Selling fruit and veg at an Italian market (Photo: Akkharawit Kanjanaopas/Dreamstime)

Over-tourism often makes a critical mistake: it rushes. This contemporary phenomenon, where certain tourist destinations become excessively crowded and visitors adhere to a rigid itinerary as if ticking off a grocery list at the supermarket, results in a missed opportunity. It wastes the chance for tourists to truly “experience” a place. By congesting and invading these locations, we suffocate and distort them. A city is not a B&B, a five-star hotel, a bundle of metro tickets, or a 72-hour access card to various sites.

Visiting a place means immersing yourself in its culture, understanding what makes it special. A monument, no matter how beautiful, historically important, structurally significant, or artistically relevant, is of little value when removed from its context and separated from the society that surrounds it daily. For instance, we cannot isolate the Colosseum or the Trevi Fountain from their surroundings if we want to truly understand and admire them. While the architects, builders, workshops, master craftsmen, quarrymen, and stonemasons who envisioned, developed, and created these masterpieces disappeared centuries ago, it is the surrounding landscape that provides context, explaining and enhancing them. If we move from one museum to another, from one square to another, from one garden to an equestrian statue without taking the time to understand the city or town that contains them, its history, and the society behind it, at the end of the vacation, we will have a collection of selfies or Asian souvenirs in our bags rather than a genuine journey through Italy.

Agreed, not all tourists are the same, and time is often limited, but the golden rule of being a good tourist should always be followed. Without understanding, all that remains is a collection of receipts or admission tickets. To visit Rome or Venice, one needs to immerse themselves, at least a little, in the local culture. This doesn’t mean studying hefty art history books, indulging excessively in cacio e pepe, taking obligatory photos with plastic-helmeted centurions, or flaunting a luxury-branded bag. Seeking authentic experiences, capturing the flow and real life of the place we are visiting, is the invaluable essence of travel. Florence will stay in our hearts if, perhaps, we miss the last entry to the Uffizi but spend half an hour watching the Arno flow as it did in Dante’s time. Rushing from one painting to another, from one hall to another, seeing 340 ancient statues in 40 minutes before the closing announcement of this cultural haven, it is decidedly better to admire the tranquil flow of the river. Just outside and ready for dinner in a local trattoria, we won’t remember any of those 340 statues.

It’s true that not everyone can afford a trip to Venice every day, and the Rialto Bridge and the Bridge of Sighs are must-sees, but managing to break away from the cyclopic flow of people doing exactly what we are, squeezed between gondolas and alleys, bridges and districts, will allow us to remember something about this marvelous city other than the crowds, the heat, the jostling, and the whirlwind of faces, clothes, and languages from around the world that distort the natural hush that should envelop the lagoon.

For example, the Rialto Bridge hosts the most famous and oldest market in Venice every morning. But in Campo de le Becarie, instead of eyeing trinkets or masks, one should wander among the fruit and vegetable stalls, meat, and fish vendors. Look for the famous violet artichokes of Sant’Erasmo or, from the first light of dawn, smell the sea among the mussels, mantis shrimp, and sardines. That is where you’ll find the authentic Venice.

Exploring markets is a way to truly grasp the Italian lifestyle. It’s not just about encountering the aromas, colors, and ingredients that grace their tables, or the flavors that define their renowned regional cuisines. It’s about hearing the bargaining between buyers and sellers, and immersing yourself in the everyday life of these places. You capture the essence of Palermo at Ballarò, experience the soul of Naples at Porta Nolana, and feel the heartbeat of Genoa at the Mercato Orientale.

The objective should not be to frantically see everything, hopping from one destination to another like grasshoppers. Instead, it’s about letting the places captivate you, making room in your heart and memory for beautiful moments in beautiful places, creating your own personal Italy of the heart. A leisurely stroll at Florence’s Mercato Nuovo among leather sandals and bags, or savoring a gelato at the Mercato del Porcellino while chasing a little boar with a lucky nose hidden among the vendors, is far more meaningful. Only here, amidst the stalls and the vibrant market atmosphere, does checking off your list like a grocery list make sense.

L’overtourism commette di solito un grande errore: ha fretta. Questo fenomeno contemporaneo che vede riempire in modo esagerato certe destinazioni turistiche e prevede una sorta di tabella di marcia da seguire durante la visita, per spuntare come in un “elenco della spesa da fare” al supermercato tutte le cose da vedere in una località, è un cortocircuito. Spreca l’occasione che il turista ha di “vivere” una località. Congestionando i luoghi, invadendoli, li si soffoca e snatura. Una città non è un b&b o un hotel 5 stelle, un carnet di biglietti della metro o card valide 72 ore per l’accesso ai siti.

