L’Aquila, che si è meritata i prestigiosi appellativi di “Firenze d’Abruzzo” e “Salisburgo d’Italia” per la quantità cospicua di opere d’arte e monumenti molti dei quali sono stati gravemente e irrimediabilmente danneggiati dal sisma, ha una storia singolare e suggestiva. Situata in un incantevole paesaggio tra montagne e boschi nel Parco Nazionale ai piedi del Gran Sasso, su un’altura dominante la valle del fiume Aterno, fu fatta costruire dal grande imperatore Federico II il quale le diede il compito di affermarsi come capitale spirituale.
La città ha circa 800 anni: sorse intorno alla metà del XIII secolo sui resti del precedente sito romano di Amiternum. Dopo la distruzione ad opera di Manfredi nel 1259 risorse come libero comune. Contava 99 piazze, e 99 castelli ciascuno dei quali eleggeva il proprio sindaco.
Grazie all’autonomia politica e amministrativa, lo sviluppo economico e territoriale fu rapido. L’Aquila poté battere moneta propria, un vero privilegio dell’epoca medievale, e dare impulso ad attività specifiche, quali l’industria della seta, della lana e dei merletti, e alla coltura dello zafferano, che le fecero assumere il ruolo, seconda solo a Napoli, di centro più importante del Regno Angioino.
Resistette vittoriosamente a Braccio da Montone che il 2 giugno 1424 l’attaccò, ma rimase sopraffatta dalle milizie di Giovanna II comandate da Giacomo Caldora; appoggiò la casa d’Angiò contro Alfonso d’Aragona, e nella seconda metà del 1400 raggiunse l’apogeo della sua potenza.
Il suo declino cominciò negli ultimi anni del XV sec. quando L’Aquila si trovò coinvolta nelle guerre tra Francia e Spagna, appoggiandosi prima a Carlo VIII e poi all’imperatore Carlo V. Occupata nel 1529 dal viceré Filiberto di Chalon, principe d’Orange, fu saccheggiata e in parte distrutta, subendo anche forti perdite territoriali e gravi imposizioni fiscali da parte del governo imperiale.
Persa così l’autonomia e funestata da una serie di terremoti ed epidemie, fu scenario di continue ribellioni interne fino al XVIII secolo quando salì al trono di Napoli Carlo III, della casata dei Borboni di Spagna, che cercò di risollevarne le condizioni economico-sociali.
Ma nel 1799, L’Aquila subì un nuovo saccheggio da parte francese, e durante il regno di Murat fu privata di considerevoli tesori artistici. Nel periodo risorgimentale, dopo la restaurazione borbonica, partecipò ai moti del 1821, del 1831 e del 1848, e dichiarò la sua annessione al regno d’Italia l’8 settembre 1860, subito dopo l’entrata in Napoli delle truppe garibaldine. Il 2 febbraio 1703 si verificò un devastante terremoto che causò più di 3.000 vittime.
LA CITTÀ DEI SOGNI DI FEDERICO II
L’imperatore svevo la volle dalla forma simile alla piantandi Gerusalemme: la città Santa che lo aveva ammaliato durante la vittoriosa Crociata, dotandola così del doppio ruolo di capitale e di centro spirituale, aveva bisogno in realtà di una nuova capitale nel nord del Regno di Sicilia che facesse da testa di ponte tra esso e il regno pontificio e si avvicendasse a Roma. Federico, come sua consuetudine, mise in moto la sua potente macchina organizzativa con costruttori e astronomi. Nacque così la più grande città del medioevo con un disegno urbanistico di base semplice dal cui centro si diramano i quattro bracci di una croce quadrata. Le impose il nome Aquila come il sigillo imperiale, obbligò la distruzione di tutti i castelli nelle terre adiacenti, costruì il castello imperiale probabilmente individuabile nell’attuale basilica di Collemaggio.
L’edificazione delle chiese venne disposta per trascrivere a terra la costellazione Aquila che fu scelta in quanto, come riferiva l’astronomo di Federico II, le antiche popolazioni avevano per essa la stessa idolatria riposta nel Sole, perché, dal punto di vista astronomico, si alterna con la costellazione della Lepre, come il Sole con la Luna. Ogni chiesa aveva la sua stella corrispondente, la città stessa rappresentava il Sole: l’astro intorno a cui tutto ruota. La “costellazione di chiese” venne racchiusa dalle mura fortificate. Il disegno topografico della città doveva svolgere la duplice funzione di simboleggiare un messaggio celeste e profetico che la indicasse come “città dello spirito e del rinnovamento”. Per questo fu plasmata in modo tale che nella forma sembrasse un’aquila dalle ali spiegate e ricalcasse la pianta di Gerusalemme nel disegno delle mura perimetrali, ancora oggi visibili.
Se si osserva infatti l’antica mappa di Gerusalemme e la sua cinta muraria è praticamente uguale al centro storico di Aquila: la disposizione delle 12 porte murarie, il corso principale tagliato da via Roma, forma la croce dei 4 cantoni. Le due città inoltre sorgono entrambe su colline L’ Aquila è a 721 metri e Gerusalemme a 750 metri. Se si confrontano le mappe urbane del XIII secolo e si fanno ruotare entrambe si ottiene una sovrapposizione più o meno precisa. Altra importante conformità topografica è la disposizione dell’urbanizzazione rispetto ai fiumi Cedron e Aterno che scorrono entrambi fiancheggiando le città e ancora tra il monumento denominato “Piscina di Siloe” di Gerusalemme e l’aquilana “Fontana delle 99 cannelle”, opere di ingegneria idraulica adiacenti a porte murarie nella parte più bassa. A nord di Gerusalemme svetta il monte del Tempio che corrisponde alla antichissima chiesa di Santa Giusta e il monte degli Ulivi della Città Santa è in relazione con il colle aquilano su cui sorge la basilica di Collemaggio.