«Dunque nulla di nuovo da questa altezza / Dove ancora un poco senza guardare si parla / E nei capelli il vento cala la sera. / Dunque nessun cammino per discendere / Se non questo del nord dove il sole non tocca / E sono d’acqua i rami degli alberi. / Dunque fra poco senza parole la bocca. / E questa sera saremo in fondo alla valle / Dove le feste han spento tutte le lampade. / Dove una folla tace e gli amici non riconoscono».

Il pensiero e l’opera poetica di Franco Fortini (all’anagrafe Franco Lattes; 1917-1994), come emerge soprattutto in Foglio di Via – qui citata e che dà il titolo alla raccolta di poesie del 1946 – è profondamente segnata da una riflessione etico-religiosa che influenza l’impegno politico dell’autore. In questo scritto, inoltre, il sentimento dell’angoscia emerge con forza dalla descrizione di un conflitto che non appare né risolto, né tantomeno superato.

«Se dovessimo tracciare l’identità di Fortini a partire da questa poesia e da questa raccolta – ha detto Francesco Diaco,  Dottorando in Filologia e Critica all’Università di Siena, durante il suo intervento alla Conferenza “Italian Identities through War” che si è tenuta venerdì al Dipartimento di Italiano di UCLA – sarebbe sicuramente un’identità in esilio e in continua dialettica tra l’individuo singolo e la sua collettività. Il pensiero di Fortini è fortemente anti-ermetico, alla continua ricerca dello sviluppo di sé e della propria Bildung, ma allo stesso tempo appare anche profetico e apocalittico».

La Guerra è, tanto per Fortini quanto per Vittorio Sereni (l’altro poeta preso in considerazione da Diaco nel paper Fortini e Serani di fronte alla Guerra. Utopia e prigionia), uno degli elementi fondanti dello sviluppo culturale, poetico e identitario della persona.

E organizzare una conferenza dedicata a questo tema, ovvero quello dell’identità culturale italiana sviluppata attraverso la guerra (ma più in generale, il conflitto), quest’anno ha un significato particolare.

«Nel 2015, infatti, ricorrono i 100 anni dalla partecipazione dell’Italia alla Prima Guerra Mondiale – ha ricordato Viola Ardeni, dottoranda all’UCLA –. È per questo motivo che abbiamo deciso di dedicare il tema della conferenza annuale organizzata dal Dipartimento di Italiano e dall’Associazione degli Studenti alle varie identità italiane che si sono sviluppate in Italia e tra gli italiani attraverso i vari conflitti».

La conferenza, in particolare, ha avuto come obiettivo quello di approfondire l’esperienza della guerra e del conflitto come fattore germinale nella formazione dell’identità all’interno del generale contesto italiano. Inquadrando la discussione con incontri mirati, che hanno esaminato l’impatto storico della guerra sulla letteratura, sulla musica e sul cinema, questa conferenza suggerisce anche di riflettere sia sulle grandi che sulle piccole guerre che hanno segnato la politica, l’economia e le identità personali dei cittadini italiani e non.

Allo stesso tempo, però, per dare voce alle varie generazioni di italiani e così da non relegare la conferenza al solo ambiente accademico, l’incontro è stato aperto con la proiezione del filmato Italy: notes on conflicts realizzato dallo studioso Marcello Bonini. Dalle interviste realizzate da Bonini (che hanno toccato almeno tre generazioni di italiani ancora residenti sulla Penisola), emerge una considerazione del conflitto come elemento connaturale al tessuto italiano e alla sua cultura.

«Anche se assopita, la conflittualità è parte integrante del tessuto sociale» – ha dichiarato un’intervistata – mentre qualcun altro ha aggiunto: «una delle cause principali che ha alimentato i tanti conflitti che si sono sviluppati nel nostro paese è legata alla debolezza dello Stato. Questo fattore, infatti, ha creato le basi affinché la politica dei singoli partiti potesse fare un po’ quello che maggiormente credeva essere il proprio compito».

Oltre all’esposizione di Diaco, nella prima giornata hanno esposto anche Francesca Facchi dell’Università di Toronto (con uno studio dal titolo Crisi e ricerca di identità nella bufera  del Novecento: il “semi eroismo clandestino” di Montale come nuova chiave interpretative dell’opera italiana) e Gabriele Pedullà – keynote speaker – dell’Università Roma Tre.

Sabato, invece, erano in programma altri tre serie di esposizioni principali: The Violated Italian Body (con presentazione di studi sulla violenza sessuale nell’Italia occupata, su Sophia Loren e sulle foibe), The Construction of Italian National Identity (che ha approfondito il tema della celebrazione della vittoria italiana in Etiopia nel 1936, quello della Grande Guerra nell’opera di Gianni Stuparich e della tratta degli schiavi africani a partire dagli archivi siciliani) e Performing Italian Identity, che invece ha trattato il tema delle canzoni popolari,  quello della scenografia interna al Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio e della mistificazione della realtà ne Il Conformista di Bertolucci.

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