dei paesi di montagna spinsero le persone di questi luoghi, ad emigrare.
Contadini, braccianti e boscaioli si recavano stagionalmente all’estero in autunno o inverno, quando non trovavano più il lavoro nei campi e nei boschi. Di solito emigravano nei paesi più vicini, in Francia, Corsica e Algeria. Andavano a disboscare e piantare ulivi e viti.
All’inizio della buona stagione, ritornavano alla loro terra d’origine e coi risparmi, messi da parte, costruivano o affittavano una casa o un podere da coltivare. Una delle caratteristiche che distingue i lucchesi è la loro determinazione e il coraggio ad affrontare ogni prospettiva che possa rendere la loro vita quotidiana migliore, per loro e per i loro figli.
Tra la fine del 1700 e il primo del diciannovesimo secolo, quando Lucca era uno stato libero avvenne un fatto nuovo; un’emigrazione straordinaria, quella dei “Figurinai” o “Stuccai” che non interessò tutta la lucchesia, ma soltanto una parte del territorio, nella Media Valle del Serchio e nella Valle del Lima. Erano, quelle, zone montuose con piccoli paesi arroccati in mezzo a boschi di faggi e castagni. Se altrove si emigrava per trovare un lavoro, la novità era che quegli abitanti emigravano per vendere all’estero i loro prodotti come le creazioni delle ” figurine di gesso.”
Negli anni ’30, il fenomeno dell’emigrazione si riversò principalmente nelle zone montane della provincia e i suoi abitanti, in cerca di “fortuna”, scelsero in gran parte l’America Latina e gli Stati Uniti. Ad ogni modo, la gente lucchese, a differenza di molti esuli italiani, andarono ad occupare, quasi da subito, posti di rilievo nelle nuove città.
Lucca durante la Seconda Guerra Mondiale fu risparmiata dai bombardamenti, ma nondimeno la popolazione civile nella sua provincia, riportò gravi e indimenticabili ferite. La valle del Serchio e la Versilia accusarono il passaggio del fronte della Linea Gotica e ci furono eccidi e rappresaglie, come la strage di Sant’Anna di Sazzema.
Mi piacerebbe che quest’ultima nota triste, fosse attenuata da una nota dolce, ricordando che in tutta la lucchesia, l’arte culinaria è ben curata e ogni piatto che si gusta è ottimo, come pure il suo vino. Il “dolce” più tipico di questa città è “il buccellato”, a forma di ciambella o di sfilatino, fatta a base di farina, uova, uva passita e semi d’anice. Questo dolce è ottimo, ve lo posso assicurare, se inzuppato nel “cappuccino” o a fine pasto, nel vino dolce.