La Malga Cloz, nel cuore della Val di Non, si trova a 1732 metri nella catena delle Maddalene (Ph Luca Ferrari)

Val di Non, provincia di Trento. Terra di natura. Patria delle mele in alta quota. Una passeggiata tra boschi immacolati e montagne incontaminate. Un’immersione in un mondo delicato che ha ancora molto da insegnare a una vita metropolitana sempre più ostaggio di sovraesposizioni digitali.

Da Mezzocorona in Val d’Adige fino a San Felice (Bz), la Val di Non si snoda lungo il fiume Noce fino al Lago di Santa Giustina nei presso di Cles, proseguendo lungo il Rio Novella. Quando si tratta di relax montano, i veneti tendono a essere molto stanziali, restando entro i confini regionali e prediligendo le comunque incantevoli “bellunesi” Agordino, Val di Zoldo e Cadore. Lo spirito di un reporter è differente e dopo vari confronti, ho deciso di partire alla scoperta della Val di Non, facile da raggiungere, rimanendo per gran parte del tempo sull’autostrada fino a dopo Trento.

L’impatto è subito quello della montagna ricercata. Niente grandi centri, ma piccoli paesini con la piazzetta, la chiesa e qualche esercizio commerciale.
Alloggiato a Castelfondo, poco distante dall’intimo lago Smeraldo, vengo illustrato dai titolari della strtuttura su quali siano le mete raggiungibili per “pedoni” sprovvisti di ciaspole, sci e simili. La prima opzione è il giro delle tre malghe sopra Proves: malga Cloz, malga Revò e malga Kessel, la prima delle quali facilmente raggiungibile in pochi minuti. Una passeggiata che mi porterà al cospetto della Catena delle Madddalene (Alpi Retiche Meridionali). La notte passa veloce, e dopo una lauta colazione a base di torta di mele fatta in casa, mi viene offerta la possibilità di visitare una stalla bovina. Per noi gente di città le mucche hanno un fascino incredibile! Il loro odore è l’essenza stessa della montagna. I loro muggiti, un richiamo mnemonico capace di far riemergere diari d’infanzia. Salutati i quadrupedi, sono finalmente in macchina a zigzagare tra i tornanti. Google Maps tace. Le sole indicazioni che tengo a mente è un rustico pezzo di carta scritto a mano.

Superato Lauregno, proseguo sulla SP86 fino al parcheggio Hofmahd. Lasciata la macchina, il selciato mezzo ghiacciato si rivelerà l’unico grande ostacolo che incontrerò fino alla meta. Armato di calzettoni super-pesanti, ho scelto le classiche scarpe da trekking estive. Una scelta, se vogliamo, azzardata ma vista la durezza della neve, non così folle. Tempo 2-3 minuti a piedi, eccomi entrare nel bosco, nel sentiero sulla sinistra, e iniziando così un assolo fatto di sole orme e respiri. La strada è in salita. La fitta vegetazione della macchia oscura quasi il sole. Sopra gli ultimi millimetri dei pini, l’immensità celeste avvolge l’ecosistema. Il tempo di girare a destra ed ecco aprirsi, o meglio dire spalancarsi, il panorama.

Davanti a me si stagliano imponenti e innevate le cime Cornicolo (Kornigl, 2.311 m), Cornicoletto (Kleiner Kornigl, 2.418 m) e Vedetta Alta (Ultner Hochwart, 2.627 m), quest’ultima la più alta sul fronte di Proves, e situata a metà tra la Val di Non e la Val d’Ultimo. Il sentiero si fa pianeggiante. Il sole quasi stordisce. Come una carezza, ti solleva. In lontananza si vede una tettoia traboccante di neve. È proprio lei, Malga Cloz.
Un posto ideale per vivere la montagna senza le folle, a stretto contatto con la natura e con la giusta dose di sapori del luogo.

In tutto il Trentino-Alto Adige il bilinguismo è una costante, ed ecco un cartello ligneo con la doppia scritta “X (formata da un’eloquente forchetta e coltello incrociati) Klotz-Alm Malga Cloz, 15 min. Oltre a ciò, una piccola panchina di legno letteralmente sepolta dalla neve, è collocata accanto a un pentolone in ferro battuto appositamente protetto. Il sentiero è sempre battuto, e non c’è rischio che si possano trovare ostacoli, tanto per gli adulti, quanto per i più piccini. Tutte le indicazioni coincidono alla perfezione.
Un preciso pannello illustrativo offre interessanti informazioni sulla specificità della malghe italiane, differenti nell’architettura da quelli sudtirolesi, e presentandosi con una struttura cubica, muro in pietra e tettoia di scandole corte chiodate. Sono a 1732 metri e la temperatura è davvero alta, tale da arrivare ad avere caldo anche con il solo maglione indosso. Il tempo di sedersi e la voglia di saggiare le specialità sale in modo impressionante. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra cui, i classici canederli allo speck al burro o in brodo, i canederlotti al formaggio di malga, spezzatino di polenta e crauti, formaggio alla piastra con polenta e crauti. Immancabile tra i dolci, torta sacher e strudel, il tutto ben innaffiato dal succo di mela.

Attrezzato a dovere e con la giusta preparazione, potrei raggiungere Cima Belmonte (2459 m) e/o Vedetta Alta (2627 m). Non questa volta. Passeggio tutt’intorno. Solo io, la neve, il cielo azzurro, i raggi del sole e qualche escursionista. Passa un po’ di tempo e inizio a rivestirmi. L’altitudine e la stagione si fanno sentire. Indugio. Sulla strada del ritorno, nel mio scendere lento e osservatore, una donna trascina su di un bob rosso con tanto di pratico volante, il figlioletto. Il piccolino è felice. Avrà si e no tre anni. Sorride. Chiama la sua mamma spensierato. Li guardo proseguire fino a vederli inghiottiti dal bosco. Storie di meraviglie e paesaggi infiniti.


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