(Photo: Arsenii Popel/Dreamstime)

For 116 years, not just a month, we’ve stood by the Italian-American community on the West Coast. How better to show our commitment to preserving and promoting Italian-American heritage? Giving a voice to the Italian and Italian-American communities has always been the mission of L’Italo-Americano, the oldest and longest-running ethnic newspaper in the United States, and the very reason it was created. If we were to look back at the incredible array of Italian and Italian-American portraits and stories that have filled our pages, we’d be struck by the countless faces representing the vibrant community that makes up the fifth-largest ethnic group in the US.

What’s impossible to measure is the immense contribution all these individuals—whether well-known or not—have made in shaping the Italian-American identity we celebrate today. This shows just how deep, widespread, and enduring the impact of our culture has been. The influence is so vast that a handful of names is enough to see how every field has been touched by our dynamic community: from Guglielmo Marconi to Salvatore Ferragamo, from Robert De Niro to Lady Gaga, from Francesca Cabrini to Oriana Fallaci, from Arturo Toscanini to Fiorello La Guardia, from Frank Capra to Joe DiMaggio, from Candido Jacuzzi to Joe Petrosino. There’s no era or sector where Italians haven’t left a lasting mark on our shared culture.

In many cases, even a last name is enough to give away Italian roots, and today, those roots are a source of pride. This wasn’t always the case. In fact, changing perceptions of Italian identity is part of the reason this newspaper was founded. Back then, paesani stuck in Little Italys were marginalized, seen as uneducated laborers to exploit—rough, with simple habits and kitchens filled with unpleasant smells—immigrants to demonize and punish. Giving them a voice through a newspaper was a powerful act of redemption. Things got worse during World War II, when poor Italian immigrants—fishermen and miners—were labeled dangerous “enemy aliens” and isolated. It’s a shameful history, kept secret for decades, even from us.

Today, things couldn’t be more different. It’s Taylor Swift, a multi-millionaire pop queen, who proudly claims her Calabrian roots. And she’s not the first—Madonna did the same with her Abruzzese heritage back in the ’80s, and Bruce Springsteen declares at his Italian concerts, “I’m from Southern Italy, and here in Naples, I’m home.” And let’s not forget The Voice, Frank Sinatra, whose mother was Genoese and father Sicilian, who always supported the Italian-American community throughout his career (as our Maria Gloria has reminded us for 45 years in her iconic column “The Italian Connection”). Then there’s his friend and colleague Dean Martin, originally from Pescara. In film, there’s Martin Scorsese with his Sicilian grandparents, Leonardo DiCaprio with a grandfather named Salvatore, son of Casertan immigrants, John Travolta, Al Pacino, both with Sicilian fathers, and Bradley Cooper, whose maternal grandparents were entirely Italian. And it all started with the unforgettable Rodolfo Valentino from Castellaneta, Puglia.

Italian names and talents span every industry—from politics to sculpture, entrepreneurship to science, manufacturing to literature, cuisine to automotive and aerospace. Many have yet to be fully recognized in our collective narrative. And many of you, dear readers, deserve the spotlight just as much as those famous names. Your lives and personal achievements show that Italian-Americans and Italians in America have reached countless milestones. The values you pass down through your families, schools, associations, and communities are as numerous as they are meaningful. Your everyday acts—sharing recipes, memories, dialects, and Italian names—are the greatest gifts to the society we all belong to. So, a heartfelt “Thank you” to each of you for preserving pieces of our identity, and to everyone: happy Italian-American Heritage Month!

Non da un mese ma da 116 anni siamo accanto alla comunità italoamericana della West Coast. Come meglio dimostrare il nostro impegno per salvaguardare e promuovere il patrimonio italoamericano? Dare voce alla comunità di connazionali italiani e italoamericani è il lavoro costante de L’Italo-Americano, il più antico e longevo giornale “etnico” degli Stati Uniti, e la ragione stessa per cui venne fondato. Se ripercorressimo a ritroso l’incredibile carrellata di ritratti e storie italiane e italoamericane che hanno trovato spazio sulle pagine del nostro-vostro giornale, ci stupiremmo forse di quanti volti esprimono i grandi numeri che compongono la quinta comunità più grande degli Stati Uniti. 

