Nato e cresciuto in Italia ma straniero: il diritto di integrare la seconda generazione dei migranti

Sul palco del Teatro Due Roma, è andata in scena la rivoluzione delle parole. Attori protagonisti il noto linguista Tullio De Mauro e Josef Temane Tewelde, in arte Jojo, candidato sindaco “incandidabile”. Regista di un incontro a più voci, originale e inaspettato, Rossana Calistri, direttore scientifico della Fondazione Integrazione. 

A rompere il silenzio Monica Pasquino, autrice della guida alla cittadinanza che ha ispirato il confronto e le riflessioni. Nessuna cerimonia e nessun copione già scritto. Ognuno ha detto la sua, muovendo delle critiche e proponendo soluzioni per niente scontate o indolore.
 
“È possibile costruire una società che riconosca e promuova gli stessi diritti tra chi è nato in questo paese – si domanda De Mauro – e i nuovi arrivati, quelli nati altrove e quelli nati qui da genitori stranieri come il sindaco ineleggibile, che è romano ma non cittadino?”. 
 
Il professore non ha dubbi in proposito. Lo stesso vale per Jojo, che testimonia la forza di chi ha un’idea di cittadinanza come “partecipazione attiva a questa società”, perché se è vero che “non posso votare, è vero che posso manifestare, partecipare ad assemblee, venire qua”.
 
“Quello che manca sono le istituzioni”, lamenta il sindaco ineleggibile. Parole che trovano conferma nel video “Se sopravvivi diventi italiano”, realizzato dall’associazione Scosse e proiettato a chiusura dell’evento, punto di partenza di un vivace dibattito con il pubblico in sala. Un dialogo a più voci che ha avuto due innegabili meriti: quello di svelare e indagare le contraddizioni inscritte nel binomio lingua-cittadinanza e quello di riportare l’attenzione sull’accessibilità linguistica dei testi di pubblica utilità, in cui la guida idealmente si colloca. L’acceso linguistico rappresenta il presupposto necessario, ma non sufficiente, di quel diritto all’informazione che è alla base della dialettica democratica.
 
Il caso di Josef e dei migranti di “seconda generazione” è, in questo senso, paradigmatico: i diritti negati in sede istituzionale vengono affermati e ribaditi dal possesso della lingua. Jojo sindaco parla italiano, anzi parla una varietà regionale dell’italiano, essendo romano. Già questo basterebbe a identificarlo come appartenente alla comunità che condivide, almeno in parte, il suo stesso codice. Una questione di diritto che si traduce sul piano di un’etica del linguaggio, che ci ricorda come la lingua e le istituzioni siano necessariamente di chi le usa, le vive, piegandole ai propri bisogni ed esigenze. 
 
È solo aprendosi alla possibilità di una molteplicità di codici differenti, capaci di contaminarsi tra di loro, che si definisce la strada che dall’integrazione porta all’interazione. 
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