In Christianity, Lent is the period of forty days that anticipates Easter and corresponds to the forty days spent by Jesus fasting and praying in the desert of Judea, as told by the Gospels. For Catholics, this is traditionally a period of restraining and meditation, often accompanied by days of fasting – usually Fridays.
While our grandparents’ generation was likely more observant of the church’s requirement to respect Lent, including the overall call to refrain from meat throughout the forty days, we are more relaxed about it today, with most people being non-observant or limiting the application of the ritual fasting to Fridays without meat.
This doesn’t mean that the period of Lent isn’t celebrated – on the table and in village squares – in special ways, with recipes and events that are typical only of this time of the year. Let us start with food. Traditional Italian Lent food includes anything that is considered “poor,” that is, that was once accessible to all, so bread, vegetables (easily available from family orchards) polenta in the North, soups and fish, both fresh and preserved in salt. La Cucina Italiana mentions one fish in particular, herrings – the dried, salted version – which were cheap and tasty and could make a meal with just a piece of bread. A traditional dish of Veneto is, for instance, herrings and polenta, a custom that, legends say, started at the end of the 15th century when Treviso fought back an attack from the Ottomans.
It is not surprising to see that fish appears on Lent tables across the country. Take baccalà and stoccafisso: they are a staple pretty much everywhere. First of all, the difference: baccalà is salted cod, while stoccafisso is air-dried cod. While we are talking of two different preparations, in some regions the names are interchangeable, like in Veneto, where we talk of baccalà alla Vicentina and baccalà mantecato but the fish used is actually stoccafisso. The same happens in Campania or Calabria, where baccalà is often used to name both preparations.
CapponMagro is what you eat in Liguria during Lent. It’s a delicious and very filling dish, which is served cold, made of layers of cod or other types of fish, potatoes, vegetables, and parsley salsa verde (which is made with olive oil, anchovies, garlic, and pinenuts) and a bottom layer of toasted bread or galletta del marinaio, a traditional Ligurian dry biscuit sailors used to bring with them at sea. As you can see by the ingredients, we are talking about a very rich, very complex dish: it may have no meat, but it’s far from being an example of cucina povera! In nearby Piemonte, Lent means lasagne gran magro, pasta layered with a sauce made with butter, anchovies, parmesan, and pepper.
Neapolitans likes scammaro for Lent, a sauce made with olives, pine nuts, capers and sultanas, which they use to top pasta or to add flavor to omelets – this last dish is called, as you may imagine, frittata di scammaro. Naples is also a fan of baccalà, which is traditionally battered and fried.
And what about dessert? Can we have dessert during a time of fasting and restraint? Well, while many of us in Italy like to give up sweets and cakes for Lent, in what we traditionally call “fioretto,” there are several sweet preparations typical of this period. Genoa is known for its quaresimali, cookies made without fats (no butter, no oil, no egg yolks), the main ingredients of which are pasta di mandorle, sugar, fennel seeds, egg whites, and orange blossoms water. They are then decorated with flavored icing. In Rome, Quaresima means maritozzo, but not the creamy ones we’re used to eating during the rest of the year, but a simpler version, made with honey, pine nuts, and candied fruit.
But Lent doesn’t show its influence on Italian heritage only in the kitchen. In some areas of the country, there are rituals and customs associated with this time of the year that date back centuries. For instance, in Irsina, in the Matera province of Basilicata, seven black-dressed dolls are placed in public, with one disappearing every Sunday. In Salento (Campania), we find the Caremma, a puppet that holds a thread of yarn in a hand and an orange pierced with seven feathers in the other: each Sunday, a feather is removed, symbolically cleansing humanity from sin.
If you like Italian cinema, and especially if you are a fan of Federico Fellini, then you may remember the opening scene of his Amarcord, where an old-woman-shaped puppet is cut in a half during a celebration and its content – candies, dried flowers, and cookies – is then collected by those present: that’s the traditional mid-Lent ritual of the segavecia, or “cut-the-old-lady,” a propitiatory rite that wants to symbolize the end of the cold season and the beginning of Spring. The same ritual, albeit in slightly different forms that may involve the burning or “drowning” of the puppet, takes place a bit everywhere in the center and North-East of Italy.
As it is typical of our country, though, every little village, every family even, has special habits for this time of the year, small rituals that may be tied to old family memories or people we loved, but are no longer with us: a treasure of knowledge, history, love, something to share with joy and pass on to the next generation.
Nel Cristianesimo, la Quaresima è il periodo di quaranta giorni che anticipa la Pasqua e corrisponde ai quaranta giorni passati da Gesù a digiunare e pregare nel deserto della Giudea, come raccontano i Vangeli. Per i cattolici, si tratta tradizionalmente di un periodo di contenimento e meditazione, spesso accompagnato da giorni di digiuno – di solito il venerdì.
Mentre la generazione dei nostri nonni era probabilmente più osservante del requisito della chiesa di rispettare la Quaresima, compreso l’invito generale ad astenersi dalla carne per tutti i quaranta giorni, oggi siamo più rilassati a riguardo, con la maggior parte delle persone che non è osservante o che limita l’applicazione del digiuno rituale ai venerdì senza carne.
Questo non significa che il periodo di Quaresima non venga celebrato – a tavola e nelle piazze dei paesi – in modi speciali, con ricette ed eventi tipici solo di questo periodo dell’anno. Cominciamo dal cibo.
