Strade. Ponti cittadini. Parcheggi. Grovigli di sensazioni e materia. La vita attorno all’essere umano osserva e intinge appunti. Si dipana dentro. Ne diventa palpitante proporzione. Il panorama urbano si fa musa e creatore. Poi uno schizzo, e un altro ancora. Qualche romantico e pratico scatto analogico. Ricognizioni in loco. È tutto pronto. Finalmente, le mani sulle città.
Questa è la storia di un atipico artista, Guglielmo Botter.
La sua vita scandita tra Italia e Stati Uniti. L’ars pittorica tramandata-filtrata dalle generazioni passate. La passione per l’architettura, l’insegnamento e infine l’ispirazione delle città americane sublimata nella semplicità di un foglio immacolato e una penna a china.
Guglielmo Botter, classe ’66, è nato in Italia ma è attivo artisticamente nell’America settentrionale. Ogni anno abbandona il Belpaese per trasferirsi con famiglia in Pennsylvania, a Pittsburgh, dove disegna paesaggi urbani. “Ogni estate visito almeno due nuove città degli States” racconta l’artista trevigiano. “Per l’immediato futuro mi concentrerò su Indianapolis, Louisville e Williamsburg. Col tempo vorrei allargare il mio raggio d’azione verso ovest fino a raggiungere l’Oceano Pacifico, e ovviamente raffigurare le città attraversate”.
Nel corso degli anni Botter ha immortalato città degli stati della Virginia, Ohio, Indiana, Maryland, ovviamente la Pennsylvania dove si trova la sua amata Pittsburgh, insieme a Lancaster e Harrisburg. Ed è proprio grazie al disegno della South Second Street di quest’ultima che l’artista italiano si è aggiudicato il “Premio della Giuria” al concorso internazionale on-line “All Cityscapes Theme”, organizzato dalla Contemporary Art Gallery di Annapolis, presso la quale ha anche conquistato un lodevole 4° posto nel concorso a tema “All painting Theme”. Sempre nello stesso anno sono arrivate due “Honorable Mention” in Florida e Oklahoma.
E’ interssante anche la storia familiare che si porta alle spalle, Guglielmo Botter. Le origini paterne e materne paiono uscire da una sceneggiatura Hollywoodiana. Papà Memi, nonno Mario e prima ancora il bisnonno Girolamo, furono una sorta di “Monuments Men”, votati al recupero, al mantenimento e alla valorizzazione delle opere d’arte di Treviso, in particolare dei suoi affreschi. “È stato anche grazie ai loro interventi di salvataggio e restauro che la città risorse dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e fu restituita al suo antico splendore” sottolinea l’ultimo rampollo di casa Botter.
Per un curioso caso del destino, sia Guglielmo che suo padre hanno insegnato all’Università Internazionale dell’Arte di Venezia. “Le nostre strade si sono incrociate all’UIA dove ebbi l’onore di insegnare disegno e rilievo per il restauro.
L’esperienza durò solo un paio d’anni ma rimane comunque tra i miei ricordi più piacevoli, in particolare il rapporto con gli studenti, la loro curiosità e l’idilliaca cornice di Villa Heriot (sull’isola della Giudecca fronte laguna, ndr)”.
Se il legame con l’arte di sponda paterna si spiega facilmente, quello con gli Stati Uniti affonda le sue radici in una sofferta e appassionata storia d’immigrazione. “A soli 16 anni il mio bisnonno Francesco approdò a Pittsburgh dove vi rimase per otto anni fino a quando la fidanzata Maria non lo raggiunse e dunque convolarono a felici nozze” mi racconta nel corso di una piacevole conversazione telematica. “Il 4 luglio 1936 poi, nacque mia madre (su cui Botter scrisse anche un libro, ndr) che presto dimostrò di avere innate qualità artistiche tanto da ottenere una borsa di studio da parte della prestigiosa Penn State University. Scelse tuttavia di proseguire la sua formazione a Venezia, all’Accademia di Belle Arti, e fu lì che incontrò mio padre”. Il resto è storia recente.
Alla domanda di quale sia la città statunitense che più gli piaccia raffigurare, Botter non ha dubbi: “Pittsburgh. Qui sono giunti i miei antenati, fuggiti dalla miseria e dalla fame. Provenienti dalla splendide Dolomiti, qui ritrovarono quel paradiso di natura e foreste che tanto ricordano i nostri monti. A Pittsburgh c’ero già stato all’età di 14 anni, poi in occasione del mio il viaggio di nozze ma solamente dal 2012 ho iniziato a viverla davvero apprezzando le tante qualità che l’hanno classificata come una delle città più vivibili d’America. Qui la gente è sempre gentile e accogliente.
Quando nel settembre 2012 i miei disegni a china furono pubblicati sulla prima pagina del Pittsburgh Post Gazzette, ricevetti un sacco di email da sconosciuti che si congratularono per il mio lavoro artistico”.
Profeta nella sua patria adottiva e altrettanto nel natio Veneto. In occasione della XXII Giornata del Francobollo infatti, nel 1980, un disegno di piazza Pola a Treviso venne per la prima volta stampato in via ufficiale. Autore del bozzetto vincitore, su 350.000 partecipanti, un appena tredicenne Guglielmo Botter. Molti anni dopo, nel 2015, il Comune di Treviso realizzò un pannello a ricordo di quell’evento oggi situato all’ingresso della Piazza della città.
Dal passato più glorioso al domani più entusiasmante con nuove esposizioni già programmate. Per il futuro prossimo conserva un grande progetto nel cassetto. “Essendo cittadino italo-americano – ci dice – vorrei realizzare una mostra dedicata alle due capitali, Roma e Washington D.C.”.