(Ph Tumisu da Pixabay)

 La Salle, comune di 2.018 abitanti della Valle d’Aosta.

Si trova all’ingresso della Valdigne, è bagnata dalla Dora Baltea ed è dominata dal Monte Paramont (3.300 metri) a sud e da la Grande Rochère (3.326 metri) a nord. In passato era una delle parrocchie più grandi della Valle d’Aosta, benché in termini di popolazione e non di estensione territoriale. Le frazioni che la compongono sono molto numerose, ben 32, e sono sparse nella grande collina e nel Lo plan. In generale, hanno subito le conseguenze dello spopolamento della montagna e le case delle grandi famiglie del passato sono vuote o sono state vendute a stranieri che le hanno rimesse a nuovo. Il comune non è nuovo a spopolamenti.

Nel 1630 fu colpito da una violenta epidemia di peste e, secondo una leggenda, sopravvissero al flagello solo 7 coppie, ricordate da due piccoli quadri di legno intagliato appesi in cima alle due colonne che sostengono l’arco trionfale, tra la navata principale e il coro della chiesa. La leggenda dice che queste persone, sopravvissute grazie alla puntura di alcune formiche, abbandonate le loro case, si rifugiarono nei boschi dell’envers dove, rotolandosi nude sui nidi delle formiche, assorbirono l’acido formico che le rese immuni alla peste. Tornando alla storia, le conseguenze dell’epidemia furono disastrose per l’economia della Valle d’Aosta e per il paese. Prima della peste, la valle aveva circa 90.000 abitanti (La Salle ne aveva 2.200), mentre dopo l’epidemia il numero scese a circa 20.000.

La carenza di manodopera nelle campagne creò problemi molto seri. Solo la grande ondata di immigranti provenienti soprattutto dalla Francia e dal Piemonte che seguì, assicurò il proseguimento delle attività agricole e contribuì a ripopolare l’intera regione. Secondo una suggestiva ipotesi se-gnalata anche da storici francesi, Innocenzo V, che fu Papa della Chiesa cattolica nel 1276 e successivamente beatificato da Leone XIII nel 1898, potrebbe essere nato a La Salle, nel castello di Écours.

Il territorio comunale, ricco di numerosi insediamenti di epoca etrusca, tra le quali spiccano le necropoli di Heba, comprende le caratteristiche località di Pereta e Montiano di origini medievali e il Monastero di San Bruzio. Molto caratteristico il centro storico, circondato da una pregevole cinta muraria edificata tra il tardo Medioevo e il periodo rinascimentale. Durante la dominazione romana, furono utilizzati i pre esistenti insediamenti abitativi di origine etrusca. Al V-IV secolo a.C. risale il Disco di Magliano, reperto archeologico rinvenuto nel tardo Ottocento e attualmente conservato al Museo archeologico di Firenze, che è risultato fondamentale per la codifica dell’antica lingua etrusca. Il Medioevo vide la salita al potere degli Aldobran-deschi, che iniziarono a controllare numerosi centri della provincia di Grosseto, tra cui Magliano in Toscana che, al momento della spartizione dei territori avvenuta nel 1274, entrò a far parte della Contea di Santa Fiora.

Fino al Trecento, il borgo rimase un dominio aldobrandesco, venne fortificato con la costruzione della primitiva cinta muraria. Successivamente passò nelle mani dei Senesi nel Trecento, venendo poi inglobato nel territorio della Repubblica di Siena. In epoca rinascimentale, i Senesi effettuarono lavori di ristrutturazione ed ampliamento alle caratteristiche mura di Magliano in Toscana, che hanno conferito alla cerchia muraria gran parte dell’aspetto attuale. Il dominio ebbe termine a metà Cinquecento, quando il centro entrò a far parte del Granducato di Toscana, all’epoca controllato dai Medici, e da allora ne seguì le sorti. Facendo un salto di secoli, durante la Seconda Guerra Mondiale, nelle aree rurali nord-occidentali del territorio comunale si perpetrò, in data 22 marzo 1944, l’eccidio di Maiano Lavacchio. Le vittime, tutte giovani, sono note come i Martiri d’Istia, dalla località in cui molti di loro risiedevano prima della renitenza alle armi. Alle undici persone è dedicata una piazza a Grosseto.

Nicotera, comune calabrese di 6.445 abitanti della provincia di Vibo Valentia.

L’abitato gode di uno splendido paesaggio, comprendente Nicotera Marina, Monte Sant’Elia di Palmi, lo stretto di Messina, l’Aspromonte e le isole Eolie. Un vero e proprio terrazzo sul mare dal quale poter ammirare uno dei più suggestivi paesaggi che la Calabria offre. Col nome attuale che significa “Segno della vittoria”, essa è già nota nel IV secolo. Questo fu uno dei periodi più drammatici per Nicotera a causa delle incursioni saracene che spinsero gli abitanti a ritirarsi nel sito ove sorge la cittadina. Nel 1065 Roberto il Guiscardo la potenziò e fortificò così poté risorgere attorno al castello. Fu ricostruita seguendo schemi tipicamente normanni: il Castello e la Cattedrale rappresentano il cuore della città e da qui si ripartiscono le strade che portano ai quartieri.

Fu nuovamente distrutta e quindi ricostruita da Roberto d’Altavilla. Fu distrutta ancora una volta e poi ricostruita nel 1074 da Re Tamin d’Africa e nel 1085 dalle truppe di Benevert. Seguì un’ennesima ricostruzione da parte del Conte Ruggero di Lauria, che ne potenziò il porto. È ancora attaccata e distrutta dagli Almoravidi guidati da Ibn-MaiMun. Ruggero II la ricostruì nel 1122. Dopo le numerose distruzioni e ricostruzioni Nicotera viene conquistata da Federico II. La città fu poi resa agli Angioini, ma ancora una volta i cittadini furono costretti ad abbandonare le loro abitazioni quando nel 1638 fu saccheggiata dai Turcheschi. Durante il quattordicesimo e il XV secolo fu dominata dai Ruffo e dai Marzano. Nel 1496 passò alla famiglia di Gennaro che nel 1555 vi ebbe incardinato il titolo di Conte. Per successione nel 1585 ritornò in casa Ruffo fino alla distruzione della feudalità riconducibile al 1806. La cittadina fu nuovamente danneggiata dal terremoto del 1783.

Oggi Nicotera, che si regge prevalentemente sul turismo, la pesca e su piccole attività commerciali, vive un momento di forte crisi politico-istituzionale e di identità socio-culturale a cui si aggiunge una costante emigrazione che la sta spopolando.


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