L’intensa e proficua collaborazione tra il Consolato Generale d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, specificamente nel settore del design Made in Italy, si è concretizzata già nel 2013 nella mostra dedicata all’artista milanese Gio’ Ponti, ospitata contemporaneamente presso la residenza privata del Console Generale Giuseppe Perrone e l’IIC.
Dato il successo della prima edizione, l’esperienza è stata ripetuta anche quest’anno con un nuovo protagonista, un’altra icona dell’architettura e del design italiani nel mondo, più volte vincitore del prestigioso Compasso d’Oro e della medaglia d’oro alla Triennale di Milano: Vico Magistretti (1920-2006).
Il complesso progetto “The Functional Beauty by Vico Magistretti” rappresenta un’anteprima assoluta delle opere dell’artista nella West Coast degli Stati Uniti e si compone di due parti distinte, ma complementari: “The Living Environment”, esclusiva installazione privata, e “A Traveling Archive” in mostra all’IIC dal 13 giugno al 31 luglio 2014. Entrambe sono state realizzate in collaborazione con la Fondazione Studio Museo Vico Magistretti, che ha fornito bozzetti e disegni originali per accompagnare ogni opera con una più approfondita analisi del processo creativo.
I pezzi scelti per arredare la residenza del Console Generale Giuseppe Perrone incarnano la concezione del design dell’autore: “Oggetti esteticamente e funzionalmente validi, ma il più possibile economici”.
Ispirati al gusto della nuova classe borghese del dopoguerra, essi ricreano l’atmosfera di una casa italiana attraverso forme semplici, razionali e funzionali, pensate innanzitutto per essere sfruttate nella quotidianità, ma allo stesso tempo aventi l’aspetto di sculture moderne ed eleganti. Si tratta di esemplari vintage in cui estetica e praticità si fondono, ricevuti in prestito da gallerie locali e da collezioni private, e molti dei quali prodotti ancora oggi da alcuni dei principali marchi italiani tra cui Artemide (lampada da tavolo Eclisse, 1966), Cassina (divano Maralunga, 1973), Flou (letto Vanja, 1996) e Oluce (lampada da terra Lyndon, 1977).
L’installazione, curata da Lon Hamaekers, è stata presentata lunedì 9 giugno in occasione di un evento cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni italiane locali, tra cui Massimo Sarti e Michela Magrì dell’IIC e Carlo Bocchi dell’Italian Trade Agency, membri della stampa, sponsor e figure chiave della comunità tra cui Marisa Antonini, la cui Fondazione ha fortemente sostenuto l’iniziativa. Ospiti d’onore sono state Rosanna Pavoni, direttore scientifico della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti di Milano, che ha illustrato le opere esposte presso la residenza del Console Generale e curato la mostra all’Istituto di Cultura, e l’architetto Ilaria Mazzoleni (IM Studio MI/LA, SCI-Arc).
Dall’ambiente domestico a quello lavorativo, la produzione di Vico Magistretti si dispiega in tutta la sua versatilità attraverso una raccolta di bozzetti, fotografie e appunti in prestito dalla Fondazione, esposti all’IIC insieme ad alcune delle creazioni più significative che ricostruiscono lo storico studio milanese dell’artista (installazione e grafica realizzate da Andrea Speroni). Tra queste si possono ammirare i prototipi delle sedie Selene e Gaudi (Artemide, 1969-1970), il tavolo Vidun (DePadova, 1986), le sedie Maui (Kartell, 1996) e Silver (DePadova, 1989), le lampade Dalu (Artemide, 1965) e Atollo (Oluce, 1977), e molti altri oggetti dai colori accesi e dalle linee geometriche nette.
Durante l’inaugurazione della mostra il 12 giugno, le innovative teorie dell’artista sull’Italian Design sono state presentate dalla curatrice Rosanna Pavoni e approfondite nel corso di un dibattito moderato dall’architetto Ilaria Mazzoleni, seguito da una video-intervista. Dalle parole di Magistretti emerge che il segreto di un successo così duraturo è proprio nella semplicità e praticità delle sue produzioni, naturalmente influenzate dall’architettura più che dalla moda, prive di decorazioni in senso stretto, ma facilmente “comprensibili” sia dal pubblico sia dai produttori: “Mi piace il concept design, così chiaro che non c’è bisogno di disegnarlo. Molti dei miei progetti possono essere comunicati per telefono”.
La quotidianità rappresentava la sua principale fonte d’ispirazione: “Guardare le cose comuni con occhi diversi”, diceva. Inoltre, particolarmente importante era il rapporto con le firme più prestigiose, ancora oggi una componente essenziale per garantire che il design Made in Italy continui ad essere non solo una forma d’arte, ma anche un’importante risorsa economica per il paese. Vico Magistretti, infatti, conosceva bene il confine tra il proprio lavoro e quello del produttore, complementari, ma distinti: “Il designer non deve entrare nel merito della tecnologia o dei materiali, che sono problemi della produzione”.
Presente all’opening anche Giustina Magistretti, nipote dell’architetto-designer e direttore esecutivo di ISSNAF (Italian Scientists and Scholars in North America Foundation), la quale ha confermato, con grande orgoglio e gratitudine, che l’ambizione dello zio era di poter migliorare la vita delle persone attraverso i suoi oggetti semplici ed eleganti. E proprio su questa idea si basa “Il mio Magistretti”, una raccolta di fotografie e testimonianze di chi convive con queste icone nella dimensione quotidiana, sviluppando con esse un rapporto di familiarità e sintonia.
L’arte di Vico Magistretti è emblematica dello stile e della storia italiani, con un particolare legame con la città di Milano, i suoi maestri artigiani e produttori illuminati. Allo stesso tempo, ha un carattere internazionale, dato dal successo mondiale delle sue opere e dall’attività di insegnamento all’estero.
A cavallo tra tradizione e modernità, il suo lavoro affascina e rimane attuale: “Siamo parte di una catena, con una mano nel futuro e una nel passato”.