“Premiare le eccellenze vuol dire soprattutto guardare al futuro, a talenti che hanno aperto nuove strade, continuano a percorrerle e offrono maggiori opportunità all’intera comunità nazionale”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Palazzo del Quirinale durante la cerimonia di consegna delle insegne di Cavaliere dell’Ordine “al Merito del Lavoro”.

Congratulandosi con i nuovi Cavalieri del Lavoro e con i giovani che, essendosi distinti negli studi, sono stati premiati con l’attestato d’onore di Alfieri del Lavoro, Mattarella ha riflettuto su questa “tradizione consolidata nel nostro Paese”, che si rinnova ogni anno ed il cui “significato non è rivolto al passato, alla apprezzata operosità dell’impegno finora dispiegato nella vita. Il suo valore non risiede soltanto nel riconoscimento di attività svolte con grande merito e delle benemerenze acquisite. Premiare le eccellenze vuol dire soprattutto guardare al futuro, a talenti che hanno aperto nuove strade, continuano a percorrerle e offrono maggiori opportunità all’intera comunità nazionale”, ha detto il capo dello Stato. “Abbiamo grande bisogno – come persone e come società – di pensare al domani. I mutamenti procedono a ritmo sempre più veloce e le innovazioni vanno promosse e guidate, con processi basati sulla capacità di visione”.
“La nostra unità civile”, che “inizia dalla solidarietà tra le generazioni”, per Mattarella “rappresenta una risorsa essenziale per il presente e per l’avvenire: a questa unità i giovani devono poter accedere e contribuire con la loro libertà e con il loro talento. Non dobbiamo mai smettere di chiederci cosa possiamo fare di più per aprire le porte ai giovani e sottrarli al rischio di marginalità”.

“Questo periodo registra una ripresa economica dai ritmi più sostenuti”, ha osservato il presidente Mattarella. “In Italia e in Europa. Dobbiamo partire da qui. È un risultato a cui miravamo, ma non possiamo sentirci appagati. Gli indicatori segnalano una crescita delle opportunità: dobbiamo fare in modo di non farcele sfuggire. Sono migliorati i livelli occupazionali; e il mercato del lavoro – nel suo insieme – suscita ulteriori attese positive. La crescita del Pil è migliore delle previsioni. La ripresa, tuttavia, non ha ancora ben inciso sugli squilibri creati dalla crisi, che vanno affrontati e colmati”.

“Sono i nostri giovani ad avere pagato in misura maggiore il prezzo della crisi”, ha denunciato il capo dello Stato. “Allo storico – e sempre più intollerabile – deficit di occupazione femminile, si sovrappone una grave difficoltà all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Non riuscire a valorizzare adeguatamente il nostro capitale umano provoca grave svantaggio per tutto il Paese. La mobilità nello studio, nella ricerca, nel lavoro è utile ai giovani e alla società. Ma quando l’esodo dall’Italia è determinato da una costrizione, e quando il rientro è reso problematico, se non addirittura impossibile, allora si registra un danno molto pesante cui è necessario porre rimedio”.

“Creare lavoro è una priorità a tutti i livelli di governo”, ha dunque ammonito Mattarella. “Occorre continuamente rafforzarne i presupposti e le condizioni normative, fiscali, sociali. Allo Stato il dovere di sostenere sforzi di sviluppo e di inclusione. “Ma è anzitutto l’impresa a produrre il lavoro”, ha sottolineato. “È necessario il coraggio degli imprenditori, la loro capacità di stare sul mercato, di sostenerne la competizione, di migliorare la propria posizione. Vale a dire quello che questa mattina premiamo. Nel tempo della quarta rivoluzione industriale, non si è certo ridotto il valore sociale dell’impresa; questo, anzi, ha assunto valenze ulteriori nelle dimensioni globali del mercato.
Per il presidente Mattarella “lo sviluppo sostenibile è l’obiettivo a cui bisogna tendere. La sostenibilità non riguarda soltanto i necessari equilibri dell’ambiente: sostenibile è una crescita che include, che rafforza la coesione nella società, che riduce le diseguaglianze; e che allarga la rete della integrazione e della cooperazione internazionale”.

“Andiamo verso una società che, per diversi aspetti, sarà differente da quella che abbiamo conosciuto. Non dobbiamo, quindi, aver paura di innovare”, l’invito di Mattarella, “di misurarci con nuove sfide, di entrare in nuovi mercati, di creare nuove connessioni per mettere in rete la qualità e il talento italiani: per farlo al meglio è necessario progettare, guidare il cambiamento. Occorre scommettere sulla ricerca, favorire gli investimenti, indirizzare il lavoro nei settori di tecnologia più avanzata, con le ricadute più significative sulle filiere del nostro sistema”.
“Il potenziamento delle conoscenze, delle competenze, della formazione rappresenta una priorità fortemente connessa al lavoro. La scuola e la ricerca restituiscono sempre, con ampi interessi, ogni investimento compiuto. Avremo bisogno nei prossimi anni di competenze e di professionalità, alcune delle quali ancora neppure interamente definite: dobbiamo farci trovare pronti, e, nel frattempo, formare i giovani affinché acquisiscano quelle condizioni qualificate di cui vi è bisogno, soprattutto in ambito scientifico”, ha continuato Mattarella. 

Un altro “compito che abbiamo davanti”, ha riflettuto il capo dello Stato, “è quello di ripensare il legame tra lavoro e welfare per aggiornarlo alle nuove domande, non certo per demolire il modello sociale europeo, base di democrazia con il suo criterio universale di cittadinanza. L’impresa e le altre parti sociali hanno un ruolo fondamentale nel gestire al meglio questi cambiamenti”.
“L’Italia ha le risorse per essere artefice del proprio futuro”, si è avviato quindi a concludere il presidente della Repubblica. “Questa partita va giocata insieme, con il concorso di tutte le componenti della società. E le imprese sono attori importanti, determinanti, per il risultato della compagnia Italia”.

“Decisiva sarà anche la consapevolezza e la forza che l’Unione Europea metterà in campo”, perché, come ha tenuto a ricordare Mattarella, “è l’Europa il soggetto che può agire efficacemente nella scala globale, e che deve esprimere l’energia per incidere sui processi sempre più veloci. È compito anche del nostro Paese – e responsabilità delle sue classi dirigenti – spingere l’Europa a rispondere alle aspettative dei suoi cittadini ed essere, in tal modo, fedele al suo compito storico. Lo rilevava il presidente D’Amato. Nessuno si avvantaggerebbe di un eventuale fallimento europeo, così come, oggi”, ha concluso, “tutti paghiamo le conseguenze di incertezze, di squilibri interni, di ritardi del Continente”


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