“Il mondo, il grido, la parola. La questione linguistica nella letteratura postcoloniale italiana”. A presentarlo è la studiosa brissinese Maria Grazia Negro che ha realizzato un saggio sulla letteratura postcoloniale italiana pubblicato da Franco Cesati Editore.
Il suo è un corposo lavoro di ricerca storico-letteraria. Un libro in cui si parla di letteratura e in cui si parla soprattutto di letteratura postcoloniale italiana: cioè, di letteratura in lingua italiana del periodo postcoloniale.
 
A scanso di equivoci, considerata l’attualità della deriva migratoria in Europa e nell’area mediterranea, da sud a nord, per evitare la facile conclusione che si possa trattare di un soggetto “di moda”, corre l’obbligo di dichiarare subito che questo è un libro di alta specializzazione, un saggio, un lavoro di ricerca serio e approfondito su un fenomeno che è, insieme, e letterario e sociologico: letterario perché si tratta soprattutto di produzione di testi; sociologico perché i testi esaminati sono scritti da autori che si trovano, come persone, cittadini, autori, ad esprimersi nella condizione storica e ambientale (spaziotemporale: si direbbe) propria di un contesto sociale caratterizzato dall’amministrazione coloniale, nel quale essi o sono nati, o sono cresciuti, o si sono formati come parlanti, come letterati o intellettuali, come scrittori. Altrettanto serio e drammatico è, purtroppo, ai giorni nostri il vistoso fenomeno della straripante migrazione proprio dai Paesi che furono ex colonie.
 
A questo proposito non sembri fuori luogo segnalare che proprio la letteratura “migrante” in lingua italiana è stata oggetto di una precedente pubblicazione della Negro: “Nuovo immaginario italiano. Italiani e stranieri a confronto nella letteratura italiana contemporanea” pubblicato da Sinnos, Roma, 2009.  
 
In questo secondo libro (“Il mondo, il grido, la parola”) l’ambito di indagine e di conoscenza si allarga, cercando di comprendere tutta la produzione letteraria del periodo postcoloniale, fino ai giorni nostri, scritta da autori di madrelingua, mistilingue, o italiani di ritorno, rientranti, anche se solo sul piano linguistico, dalla diaspora, e nuovi parlanti acquisiti alla lingua italiana: tutti scrittori che hanno sperimentato la condizione coloniale da soggetti attivi o passivi; oppure l’hanno semplicemente scelta come soggetto di narrazione per le loro opere.  
 
Fino ad ipotizzare (e verificare) situazioni di bilinguismo o multilinguismo conseguenza della pratica effettiva della multiculturalità.   
Così oltre alla più recente Letteratura italiana della migrazione, il discorso si è sviluppato estendendosi alla Letteratura postcoloniale italiana e alla Letteratura italiana contemporanea dal soggetto postcoloniale.
 
Per organizzare tutta questa produzione, il primo problema è quello della cronologia o, meglio, della “storia” del colonialismo italiano e della sua evidente incidenza sulla produzione letteraria specifica, secondo le tre definizioni testé esposte. Nonché quello dei limiti temporali entro i quali sia ascrivibile questa sezione di letteratura in lingua italiana; anche in rapporto ai colonialismi delle altre nazioni europee, molto più rimarchevoli; e ai rispettivi postcolonialismi, assai più complessi nella loro articolazione.
Ho detto prima che si tratta di un lavoro specialistico, quello fatto dalla Negro e ora devo aggiungere: caratterizzato da rigore metodologico, oltre che da completezza di indagine e da profondità di analisi.
 
Il fatto che si tratti di un lavoro serio, corposo e approfondito, non deve però scoraggiare l’eventuale approccio di chi, come noi, si diletta e si incuriosisce alla letteratura e alla letterarietà. Quando addirittura non se ne appassiona. 
 
Perciò sarà giustificata, comunque, e gratificante anche per noi la fondamentale importanza del dato scientifico; nonché la portata stessa del lavoro e la sua significazione nella prospettiva dell’orizzonte letterario italiano. In effetti, il significativo contributo che potrà offrire al dibattito storico-culturale anche sulla letteratura migrante.
 
Bene ha fatto Maria Grazia Negro, a privilegiarne la questione linguistica (la parola); dopo averne classificato i contenuti narrativi ivi descritti (il mondo), e studiato i motivi ideali, i sentimenti e/o gli atteggiamenti morali e civili di autori e personaggi (l’urlo).  
 
Per aiutare il lettore, destinatario oggi di queste poche note di commento, a meglio comprendere il libro e lo stesso suo contenuto nei due aspetti descrittivo e critico, aggiungo poche considerazioni secondo gli elementari principi della didattica. Primo: Che cos’è letteratura? 
La letteratura, in generale, è l’insieme dei testi realmente esistenti, o immaginati, o possibili, prodotti, o producibili, dal linguaggio umano. 
 
La parola. Praticamente tutto quello che è stato detto, tutto quello che si dice, tutto quello che si può dire, tutto quello che si è scritto, in qualsiasi lingua. L’astrattezza della definizione diviene concreta nella misura in cui si possa disporre effettivamente di questi testi, per cui si comprende bene come la definizione stessa, in pratica, si limiti ai testi scritti, esistenti e disponibili. Un’ulteriore limitazione è resa necessaria dal fatto che vengono eliminati i testi che, benché scritti, si presentano come ripetitivi e/o banali nella loro funzione informativa (come per esempio gli appunti personali, la lista della spesa della massaia o gli scontrini del supermercato). Utili forse per altre eventuali e possibili indagini, non necessariamente di tipo letterario. 
 
Quindi, per non portarla per le lunghe, concludiamo che letteratura è l’insieme di quei testi significativi, strutturati, formalizzati, e fissati nella scrittura, che abbiano oltre alla funzione informativa (referenziale, secondo la classica definizione di Jakobson) anche, e in maniera dominante, la funzione espressiva (originalità dell’emittente) e la funzione poetica (ricerca originale da parte dell’autore della costruzione – struttura formale – del messaggio).  
 
Detto questo, una prima segmentazione del corpus della letteratura è quella indicata della lingua utilizzata (una volta che di essa se ne definisca l’unitarietà), e all’interno di questa, quella della periodizzazione (le epoche della letteratura, per esempio, secondo la tradizione degli studi delle letterature europee: i cosiddetti Secoli della letteratura). 
Un’ulteriore classificazione poi, con taglio trasversale, è quella dei generi letterari; o quella del contenuto delle opere (ciò di cui si parla: il referente, o reale o letterario), molto spesso rientrante come elemento costitutivo nella stessa definizione del tipo di genere.  
 
Altre classificazioni, tante, ancora sono possibili, a seconda dei criteri, delle finalità, delle problematiche, ecc, che si intendono ricercare nello studio del ricco patrimonio letterario (i testi) o delle sue singole sezioni specialistiche. 
 
E qui giungiamo al nostro soggetto e al motivo che è alla base del  titolo del libro. Il mondo (la realtà storica, l’immaginario, il vissuto personale, il mondo interiore: i referenti, insomma), il grido (la sofferenza, il dolore, la ribellione, la testimonianza, ecc.), la parola (l’espressione e la scrittura, la creazione artistica). E poi “la questione linguistica” (problema), e “la letteratura postcoloniale italiana” che è il periodo storico, il particolare contenuto, la lingua scelta, che caratterizzano i testi presi in esame. 
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