Visitare un luogo significa avvicinarsi a una cultura, capire cosa rende un luogo speciale. Un monumento, per quanto bello, storicamente importante, strutturalmente significativo o artisticamente rilevante, è poca cosa se estrapolato e in un certo senso separato dal contesto che lo ha prodotto ma anche dalla società che lo vive quotidianamente. Se prendiamo il Colosseo o la Fontana di Trevi non possiamo isolarli da tutto quello che c’è intorno se vogliamo comprenderli e ammirarli davvero. Se è vero che sono scomparsi secoli fa gli architetti, i costruttori, i cantieri e le botteghe, i maestri artigiani, i cavatori e gli scalpellini che hanno pensato, sviluppato e prodotto materialmente questi capolavori, è il paesaggio attorno che, contestualizzandoli, li spiega e li esalta. Se si passa da un museo all’altro, da una piazza all’altra, da un giardino a una statua equestre senza darsi il tempo di capire come è fatta la città o il paese che li contiene, la storia e la società che ci sono dietro, alla fine della vacanza avremo una carrellata di selfie o di souvenir asiatici in borsa anziché un viaggio in Italia. 

D’accordo, i turisti non sono tutti uguali e il tempo è quello che è, ma la regola d’oro del buon turista andrebbe sempre assecondata. Senza comprensione, non resta che un elenco di scontrini o biglietti di ingresso. Per visitare Roma o Venezia, occorre immergersi almeno un po’ nella cultura locale. Questo non significa che bisogna studiare libroni di storia dell’arte, abbuffarsi di cacio e pepe, farsi la foto di rito con i centurioni dagli elmi di plastica o sfoggiare una borsa con il marchio di lusso in bella vista. Cercare i sentieri dell’autenticità, intercettare il flusso e la vita reale del luogo che stiamo visitando è l’esperienza impagabile del proprio viaggio. Firenze ci resterà nel cuore se magari abbiamo perso l’ultimo ingresso agli Uffizi ma ci siamo seduti mezz’ora a guardare l’Arno che scorre oggi come ai tempi di Dante. Per correre da un quadro a un mezzobusto, da una sala a una galleria vedendo sfilare 340 statue antiche in 40 minuti prima dell’annuncio di chiusura di questo luogo sacro della cultura, è decisamente meglio ammirare il placido scorrere del fiume. Appena fuori e già pronti per la cenetta in osteria, non ricorderemo nessuna di quelle 340 statue.

E’ vero che non tutti i giorni ci si può permettere una gita a Venezia e che Rialto e Ponte dei Sospiri sono dei must, ma riuscire a staccarsi dal flusso ciclopico di persone che fanno esattamente come noi stretti tra gondole e calli, ponti e sestieri, ci consentirà di ricordare qualcosa di questa meravigliosa città che non sia la calca, il caldo, le sgomitate, il turbinio di visi, abiti e lingue di tutto il mondo che snaturano quel silenzio ovattato che naturalmente dovrebbe avvolgere la laguna. 

Ponte di Rialto, per esempio, ospita tutte le mattine il mercato più famoso e antico di Venezia. Ma in campo de le Becarie non bisogna adocchiare ciondoli o maschere ma aggirarsi tra i banchi di frutta e verdura, carne e pesce. Bisogna cercare i famosi carciofi violetti di Sant’Erasmo o, dalle prime luci dell’alba, annusare il mare tra peoci, canocce e sardee. E’ lì l’autentica Venezia.

Avventurarsi tra i mercati è un modo per cogliere quello che è il lifestyle degli italiani. Non solo perché si incontrano profumi, colori e ingredienti che finiscono sulle tavole, sapori che fanno i piatti delle rinomate cucine regionali, perché si sente il mercanteggiare di acquirenti e venditori, ma perché si entra nella quotidianeità dei luoghi, nella loro normalità. Palermo la si coglie a Ballarò. Napoli la si incontra a Porta Nolana, Genova al Mercato Orientale.

L’obiettivo non deve essere la foga di vedere tutto il possibile, di saltare da una destinazione all’altra come cavallette, ma di lasciarsi affascinare dai luoghi, di fare spazio nel cuore e nella memoria per momenti belli in luoghi belli, di creare la nostra personalissima Italia del cuore. Meglio un giro al Mercato Nuovo di Firenze tra sandali in cuoio e borse di pelle o un gelato al Mercato del Porcellino inseguendo un cinghialetto dal naso portafortuna che si nasconde tra i venditori. Solo qui, tra bancarelle e urla dei mercatali, spuntare la nostra check-list come un “elenco della spesa da fare”, ha senso.

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