Photo: Marian Vejcik/Dreamstime

Let’s start with a concept that is not as obvious as it seems: identity is something to be invented.

Each of us is the declension, the free and very personal interpretation of a culture, a language, a territory, a piece of society. And just as every morning we wake up happier or more tired, so our being Italian,  American,  Italian American or whatever else, changes and is different every day. Fact is that identities, just like cultures, are a constantly evolving product of interactions, exchanges, influences, contaminations. They are mixed, hybrid, plural, multicultural, migrants and,  above all, neither static nor definitive. Because, firstly, we are free to be who and how we want.

Identity should not be seen as a photograph but as a movie, that is, not as a fixed and immutable image over time, but as a sequence of events, a superimposition of situations, a sum of stories that flows and evolves continuously.

In this sense, the identity of each and every one of us shouldn’t be seen as the end of a path, but rather, as the ultimate aim of the path itself. It is, in other words, the opposite of a predefined element: it is something continuously created by selecting from a thousand possible alternatives, it’s something we must fight for, something to be conquered and, above all, something  that changes  and adapts itself constantly to the  world around.  This happens because our identity lies in things, because it is a natural path: today we are like this, tomorrow we will also be something different. 

Let’s think of a house made of bricks: it’ll have foundations (childhood),  on which we place a first layer of bricks (those of youth). On those, then, we superimpose others (the experiences, encounters, travels and passions we discovered to have little by little, our maturity…), all the way up to the roof. Under that roof, rests a tale made of many different bricks. We  got rid of some, too: an open space is better than narrow rooms and let’s get rid of that wall! We need more light, but without forgetting to build a small closet to keep everything in order. 

© Konstantin Yuganov | Dreamstime.com

The Italian Heritage Month reminds us precisely of this bringing together several aspects of our cultural, social, linguistic, communitarian and professional way of being. We were born and raised in a context that became part of us, but then we learned and embraced more and more, as the years passed. Now, we have become — or rather we feel to be — someone who, very likely, we will no longer be tomorrow, because other changes will have happened within ourselves, changes that don’t erase any of the previous stages, though. 

At this point, identity means coexistence. Coexistence of several elements which, however, do not have fixed and predefined proportions. Each of us chooses. Knowing Italian, speaking it fluently, does not automatically mean being Italian. Eating a pizza every week does not mean being Neapolitan. Adoring the monuments of Rome, Sicilian landscapes, the art of wonderful Florence is not the same as being Roman, Sicilian or Tuscan. Not even someone from Valle d’Aosta who lived in Molise for a lifetime feels like this. Being Italian American today doesn’t mean the same for the whole “category,” for the entire Italian American community. Also because there is no exact definition, an exact label that qualifies us as such. We choose independently what we want to be, how much we want to feel American or Italian, and how we want to live and experience our double— or multiple — cultural identity. 

Obviously, everyday life is something we have to deal with: pandemic aside, we can’t go back to Italy as often as we’d like, just as we can’t call our, let’s say, Lombard relatives because we don’t speak Italian and they don’t understand English. And we cannot impose Italian on our children at home, if their father has Korean origins,  just like we cannot have a spaghetti meal with friends if we have no Italian or Italophile mates in the city where we moved …

But it’s nice to know that we can choose to be Italian. We can feel a bit Venetian despite everything and keep our Turinese origins because our maternal grandparents came from there; we can discover our roots during a summer in the peninsula, while leafing through an old photo album, when walking in a museum or enjoying a theatrical show that portrays something we also recognize as Italian or Italian American. We can recognize our identity even when  watching a movie on TV or  while reading L’Italo-Americano,  a paper that helps us, between a story, a character and a handful  of  traditions, to preserve that “tiny piece” of Italian within us. 

October is an opportunity to talk about us, about our way of being both “double” and “half.” Rooted a bit in the Belpaese and a bit on the West Coast, taking pleasure in listening to Italian but speaking English, of living in a strongly multiethnic and multicultural society, but of being anchored to the very Italian idea of Sunday lunch, strictly with family.

Choosing what it means for each of us to be Italian American is a fortune to be rediscovered, and  not only in October: by doing so, we’ll get richer every dat, we’ll feel more complete, more aware of what we are. Let’s take advantage of this Italian Heritage Month to love ourselves and each other,  in all our complexity and uniqueness! 