Non riuscire a contare e a quantificare il contributo che tutte queste persone, più o meno note, hanno dato alla costruzione del nostro essere italoamericani oggi, è il risultato più importante. Dimostra nei fatti quanto vasto, diffuso, profondo, perdurante e tutt’altro che occasionale sia stato l’impatto della nostra cultura. L’impronta lasciata è così variegata che spesso bastano pochi nomi per rendersi conto di come ogni campo sia stato e sia ancora profondamente influenzato dalla nostra vivace comunità. Da Guglielmo Marconi a Salvatore Ferragamo, da Robert De Niro a Lady Gaga, da Francesca Cabrini a Oriana Fallaci, da Arturo Toscanini a Fiorello La Guardia, da Frank Capra a Joe Dimaggio, da Candido Jacuzzi a Joe Petrosino. Non c’è campo o epoca in cui qualche italiano non abbia lasciato un segno profondo nella nostra cultura italoamericana. 

Allo stesso modo, in molti casi basta un cognome a “tradire” le origini di un connazionale ma spesso è proprio chi lo porta a farne un vanto e questo, oggi, è possibile perché è cambiata radicalmente la percezione dell’italianità. In origine le cose andavano molto diversamente e in parte fu proprio per quello che il giornale nacque: quei “paesani” confinati nelle Little Italy erano emarginati, erano lavoratori ignoranti da sfruttare, gente rozza dai costumi umili, cucine povere dagli odori fastidiosi, immigrati da demonizzare e punire a prescindere. Riuscire a dare loro spazio e voce su un giornale rappresentava già una potente forma di riscatto. Se possibile, la situazione peggiorò ancora. Durante la seconda guerra mondiale gli immigrati italiani, poveri pescatori o semplici minatori, divennero pericolosissimi “enemy aliens” da isolare e confinare. Una storia così vergognosa che anche per noi è rimasta segreta per decenni.

Oggi invece, è la talentuosa e milionaria regina del pop Taylor Swift che vanta le origini calabresi. Ma non è certo la prima se si pensa che Madonna fece lo stesso con le sue radici abruzzesi già negli anni ’80 o Bruce Springsteen che nei concerti italiani rivendica con orgoglio “Io sono del Sud Italia e qui a Napoli sono tornato a casa”. Come non citare poi “The Voice” Frank Sinatra la cui mamma era genovese e il padre siciliano e che per tutta la carriera mai si dimenticò di sostenere la “sua” comunità italoamericana (come da 45 anni ci ricorda la nostra Maria Gloria nella sua storica rubrica “Italian Connections”) o Dean Martin, suo amico e collega originario di Pescara. Che dire del cinema? Da Martin Scorsese coi nonni siciliani a Leonardo Di Caprio, col nonno Salvatore figlio di immigrati casertani, da John Travolta col padre di origini siciliane come quello di Al Pacino, a Bradley Cooper coi nonni materni italiani al 100%, senza dimenticare il punto di partenza: l’indimenticabile Rodolfo Valentino da Castellaneta, Puglia.

I nomi e i talenti si sprecano in ogni campo, dalla politica alla scultura, dall’imprenditoria alla scienza, dalla manifattura alla letteratura, dalla cucina e dall’enogastronomia all’automotive e all’aerospazio. 

Moltissimi non hanno ancora trovato spazio nel racconto collettivo e molti di voi, cari lettori, meritereste un primo piano analogo ai nomi più famosi perché, come dimostrano le vostre vite e i vostri personali successi, i traguardi raggiunti dagli italoamericani e dagli italiani qui in America sono innumerevoli come la semina dei valori di cui voi stessi siete portavoce e promotori nelle vostre famiglie, scuole, associazioni, comunità. E’ questo vostro quotidiano e naturale trasmettere ricette, memorie, dialetti e nomi italiani che è il dono più grosso che potevate fare alla società a cui tutti noi apparteniamo. Quindi, un grande “Grazie” innanzitutto a voi che tramandate pezzi della nostra identità e, a tutti, Buon Mese del Patrimonio Italoamericano!

 


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