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Una delle vignette della quarantennale attività di Krancic
Alfio Krancic, negli anni Settanta inizia a collaborare con periodici giovanili come “Linea” e “La voce della fogna”, diretta da Marco Tarchi. Negli anni Ottanta, continua a sviluppare la sua passione per la satira, e comincia una lunga carriera su quotidiani nazionali.
 
Nel 1988 pubblica su La Gazzetta di Firenze, nel 1990 su Il Secolo d’Italia e nel 1992, Vittorio Feltri, lo porta a L’indipendente prima e poi, nel 1994, a Il Giornale, dove continua a pubblicare tutt’oggi una vignetta quotidiana. 
 Alfio Krancic

 Alfio Krancic

 
L’Italo-Americano lo ha intervistato:
 
Alfio, cosa è la “satira”. Che definizione ne dà?
 Satira è vedere la realtà attraverso una lente deformante, che però riesce a penetrare in profondità. Significa disvelare le ipocrisie, le contraddizioni della politica e non solo della politica. Colui che fa satira continua ad essere il bimbo che urla: “Il Re è Nudo!”.
 
Libertà di espressione e satira. È possibile coniugarle o ci sono dei confini inviolabili?
In astratto la satira non ha confini. È libera. Credo che l’unico confine sia quello  del “vecchio” buongusto. Oggi merce rara. Ad ogni modo oggi è più gratificante fare della satira urlata, sguaiata e nichilista che farne una sottile e intelligente.
 
Riflettendo sui fatti terribili di Parigi, la satira ne uscirà rafforzata o gravemente amputata?
 Dopo Parigi la satira non sarà più la stessa. Si è caricata di enormi responsabilità. 
 
Ha mai avuto problemi di censura o comunque, c’è mai stato qualche personaggio autorevole che si è sentito colpito dalle sue vignette?
La censura esiste eccome. C’è l’auto-censura e poi c’è quella preventiva che viene applicata dai giornali. Insomma, quando la vignetta è pesante, ci pensano quelli della redazione a stoppartela: “Questa è da querela, fanne un’altra…”. Così piano piano cominci a capire ciò che puoi fare o no.
 
Le sue vignette, conosciutissime, sono sempre molto ironiche, seppur dissacranti. Qual è, in conclusione, il genere di vignetta che “arriva” maggiormente al pubblico? 
Quella senza parole. Meno parole usi, e più arriva al pubblico. È la “vignetta perfetta”. 

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