Il cibo tradizionale della Quaresima italiana comprende tutto ciò che è considerato “povero”, cioè che un tempo era accessibile a tutti, quindi pane, verdure (facilmente reperibili negli orti di famiglia), polenta al nord, zuppe e pesce, sia fresco che conservato sotto sale. La Cucina Italiana cita un pesce in particolare, le aringhe – la versione essiccata e salata – che erano economiche e gustose e potevano diventare un pasto con un solo pezzo di pane. Un piatto tradizionale veneto è, per esempio, aringhe e polenta, un’usanza che, secondo le leggende, ebbe inizio alla fine del XV secolo quando Treviso respinse un attacco degli Ottomani.
Non sorprende vedere che il pesce appaia sulle tavole della Quaresima in tutto il Paese.
Prendiamo il baccalà e lo stoccafisso: sono un punto fermo praticamente ovunque. Prima di tutto, la differenza: il baccalà è quello salato, mentre lo stoccafisso è baccalà essiccato all’aria. Pur trattandosi di due preparazioni diverse, in alcune regioni i nomi sono intercambiabili, come in Veneto, dove si parla di baccalà alla vicentina e di baccalà mantecato ma il pesce utilizzato è in realtà lo stoccafisso. Lo stesso accade in Campania o in Calabria, dove baccalà è spesso usato per chiamare entrambe le preparazioni.
Il Cappon Magro è quello che si mangia in Liguria durante la Quaresima. È un piatto delizioso e molto saziante, che viene servito freddo, composto da strati di baccalà o altri tipi di pesce, patate, verdure e salsa verde al prezzemolo (che è fatta con olio d’oliva, acciughe, aglio e pinoli) e uno strato inferiore di pane tostato o galletta del marinaio, un tradizionale biscotto secco ligure che i marinai portavano in mare. Come potete vedere dagli ingredienti, stiamo parlando di un piatto molto ricco e complesso: sarà anche senza carne, ma è tutt’altro che un esempio di cucina povera! Nel vicino Piemonte, Quaresima significa lasagne gran magro, pasta a strati con una salsa fatta con burro, acciughe, parmigiano e pepe.
Ai napoletani piace lo scammaro per la Quaresima, una salsa fatta con olive, pinoli, capperi e uva sultanina, che usano per condire la pasta o per aggiungere sapore alle frittate – quest’ultimo piatto si chiama, come si può immaginare, frittata di scammaro. Napoli è anche un fan del baccalà, che è tradizionalmente pastellato e fritto.
E per quanto riguarda il dessert? Si può avere il dolce durante un periodo di digiuno e moderazione? Beh, mentre a molti di noi in Italia piace rinunciare a dolci e torte per la Quaresima, in quello che tradizionalmente chiamiamo “fioretto”, ci sono diverse preparazioni dolci tipiche di questo periodo. Genova è nota per i suoi quaresimali, biscotti fatti senza grassi (niente burro, niente olio, niente tuorli d’uovo), i cui ingredienti principali sono pasta di mandorle, zucchero, semi di finocchio, albume d’uovo e essenza di fiori d’arancio. Vengono poi decorati con glassa aromatizzata. A Roma, Quaresima significa maritozzo, ma non quello con panna che siamo abituati a mangiare durante il resto dell’anno, ma una versione più semplice, fatta con miele, pinoli e frutta candita.
La Quaresima non mostra la sua influenza sul patrimonio italiano solo in cucina. In alcune zone del Paese, ci sono rituali e costumi associati a questo periodo dell’anno che risalgono a secoli fa. Per esempio, a Irsina, nella provincia di Matera, in Basilicata, si mettono in pubblico sette bambole vestite di nero e una scompare ogni domenica. A Salerno (Campania), troviamo la Caremma, un fantoccio che tiene in una mano un filo e nell’altra un’arancia trafitta da sette piume: ogni domenica, una piuma viene tolta, purificando simbolicamente l’umanità dal peccato.
Se vi piace il cinema italiano, e soprattutto se siete fan di Federico Fellini, allora forse ricorderete la scena iniziale del suo Amarcord, dove un fantoccio a forma di vecchia viene tagliato a metà durante una celebrazione e il suo contenuto – caramelle, fiori secchi e biscotti – viene poi raccolto dai presenti: è il tradizionale rito di metà Quaresima della segavecia, o “taglio della vecchia”, un rito propiziatorio che vuole simboleggiare la fine della stagione fredda e l’inizio della primavera. Lo stesso rito, anche se in forme leggermente diverse che possono prevedere il rogo o l'”annegamento” del fantoccio, si svolge un po’ ovunque nel Centro e Nord-est d’Italia.
Come è tipico del nostro Paese, però, ogni paesino, ogni famiglia addirittura, ha delle abitudini particolari per questo periodo dell’anno, piccoli rituali che possono essere legati a vecchi ricordi familiari o a persone che abbiamo amato, ma che non sono più con noi: un tesoro di conoscenza, di storia, di amore, qualcosa da condividere con gioia e tramandare alla prossima generazione.
Unlike many news organizations, instead of putting up a paywall we have eliminated it – we want to keep our coverage of all things Italian as open as we can for anyone to read and most importantly share our love with you about the Bel Paese. Every contribution we receive from readers like you, big or small, goes directly into funding our mission.
If you’re able to, please support L’Italo Americano today from as little as $1.