Hône, comune di 1.163 abitanti della Valle d’Aosta.
Si colloca al limite orientale della piana di Arnad, nella bassa Valle d’Aosta. Il territorio si estende a nord della Dora Baltea, all’imbocco della valle di Champorcher, ed è delimitato dal torrente Ayasse e dalla chiusa di Bard. La presenza di pietre coppellate (pietre scavate utilizzate per riti religiosi e propiziatori) e di balme (rifugi scavati nella roccia), testimoniano che il luogo era già abitato durante l’Età del bronzo e del ferro. Al contrario, nessun ritrovamento è riconducibile all’epoca romana. Durante il Medioevo, Hône fece parte dei domini della Signoria di Bard, vassalli dei Vallaise e dei Savoia.
Nel 1689, il conte Marelli fece costruire, di fronte alla Parrocchiale di San Giorgio, un maestoso “château à la moderne” tuttora esistente ma bisognoso di restauri mirati. Negli ultimi tre secoli Hône conobbe, accanto alla attività agricola tradizionali, insediamenti metallurgici: fonderie e vecchie fucine dislocate lungo il corso dell’Ayasse e, più tardi, industrie metallurgiche vere e proprie fra cui la ben nota “Fabrique des clous” risalente agli inizi del ‘900 e fondata dall’imprenditore svizzero Giacomo Gossweiler; per giungere poi alle attuali aziende di piccola e media grandezza, operanti in settori che impiegano tecnologie decisamente avanzate.
La comunità di Hône conserva anche numerose testimonianze riguardanti il suo passato: fra queste ricordiamo gli antichi “rus” della zona collinare, in particolare quello superiore documentato a partire dal XV° secolo e tuttora funzionante, oltre a quello inferiore, risalente alla seconda metà del 1600. Come pure al 1600 e 1700 risalgono le cappelle dei villaggi e soprattutto la ricca iconografia barocca presente nella Chiesa parrocchiale di San Giorgio. Da citare, infine, il solido e svettante campanile ricostruito in stile romanico nella prima metà del ‘700 nonché il vecchio ponte medioevale che unisce Bard con Hône, profondamente ristrutturato verso la fine di quel secolo.
Ischia di Castro, comune laziale di 2.377 abitanti della provincia di Viterbo.
È situato nella zona più a nord della regione, a pochi chilometri dal lago di Bolsena e a 30 dal Mar Tirreno. Dista circa km 40 dal capoluogo di provincia. Le origini ischiane risalgono all’età etrusca della quale rimangono alcune testimonianze, ma molto tempo prima l’uomo preistorico visse lungo le rive del Fiora dove sono state trovate asce di silice, punte di frecce e altri oggetti. Durante il Medioevo il borgo si estese a ridosso dell’antico Palazzo ducale (rocca) dove i Farnese edificarono il loro palazzo. Nel 1537 Paolo III Farnese affidò il Ducato di Castro al figlio Giuannini con capitale Castro.
La città fu costruita seguendo una pianificazione urbanistica, progettata da Sangallo il Giovane. Quando Sangallo morì la città era quasi terminata, ma intanto Pier Luigi si era trasferito a Piacenza, dove fu ucciso poco dopo; suo padre affidò allora il ducato al nipote Ottavio. I Farnese, in contrasto con la Chiesa, tennero Castro fino al 1649, quando Innocenzo X ordinò la sua distruzione. Nel territorio comunale si trovano le rovine dell’antica città rinascimentale di Castro distrutta nel 1649. Nel paese si può ancora ammirare il Palazzo Ducale, al cui progetto collaborò Antonio da Sangallo il Giovane. Nel 2011, Ischia di Castro, insieme ad altri 153 comuni italiani, ha partecipato come primo comune del viterbese al concorso nazionale “Comuni Fioriti”.
Con tale iniziativa, il paese è entrato a far parte del principale circuito nazionale che unisce l’Italia del verde e dei fiori, richiamandosi alla tradizione dei grandi circuiti del verde in Europa, come il francese Villes et Villages Fleuris o l’inglese Britain in Bloom, questi ultimi attivi ormai da molti decenni. Fiori e piante lungo le strade e nei principali parchi pubblici (tra cui lo storico Poggio Bricco) rappresentano uno strumento di promozione turistica ed un elemento di qualità dell’accoglienza, secondo lo slogan spesso usato “Fiorire è accogliere”.
Lacco Ameno, comune campano di 4.731 abitanti della provincia di Napoli, situato sull’isola d’Ischia.
Occupa la parte nord-occidentale dell’isola e si estende lungo il mare e sulle prime pendici del Monte Epomeo. Il nome Lacco secondo la maggior parte degli studiosi deriva dal greco lakkos che significa pietra. Il 18 novembre 1862 il Consiglio comunale chiese al re Vittorio Emanuele II l’aggiunta dell’aggettivo “Ameno”, concessione accordata l’anno successivo. Santa Restituta è patrona della cittadina e dell’intera Isola. Tradizionalmente la sua festa era l’occasione in cui i fidanzati compivano la loro pubblica uscita. Le ragazze in età da marito (in dialetto isolano zitegghie), regalavano al ragazzo in età da moglie, (in dialetto schioso), la canasta (un uovo tinto di rosso) in occasione della Pasqua. Il ragazzo ricambiava, accompagnando la ragazza alla festa della santa patrona dell’isola. Sulla piazza Santa Restituta si affacciano: la Torre del Municipio, un ex-convento dei Carmelitani edificato nel Seicento e la Basilica di Santa Restituta.
Al di sopra della Basilica paleocristiana sorse nel 1036 un Oratorio dedicato alla Santa, ingrandito poi nel 1301. Sul finire del Cinquecento i Carmelitani ne modificarono la struttura costruendo l’attuale Basilica dotandola di diversi altari e della statua in legno della santa. Secondo la tradizione, nel 304, Proclinio, dopo aver martirizzata la santa, la mise in una barca impeciata affinché fosse bruciata in mezzo al mare. Il fuoco si appiccò invece alla barca dei carnefici mentre la salma della Vergine Restituta di Cartagine, giunse miracolosamente dalla lontana Africa approdando nella baia di “San Montano”.
Un angelo in sogno avvertì la matrona Lucina dell’arrivo delle spoglie della santa. Prontamente la matrona accorse alla baia miracolosamente fiorita di gigli. Da allora Santa Restituta è la patrona dell’isola e il santuario (nel paese ci sono altre cinque chiese) a lei dedicato, il 16, 17 e 18 maggio di ogni anno è sede, a ricordo di tale miracoloso evento, di solenni festeggiamenti.