Partiamo da un concetto che non è scontato come sembra: l’identità è qualcosa da inventare.
Ciascuno di noi è la declinazione, l’interpretazione libera e personalissima di una cultura, una lingua, un territorio, un pezzo di società. E così come ogni mattina ci svegliamo più allegri o più stanchi, così il nostro essere italiani o americani o italoamericani o qualsiasi altra cosa, cambia, si modifica, è diversa ogni giorno. Il fatto è che le identità, come le culture, sono il prodotto in costante divenire di interazioni, scambi, influssi, contaminazioni. Sono meticce, ibride, plurali, multiculturali, migranti, soprattutto non statiche nè definitive. Perché innanzitutto siamo liberi di essere chi e come vogliamo.
L’identità andrebbe concepita non come una fotografia ma con un film ovvero non come un’immagine fissa e immutabile nel tempo ma come una sequenza di avvenimenti, una sovrapposizione di situazioni, una somma di storie che scorrono e si evolvono continuamente.
In questo senso l’identità di ciascuno di noi non è nemmeno un traguardo ma un obiettivo, uno scopo, è cioè tutto il contrario di un elemento predefinito: è qualcosa che si crea continuamente selezionando fra mille alternative possibili, qualcosa per cui è necessario lottare, qualcosa da conquistare, soprattutto qualcosa da cambiare e adattare continuamente. Questo semplicemente perché sta nelle cose, è un percorso naturale: oggi siamo così, domani saremo anche altro.
Immaginiamo una casa fatta di mattoni: ci sono le fondamenta (l’infanzia) su cui abbiamo appoggiato un primo strato di mattoni (quelli della giovinezza) e poi ne abbiamo sovrapposti altri (le esperienze fatte, gli incontri, i viaggi, le passioni che abbiamo scoperto poco a poco di avere, la maturità…) fino ad arrivare al tetto. Sotto quel tetto c’è un racconto fatto di tanti mattoni differenti. Qualcuno lo abbiamo anche eliminato dopo un ripensamento: meglio un open space anziché due camere strette, oppure via quel muro che abbiamo bisogno di più luce ma non dimentichiamo di creare un piccolo ripostiglio per dare ordine a tutte le cose.
L’Italian Heritage Month ci ricorda proprio questo mettere insieme più aspetti della nostra personalità culturale, sociale, linguistica, comunitaria, professionale. Siamo nati e cresciuti in un contesto che è entrato a far parte di noi, poi però ci siamo arricchiti di altro man mano che passavano gli anni e ora siamo diventati, o meglio ci sentiamo, qualcuno che però, molto probabilmente, domani non saremo, perché avremo apportato in noi altri cambiamenti, senza ovviamente dimenticare le tappe precedenti.
A questo punto del discorso, identità significa coesistenza. Convivenza di più elementi che però non hanno proporzioni fisse e predefinite. Ognuno di noi sceglie.
Conoscere l’italiano, parlarlo fluentemente, non significa automaticamente essere italiano. Mangiare una pizza tutte le settimane non vuol dire essere napoletano. Adorare i monumenti di Roma, i paesaggi siciliani, l’arte della meravigliosa Firenze non equivale ad essere un romano, un siciliano o un toscano. Non si sente (e non è) così neanche un valdostano che da tutta una vita abita in Molise.
Essere italoamericani oggi, non significa la stessa cosa per tutta la “categoria”, per l’intera comunità italoamericana. Anche perché non esiste una definizione esatta, un’etichetta che ci qualifichi come tali. Ognuno di noi sceglie autonomamente quello che vuole essere, quanto vuole sentirsi americano o italiano e come vuole vivere la sua doppia (o plurima) identità culturale.
Ovviamente la vita di tutti i giorni è qualcosa con cui poi bisogna fare i conti: pandemia a parte, non si può tornare in Italia tutte le volte che si vuole, così come non si può telefonare ai parenti lombardi perché noi non parliamo italiano e loro non capiscono l’inglese, non si può imporre ai propri figli l’italiano in casa se il papà ha origini coreane, non possiamo farci una spaghettata tra amici se nella città in cui ci siamo traferiti non abbiamo amici italiani o italofili…
Però è bello sapere che possiamo scegliere di essere italiani, possiamo sentirci nonostante tutto un po’ veneti, conservare le origini torinesi perché da lì venivano i nonni materni, scoprire le nostre radici durante un’estate nella penisola, sfogliando un vecchio album di fotografie, passeggiando in un museo, divertendoci a uno spettacolo teatrale che ritrae qualcosa che anche noi riconosciamo come italiano o italoamericano, vedendo un film in tv o leggendo L’Italo-Americano che ci aiuta, tra una storia, un personaggio o una tradizione, a conservare quel “pezzetto di noi” che è italiano.
Ottobre è un’occasione per parlare di noi, del nostro modo di essere doppi e a metà. Con le radici un po’ nel Belpaese e un po’ nella West Coast, con il piacere di ascoltare italiano ma di parlare inglese, di vivere in una società fortemente multietnica e multiculturale ma di essere ancorati all’idea italianissima del pranzo della domenica rigorosamente in famiglia.
Scegliere cosa significhi per ciascuno di noi essere italoamericani è una Fortuna da riscoprire non solo in ottobre, perché ci troveremo ogni giorno più ricchi, più completi, più coscienti di tutto quello che siamo. Approfittiamo di questo Italian Heritage Month per amarci nella nostra complessità e unicità!

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