Sperimentare, reinventare, trasformare la fotografia in “fotografia d’affezione”, trasfigurando i soggetti e caricando nudi, autoritratti, nature morte, di un senso proprio, imprevisto ed inatteso.
La missione di Man Ray è stata forse quella di rendere ogni immagine come un enigma, quasi a suggerire come nel reale, anche il più abituale, sia celato un mistero. E così lo sguardo, che si fa incantato, è in grado di svelare un punto di domanda sul corpo, sul volto, sul braccio su cui si posano abiti, cappelli, accessori.
Ed è sempre lo sguardo a trasformare il tutto in quelle “meravigliose visioni” che costituiscono il filo conduttore della mostra Man Ray. Wonderful visions, fino al 7 ottobre alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea “Raffaele de Grada” di San Gimignano.
Oltre cento immagini consentono al visitatore di sfogliare il lavoro fotografico di uno dei maestri più significativi del XX secolo, l’artista dadaista e surrealista di Filadelfia che ha reinventato il fotogramma, ribattezzandolo rayograph, e la solarizzazione attraverso la quale ha restituito l’aura a corpi e ritratti.
“Ho tentato di cogliere le visioni che il crepuscolo o la luce troppo viva, o la loro fugacità, o la lentezza del nostro apparato oculare sottraggono ai nostri sensi. Sono rimasto sempre stupito, spesso incantato, talvolta letteralmente ‘rapito’” scriveva il fotografo amico di Duchamp e autore di film d’avanguardia.
Le oltre cento immagini fotografiche sono esposte a comporre un unico percorso unitario e, disposte in ordine cronologico, rimandano a quell’unico sguardo da cui nascono realmente, piuttosto che ai generi e alle funzioni. Come scrive Elio Grazioli, curatore della mostra, «L’affezione è ciò che crea il mistero, è il sentimento segreto che resta enigmatico al di là dello svelamento simbolico, è una dimensione privata in più di cui si carica l’oggetto, fotografia compresa, e lo sguardo, che si fa ‘incantato’».